La prossima crisi finanziaria arriverà da uno di questi 10 rischi

Marco Ciotola

17 Settembre 2018 - 12:51

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Dieci anni dopo il crollo di Lehman Brothers, questi dieci rischi potrebbero causare la prossima crisi finanziaria

La prossima crisi finanziaria arriverà da uno di questi 10 rischi

Il 15 settembre del 2008 fallisce a New York Lehman Brothers, mandando in scena quello che viene considerato il più grande disastro finanziario degli Stati Uniti.
Si tratta di un evento ancora troppo recente per essere considerato storia.
Ma a 10 anni di distanza, lo stato di salute del sistema suggerisce che la crisi è stata relegata ai libri di storia per molti appartenenti al settore.

Nel 2018 Wall Street gode infatti di un periodo d’oro, con il mercato azionario nel pieno della corsa più lunga della storia e l’economia americana in salute.
Autorità di regolamentazione e figure politiche ripetono che le misure adottate negli ultimi anni hanno reso le banche più sicure, forti di maggiore capitale e una supervisione attenta, sulla scia proprio degli errori che hanno portato al fallimento di Lehman.

Detto questo, ci sono ancora molti elementi che minacciano il sistema finanziario.
In un report recente, la Financial Conduct Authority britannica ha ricordato che una crisi potrebbe arrivare improvvisamente, evidenziando come quasi tutte le imprese che hanno fallito segnalavano posizioni finanziarie solide fino a poche ore prima del crollo.

Nel decimo anniversario della catastrofe finanziaria targata Lehman, sono questi gli aspetti che secondo gli osservatori di mercato potrebbero causare la prossima crisi:

1) Debito societario estero

Il debito societario è più che raddoppiato nell’ultimo decennio, fino ai 66.000 miliardi di dollari dello scorso anno secondo un rapporto targato McKinsey. Due terzi di questo debito riguardano i mercati emergenti, ed esiste il concreto rischio che molte di queste società ad oggi non siano in grado di ripagarlo, vista la crisi delle valute dei loro Paesi e l’aumento dei tassi nelle economie sviluppate.

L’attuale caos in Turchia è un esempio di quello a cui si può andare incontro in diverse altre realtà. La lira turca è in caduta libera rispetto al dollaro e gli investitori nutrono sempre più dubbi sul fatto che le società del Paese siano in grado di ripagare il loro debito in dollari. Alcune banche europee hanno prestato grosse cifre alle aziende di Ankara, e in caso di un’insolvenza generalizzata di queste ultime la situazione potrebbe precipitare.
Diverse preoccupazioni sono legate anche al debito delle società cinesi, che ha un valore di circa il 160% del PIL, il più alto al mondo.

2) Obbligazioni garantite da prestiti

I CLO a basso rating sono sempre più frequenti perché offrono rendimenti molto elevati. Questo secondo la Securities Industry and Financial Markets Association ha portato le Collateralized Loan Obligation a toccare quota 550 miliardi di dollari, cifra che mette di fianco al percorso del mercato un costante strapiombo.

3) Mutui e finanziamenti dalle ’non banche’

Viste le normative più severe, le banche concedono molto più difficilmente mutui, soprattutto alle famiglie a basso e medio reddito.
Questo ha fatto sì che i mutui cominciassero a venire erogati sempre più spesso da istituti non bancari: negli Stati Uniti il 56% dei mutui ipotecari è stato erogato da soggetti non bancari, mentre nel 2010 la percentuale si assestava solo al 35%. L’elemento di analogia con la crisi arriva proprio dal ruolo attivo delle attività non bancarie nel deteriorare gli standard di prestito.

4) Shadow banking

Il cosiddetto ’sistema bancario ombra’ misura almeno 54 mila miliardi di dollari secondo una stima del Financial Stability Board, vale a dire il 13% del sistema finanziario mondiale. Il picco è in Cina, dove lo shadow banking rappresenta oltre un quarto delle attività bancarie totali. Queste aziende forniscono servizi bancari ma non sono banche, e la maggior parte dei problemi deriva proprio dal fatto che non sono soggette alla stessa regolamentazione.

5) Exchange-traded fund (ETF)

L’intero mercato degli ETF vale ora 5.100 miliardi di dollari contro i soli 700 miliardi di dieci anni fa. Entro il 2020 potrebbe raggiungere quota 7.600 miliardi di dollari. Ma finora la crescita dell’ETF è stata sostenuta da un lungo mercato rialzista. Cosa potrebbe succedere quando il trend positivo si arresterà? Un altro timore arriva poi dal possibile rigonfiamento in atto ora dagli stessi fondi sul valore delle azioni, con esempi sempre più frequenti di crash improvvisi.

6) Trading ad alta frequenza

Il trading ad alta frequenza (HFT) è certamente meno diffuso ora rispetto a quanto lo fosse 10 anni fa, ma non è sparito e può ancora danneggiare il mercato. Secondo la tedesca Bundesbank quest’ultimo è infatti in grado di intensificare le oscillazioni di mercato in tempi di stress, mentre Goldman Sachs ha messo in guardia relativamente alla relazione che intercorre tra HTF e riduzione delle vendite, in quanto le aziende ritirerebbero liquidità dal mercato nel momento peggiore.

7) Fintech

Negli Stati Uniti le società fintech hanno garantito prestiti che al momento vanno a formare un debito di 120 miliardi di dollari, per la maggior parte in arrivo da grandi società come Lending Club, Prosper e Avant. Ma si tratta di prestiti non coperti da garanzie reali, che possono generare enormi perdite per le aziende nei casi di insolvenza.

8) Il fracking

Si riferisce all’industria statunitense dell’estrazione degli idrocarburi di scisto, in netta proliferazione e in grado di portare a un output USA molto importante in termini di numeri. Ma rischi finanziari sono in agguato.
L’industria del fracking è cresciuta in fretta grazie a tassi di interesse estremamente bassi; ma ora i tassi sono in aumento e le società di settore hanno centinaia di miliardi di dollari di debito, e molto spesso per alcune aziende il costo di gestione supera i ricavi.

9) La deregolamentazione bancaria

Con le battaglie di Trump per allentare la regolamentazione bancaria, rimuovere il Dodd-Frank Act e rivedere la Volcker Rule, si potrebbe dare seguito al ciclo disegnato dal FMI, che ha sottolineato come da 300 anni vada avanti un sistema fatto di boom seguiti da deregolamentazioni, crisi e ri-regolamentazioni. La deregolamentazione segna di solito l’inizio di una crisi.

10) Altri rischi

Ma, al di là dei timori più evidenti, restano buone probabilità che la crisi arrivi proprio dal classico vuoto o buco nero, sconosciuto o semisconosciuto ai più.
Per ora, si faccia caso a una piccola nota storica: tra il 1970 e il 2011 ci sono state 147 crisi bancarie, 218 crisi valutarie e 66 crisi del debito sovrano.
Che ne seguiranno altre in futuro appare certo.

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