Pensioni opzione donne, un regime sperimentale grazie al quale già 24 mila persone si sono potute ritirare dal lavoro, optando per il sistema contributivo. Un nutrito gruppo che, secondo le stime, potrebbe arrivare a quota 28 mila entro la fine dell’anno. Tuttavia, la restrittiva interpretazione dell’Inps di questa norma previdenziale rischia di chiudere la porta in faccia a migliaia di lavoratrici. Tra la volontà del Parlamento di prorogare l’opzione, i segnali di apertura del Ministero del Lavoro e il niet della Ragioneria generale dello Stato, chi vincerà?
Pensioni opzione donne, ancora nessuna soluzione all’orizzonte. Del problema ne abbiamo parlato proprio recentemente, in virtù della scadenza sempre più ravvicinata per poter accedere a questo regime sperimentale che consente di sottrarsi ai gangli della riforma previdenziale targata Fornero. Una via di scampo che, tuttavia, ha il suo prezzo: scegliendola, infatti, l’assegno pensionistico viene calcolato con il sistema contributivo. Nonostante ciò, l’interpretazione della norma giunta nel 2012 dall’Inps rischia di escludere dall’opzione moltissime lavoratrici, e finora né la volontà del Parlamento di arrivare a una proroga, né la disponibilità del Ministero del Lavoro in questo senso sembrano essere riuscite a portare a casa qualche risultato concreto.
L’opzione donne e l’Inps: come nasce il problema
La possibilità per le donne di andare in pensione a 57 anni (58 per le lavoratrici autonome) con il sistema contributivo nasce nel lontano 2004, ma è un’opzione diventata molto popolare in tempi recenti, soprattutto grazie ai requisiti sempre più stringenti imposti dalla Riforma Fornero. Si tratta, ovviamente, di un regime sperimentale e con una scadenza ben definita: la legge 243/2004, infatti, da questo punto di vista è chiarissima e sancisce il termine al 31 dicembre 2015. Il problema nasce successivamente, proprio con una circolare dell’Inps (la numero 35 del 2012) che indica quella data come scadenza ultima per l’accesso alla pensione e non per maturare i requisiti necessari. Inoltre, all’età richiesta va applicata anche la maggiorazione di 3 mesi per l’adeguamento alla speranza di vita.
Per la lavoratrici autonome il termine è già scaduto
Insomma, secondo l’interpretazione dell’Inps per le lavoratrici autonome già non c’è più tempo per poter usufruire dell’opzione donna (in virtù della finestra pensionistica di 18 mesi più uno i termini sono scaduti lo scorso 31 maggio), mentre per le dipendenti del settore privato e pubblico la partita si chiude a breve: rispettivamente a novembre e dicembre di quest’anno.
Parlamento, Ministero del Lavoro e Mef: chi la spunterà?
Finora i tentativi del Parlamento di correggere questa norma sono andati a vuoto: ultimo in ordine di tempo quello compiuto in occasione del decreto legge 90/2014. Se, da parte sua, il Ministero del Lavoro sarebbe disposto a rivedere i termini – come ha sottolineato il sottosegretario Bellanova alla Commissione Lavoro appena lo scorso 11 giugno – sarebbe comunque necessaria una modifica normativa, comprensiva di una copertura economica che soddisfi il Ministero dell’Economia. Un requisito non di poco conto, soprattutto se consideriamo che l’ultima proposta di proroga dell’opzione donna (l’As 1577) è stata bocciata dalla Ragioneria Generale dello Stato proprio per le coperture finanziarie ritenute non idonee.
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