Il punto di vista della GenZ sulla politica

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di Paolo Di Falco

Next Generation Eu, un’occasione per il futuro dei giovani secondo Talent Garden

Paolo Di Falco

12 maggio 2021

Next Generation Eu, un'occasione per il futuro dei giovani secondo Talent Garden

Davide Dattoli, Ceo e co-founder di Talent Garden ci spiega in che modo coinvolgere i giovani è vitale per costruire il futuro del nostro paese e come la tecnologia, in un mondo sempre più interconnesso, può essere la nostra alleata.

Il mondo intorno a noi cambia molto velocemente: sono migliaia le idee che ogni giorno vengono sviluppate da ragazzi e da start up talentuose in giro per il mondo. Idee che hanno un impatto molto importante nella nostra vita: per esempio proviamo a pensare a tutti i servizi di delivery che ci portano la qualsiasi comodamente a casa: dalla spesa a pranzi e cene già pronti. Non solo il delivery ma, al giorno d’oggi, non sapremo fare a meno del nostro smartphone che è diventato parte integrante della nostra vita e che spesso “frequentiamo” più dei nostri amici.

Per parlare dell’avanzata sempre maggiore della tecnologia all’interno delle nostre vite, delle start up italiane e dei giovani ci siamo confrontati con Davide Dattoli, CEO e co-founder di Talent Garden, una società con sede a Milano che sta sviluppando e gestendo uno dei più grandi network di coworking, con oltre 20 campus in Europa. Pensate un po’ che nel 2012, il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha nominato Talent Garden come una delle 5 principali innovazioni per lo sviluppo della comunità locale nella città di New York.

Davide Dattoli

Nel 2019 lei è stato l’unico italiano a comparire nella lista Forbes dei 30 under 30 più influenti nel settore della tecnologia e innovazione. Com’è nata l’idea di Talent Garden?

Talent Garden è nato dalla necessità concreta di un gruppo di amici alla ricerca di una modalità di lavoro condivisa in grado di fornire l’habitat naturale per migliorare le proprie competenze. La community di Talent Garden non condivide solo delle scrivanie: il cuore del nostro business sta nella possibilità di creare una rete di persone, una community professionale fatta di talenti dello stesso settore, che si trasforma in un laboratorio di idee, dove il confronto tra professionalità diverse e complementari permette continui scambi di informazioni, esperienze, la creazione di progetti di business e la crescita personale e professionale.

Potremmo definirla la Silicon Valley online più grande d’Europa?

No, l’idea è proprio il contrario. Non si può costruire un Silicon Valley in Europa, bisogna connettere i talenti tra i diversi territori… per sua natura l’Italia e l’Europa sono divisi, ognuno rimane nella propria città ma si connette agli altri grazie alla rete di Talent Garden.

L’Italia sul piano delle startup a che punto è? Rispetto ad altri paesi europei non crede che i costi, per un ragazzo che intende partire da zero, siano ancora troppi elevati?

Credo che l’Italia sia indietro ma non è un tema di costi quanto di cultura. Dobbiamo insegnare imprenditoria e competenze digitali nelle scuole, dobbiamo spiegare l’economia del futuro ai giovani, non solo quella del passato. Da lì poi serve stimolare la creazione di modelli funzionali che servano da role model per tutti: in Italia le start up sono ancora troppo poche e troppo piccole. Servono start up più grandi con tanta voglia di emergere.

Nel piano Next Generation Eu, secondo lei, dovrebbe esserci uno spazio per i giovani e l’innovazione?

Sì, assolutamente. Se vogliamo costruire il futuro del Paese dobbiamo farlo includendo anche player nuovi in una logica di open innovation con cui contaminare tradizione e innovazione. Negli ultimi anni in Italia sono nate più di 10.000 startup innovative, qualche decina di incubatori e centinaia di community territoriali di innovatori e makers, con grandi energie ed entusiasmo. Se vogliamo cambiare il modo in cui le cose vengono fatte, dobbiamo ampliare il numero di soggetti che quelle cose le fanno abitualmente. Il Next Generation è l’occasione per coinvolgere i giovani del nostro Paese a costruire il loro futuro. È tempo che, anche per i grandi progetti strategici, si pensi ad un nuovo tipo di partenariato pubblico-privato, che coinvolga anche le realtà più giovani e innovative.

Secondo lei, a livello tecnologico, quali dovrebbero essere le priorità per l’Italia del futuro?

Le competenze e una PA digitale: dobbiamo far sì che tutti sappiano usare questi strumenti e dobbiamo avere una PA che interagisca con i cittadini in modo veloce e digitale. Questo libererebbe migliaia di ore uomo spese a fare code e procedure inutili

Quali sono le maggiori sfide che ci attendono?

Un mercato del lavoro che cambierà in modo velocissimo, troppo veloce per la capacità di adattamento di chiunque di noi. Serve il più grande piano europeo di reskilling e upskilling che l’Europa abbia mai visto.

Cosa ne pensa dello smart working: un’opportunità da utilizzare anche dopo la pandemia o qualcosa di provvisorio che dovrebbe essere oggetto di ulteriori regolazioni legislative?

Vanno incentivate le aziende a continuare a farlo e va integrato con attività formative. Lo smart working non deve essere visto solo visto come risparmio economico: dobbiamo cambiare il modo di lavorare, non il luogo in sé.

Crede che un mondo interconnesso, in cui tutti siano in costante rapporto tra loro, possa essere sostenibile così com’è oppure bisognerebbe intervenire a livello legislativo in maniera globale e unitaria?

Il futuro è globale, lo stiamo vedendo già sul tema della tassazione di Biden. Gli Stati Uniti ormai fanno fatica a coordinare gli sforzi mondiali sui temi chiave: servono grandi alleanze e l’Italia deve pensare almeno a livello europeo. I grandi problemi vanno affrontati globalmente, Cina-Europa-USA possono essere la base ma non sono più abbastanza.

Sul piano dell’informazione: non crede che attualmente i grandi colossi social possono condizionare, abbastanza facilmente, i loro milioni di utenti?

Come prima facevano le TV, anche qui ormai però ci siamo centralizzati in pochi grandi player. Serve un grande sforzo collettivo di coordinare le piattaforme tecnologiche con gli stati, non possiamo creare una nuova “aziendacrazia” in cui le aziende controllano il mondo grazie alla loro visibilità e potere economico.

Che consiglio vuole dare ai ragazzi che decidono di mettersi in proprio in Italia e puntare il loro futuro sulla tecnologia e l’innovazione digitale?

Le barriere all’ingresso sono basse, le vostre idee possono costruire il futuro del nostro paese. Servono però due ingredienti fondamentali: innanzitutto le persone perché da soli non fate nulla. Quindi vi consiglio di circondarvi di persone più brave di voi e poi pensate in maniera globale: ogni progetto deve essere pensato nella propria città ma avere un respiro internazionale al giorno d’oggi.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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