Monte di Paschi di Siena: ipotesi di truffa ai danni degli azionisti. Perché?

Valentina Pennacchio

29/01/2013

Monte di Paschi di Siena: ipotesi di truffa ai danni degli azionisti. Perché?

Il Monte dei Paschi di Siena continua ad essere al centro dell’attenzione. Dopo lo scandalo dei derivati, che ha fatto scattare le accuse di aggiotaggio, manipolazione di mercato e ostacolo alle funzioni di vigilanza, spunta un nuovo sospetto, un nuovo elemento da porre sul banco dell’accusa: ipotesi di truffa nei confronti degli azionisti. Il reato contestato viene imputato ai vertici, in particolare a Gianluca Baldassarri e a Giuseppe Mussari, ex Presidente dell’ABI, ma quali sono le ragioni? Una serie di denunce che gli stessi azionisti del MPS presentarono tra il 2008 e il 2011 alla Consob e alla Banca d’Italia, oggi al vaglio della Procura della Repubblica di Siena. Cerchiamo di far luce sulla faccenda.

Il ruolo di Jp Morgan

Siamo nel 2007, dopo l’acquisizione di Antonveneta, ambigua per quanto concerne il differenziale della spesa sostenuta dal Monte dei Paschi (9 miliardi, più oneri che hanno fatto lievitare il prezzo a circa 10,3 miliardi) rispetto al Banco Santander (6miliardi), MPS avvia una ricapitalizzazione, concludendo un accordo con Jp Morgan, a cui segue nel 2009 la sottoscrizione dei contratti derivati, pietra dello scandalo (per approfondimenti leggi Monte dei Paschi di Siena: le 4 probabili cause della crisi).

L’accordo con Jp Morgan (usufrutto e swap) funge da specchietto per le allodole e assicura quei requisiti patrimoniali necessari contro i rischi bancari, in linea con le direttive di Bankitalia e UE che garantiscono il lascia passare per l’acquisizione di Antonveneta, facendo di MPS un gruppo finanziariamente solido.

Quando Bankitalia chiede dei chiarimenti in merito all’operazione Fresh con Jp Morgan, Antonio Vigni, ai tempi direttore generale, spiega:

“in ordine all’assorbimento delle perdite, Jp Morgan ha acquistato le proprietà delle azioni senza ricevere alcuna protezione esplicita o implicita dalla banca”.

A questa dichiarazione segue quella del collegio sindacale del MPS:

“L’operazione patrimoniale con Jp Morgan realizza il pieno e definitivo trasferimento a terzi del rischio d’impresa per quanto attiene sia al capitale assorbimento delle perdite, sia alla remunerazione annuale (flessibilità dei pagamenti)”.

Oggi la Magistratura bolla tutte le dichiarazioni perché “non sono corrispondenti al vero”.

Il ruolo di Antonveneta

Secondo la Procura l’accordo con Fresh e i contratti derivati sarebbero stati architettati da Mussari e Baldassarri per fare un bel “maquillage di bilancio” e spalmare i debiti del Monte dei Paschi nei futuri bilanci.

E’ in tal senso che si prefigura il reato di truffa nei confronti degli azionisti, completamente ignari di queste operazioni che dovevano “imbellire” i bilanci distrutti dall’acquisizione di Antonveneta, mentre i manager mantenevano saldo il posto e incassavano il sovrapprezzo dei due miliardi depositati su un conto a Londra. I 9 miliardi dell’acquisizione, infatti, vennero versati in due tranche e in due diversi conti: 7 miliardi a Santander e 2miliardi a Londra.

L’ipotesi suddetta sarebbe sostenuta da una sconcertante scoperta degli investigatori: Baldassarri grazie allo scudo fiscale pare abbia riportato in Italia 20 milioni di euro, totalmente incompatibili con la mansione svolta sino a marzo, quella di direttore centrale e responsabile dell’area Finanza del gruppo. Trattasi del famoso sovrapprezzo?

Bonifici sospetti

Non finisce qui perché con l’acquisizione di Antonveneta il gruppo Monte Paschi ha dovuto farsi carico dei debiti che la Banca aveva con l’olandese Abn Amro, ben 7 miliardi.

Un "giro di miliardi" inspiegabile ha permesso al MPS di fare otto bonifici in undici mesi verso Londra, Amsterdam e Madrid. Come è possibile? Dal 30 maggio 2008 al 30 aprile 2009 il Monte dei Paschi ha sborsato quasi 17 miliardi, ne valeva la pena? Forse no leggendo la nota che il gruppo MPS inviò alla Consob, mettendo in luce i rischi dell’operazione:

“Banca Antonveneta potrebbe continuare a non generare risultati economici positivi, con possibili effetti negativi sull’attività e sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’Emittente e del Gruppo”.

Non finisce qui. La nota prosegue: “Non sono state redatte perizie di stima ai fini della determinazione del prezzo”.

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