Libia, il governo ora punta su Haftar: cosa può cambiare per l’Italia?

Alessandro Cipolla

6 Dicembre 2018 - 16:43

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Incontro tra il premier Conte e il generale Haftar, leader della Cirenaica: dopo aver sempre appoggiato il rivale al-Sarraj, l’Italia potrebbe cambiare strategia.

Libia, il governo ora punta su Haftar: cosa può cambiare per l’Italia?

Nuovo incontro tra il premier Giuseppe Conte e il generale Khalifa Haftar. Dopo che dallo scoppio della guerra civile in Libia il nostro governo - in passato - ha sempre appoggiato quello di accordo nazionale guidato a Tripoli da Fajez al-Sarraj, adesso l’Italia sembrerebbe essere pronta a “cambiare cavallo”.

A Palazzo Chigi infatti è durato 90 minuti l’incontro tra Conte e Haftar, un’occasione dove si è parlato non solo del piano Onu per la stabilizzazione della Libia, ma anche di due temi che stanno molto a cuore al nostro paese: immigrazione e interscambio commerciale.

In Libia ora si punta su Haftar

Sotto un nuovo governo populista, l’Italia ha mostrato una nuova spinta ad impegnarsi nei confronti del comandante Khalifa Haftar - si legge in un articolo del Wall Street Journal - Questo è un cambiamento rispetto agli ultimi anni in cui Roma ha favorito il governo rivale di Tripoli, che riconosce”.

In queste poche righe comparse di recente sul prestigioso quotidiano americano, è forse racchiuso tutto il succo del nuovo sguardo dell’Italia rivolto su cosa sta succedendo nella turbolenta Libia.

Quando si parla dei rapporti attuali tra l’Italia e il paese africano, bisogna sempre partire da un dato: nel 2017 l’interscambio commerciale tra i due paesi è stato di circa 4 miliardi, in aumento del 34% rispetto all’anno precedente.

Naturalmente a fare la parte del leone è il petrolio (2,6 miliardi), ma sono alti anche gli interessi per quanto riguarda il settore dell’energia, della pesca, delle telecomunicazioni e delle infrastrutture.

Una fitta e importante rete di rapporti commerciali a cui si somma anche la questione immigrazione. Per cercare di fermare gli arrivi sulle nostre coste, Roma ha sempre dovuto trattare con la Libia.

Detto questo, al momento il paese africano è letteralmente spaccato in due: in Tripolitania c’è il governo di al-Sarraj (l’unico riconosciuto dall’Occidente), mentre in Cirenaica comanda il generale Haftar. In teoria ci sarebbe poi anche tutta la parte meridionale del paese dove a dettare legge sono le varie tribù locali.

In questa disputa l’Italia negli anni precedenti si è sempre schierata, insieme agli Stati Uniti, al fianco di al-Sarraj. Chi invece ha cercato di instaurare un canale privilegiato con Haftar è la Francia, con Parigi che da tempo mira a sostituire il nostro paese come principale partner economico della Libia.

Con la ripresa della guerra civile, è apparso chiaro che nel paese africano chi ha più forza è Haftar, che può contare su un esercito di circa 40.000 uomini. In sostanza il generale non sarebbe più soltanto l’uomo forte della Cirenaica, ma della Libia intera.

Ecco dunque che il nostro nuovo governo, come pure quello Trump, pur confermando sempre l’appoggio a Tripoli abbia iniziato ora a filtrare anche con Haftar come dimostrano i recenti incontri con il premier Conte.

Quando nel 2019 si spera la Libia tornerà al voto, facile che sarà proprio il generale a essere proclamato nuovo presidente: per l’occasione l’Italia, sfruttando anche i problemi in patria di Macron, non vuole farsi trovare impreparata.

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