L’Italia è un paese da abbandonare o da distruggere? Paolo Cardenà a Forexinfo

Federica Agostini

17/09/2013

11/11/2013 - 11:13

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L’Italia è un paese da abbandonare o da distruggere? Paolo Cardenà a Forexinfo

Pochi giorni fa, sul noto blog di Vincitori e Vinti, Paolo Cardenà ha sottolineato l’importanza di un tipo di investimento troppo spesso dimenticato: la cultura. Il post si conclude con un video tratto dal film «La meglio gioventù» in cui il professore dice al suo alunno: l’Italia è un posto bello, ma inutile. È un paese dal quale scappare o al limite da distruggere.

Così, abbiamo chiesto a Paolo Cardenà: l’Italia è un paese da abbandonare a se stesso senza speranza di miglioramento, oppure la crisi che stiamo vivendo può essere il momento giusto (l’apocalisse di cui si parla nel video) per riprendere in mano le redini di un paese ricco di potenzialità inesplorate, ma dominato dai «dinosauri»?

Ecco cosa ci ha risposto.

Paolo Cardenà: l’Italia è da abbandonare o da distruggere?

E’ evidente che il messaggio riportato nel video, costituisca una provocazione.
Provocazione che comunque nasconde delle verità inquietanti, delle quali questo Paese è vittima e che sono, tra le tante altre questioni irrisolte, alla base del fallimento della Nazione.

Mi riferisco, in particolar modo, a tutte quelle pratiche poste in essere, ogni giorno, a tutela degli interessi di pochi a discapito dell’interesse collettivo. Al mantenimento ad oltranza di posizioni di potere e di dominio, dei favoritismi, delle sopraffazioni, della difesa di interessi di parte, degli interessi corporativi e lobbistici e delle raccomandazioni.

Ecco, il video a mio avviso andrebbe interpretato in questo in questo senso e credo anche che, almeno sotto questo punto di vista, affermi delle grandi verità. Cerco di spiegarmi ulteriormente.

Ogni giorno, sempre più frequentemente, persone che godono di eccellente preparazione, molto spesso formate anche nelle nostre scuole e nelle nostre università, in questa Italia, non hanno nessuna possibilità di sopravvivenza se non accontentandosi di vivere un’esistenza all’insegna del precariato e dell’incertezza, con redditi, nella maggior parte dei casi, al di sotto dei livelli di povertà e nei casi più eclatanti di sussistenza. In altri paesi vengono valorizzati, stimolati e, in alcuni casi, costoro, costituiscono delle risorse di primo ordine nelle varie discipline.

Nell’Italia dei dinosauri c’è ancora spazio per la «evoluzione della specie»?

A conferma di quanto sto affermando posso citarle il caso di Simone Spergiolin, raccontato dalla stampa nazionale proprio in questi giorni.

Spergiolin è un bravissimo chirurgo che in Italia avrebbe sofferto il precariato e della situazione piuttosto disagiata della sanità nostrana. Per questo, egli ha deciso di andarsene in Inghilterra, costruendosi, in pochissimi anni, una grande carriera fino a diventare il chirurgo più giovane del Regno Unito, a soli 36 anni, tanto da rivestire oggi il ruolo di Primario. In Italia, un percorso professionale di questo tipo sarebbe stato sicuramente improbabile e oltretutto osteggiato da quei «dinosauri» che, come ci racconta il video, sarebbero da «abbattere», proprio per le motivazioni dette in precedenza.

E questo si verifica in tutti i settori e in tutte della vita sociale ed economica del Paese: dalla medicina, all’industria, all’economia; dalla finanza, alla politica.

Senza alcuna demagogia, posso affermare che è proprio la politica la maggiore responsabile di questa situazione, poiché è la politica stessa quella che, in tutto questo tempo, non ha saputo o non ha voluto rinnovarsi, rigenerarsi e costruire una classe dirigente capace e alternativa al suo fallimento.

Questo è tanto più vero se si considera che, con tutto il rispetto dovuto, abbiamo un Presidente della Repubblica di 88 anni di età, che è stato costretto ad accettare il secondo mandato nei modi a tutti noti, e che sta disegnando a sua immagine e somiglianza il futuro di 60 milioni di persone, neonati compresi. E lo sta facendo, secondo la mia opinione, in modo del tutto discutibile, e comunque proprio per supplire ad una manifesta incapacità della politica, del tutto avulsa dal cogliere la realtà dei fatti e ancor meno capace di interpretare una visione strategica di lungo periodo tale da disegnare un perimetro entro il quale si possa costruire una fase di sviluppo, di slancio sociale ed economico per questo Paese. Una visione, s’intende, che vada ben oltre l’orizzonte a cui siamo stati abituati a pensare in questi lunghi anni.

Oggi disoccupati, ma cosa verrà dopo?

Proprio ieri l’Istat ha annunciato che, tra il 2010 e il 2013, è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni. Un milione in meno. Un dato drammatico che rappresenta in maniera evidente il declino a cui questo paese è condannato.

Per renderla molto semplice, un giovane senza lavoro è un giovane che non è nella condizione di mantenere una famiglia e, conseguentemente, di avere dei figli. Minori nascite, in termini prospettici, significa anche minore forza lavoro tra qualche decennio. Quindi, anche minori possibilità di rendere sostenibile la spesa pensionistica e, più in generale la spesa sociale e dello stato.

È chiaro che questo costituisca una bomba ad orologeria molto difficile da disinnescare, poiché, per poter arginare tali dinamiche, occorrono tempi molto lunghi e tutti gli interventi all’uopo necessari, ammesso che ve ne siano, potrebbero produrre gli effetti sperati solo nel lungo periodo. Magari quando sarà troppo tardi.

Tant’è che, proprio per questo motivo, in un recente studio elaborato da Coldiretti/SwG, è emerso che il 51% dei giovani, sotto i 40 anni, si dicono pronti ad espatriare per motivi di lavoro.

Il miglior investimento per il futuro dei vostri figli

In una situazione come quella appena descritta, credo che il miglior investimento possibile, per qualsiasi genitore che ha a cuore il futuro dei propri figli, sia proprio l’investimento nella cultura e nella preparazione di ciascuno di loro.

Ritengo che ciascun genitore debba adoperarsi educando i propri figli in modo da trasmettere loro le capacità per poter cercare fortuna e benessere in ogni parte del mondo, in ogni angolo della terra, qualsiasi esso sia.

E in questo, investire nella preparazione, nella disciplina e più in generale nella cultura, assume una rilevanza straordinaria. Forse come non mai nella storia dell’uomo.

In un mondo ormai parsimonioso di certezze, dove assistiamo a rapidi cambiamenti di equilibri politici, sociali, strategici ed economici, la cultura è l’unico elemento idoneo a conferire all’individuo le capacità per poter affrontare le sfide in un mondo sempre più complesso, che presuppone anche una crescente mobilità di fattori produttivi, di masse e quindi di persone che devono sapersi adattare ad ogni circostanza e in ogni ambiente, come se fosse la propria casa.

Sotto questo punto di vista, la cultura è l’unico investimento possibile. Essa, in qualsiasi parte del mondo, è impignorabile, intangibile, inalienabile, non esposta ad alcuna tassazione, confisca o esproprio.

Perché la cultura va avanti, anche senza il PIL

La cultura è una virtù, una risorsa, una ricchezza. Forse l’unica che può sopravvivere in eterno senza mai subire le oscillazioni di mercato. L’unica ricchezza che non potrà mai subire cicli avversi o contrazioni del PIL. L’unica ricchezza che non potrà mai essere soggetta a valutazioni arbitrarie, né ad imposizioni di sorta o di necessità.

La cultura, semmai, si evolve e non si distrugge. La cultura aumenta. Sempre! Anche con il semplice ed inesorabile trascorrere di attimi, di ore o di giorni. La cultura, propria e dei propri cari, è l’unico investimento che non si compra, né si vende, né si intermedia, ma la si costruisce. Essa si trasmette ai propri simili e ai propri cari.

La cultura non è schiavitù. Ed è l’unico investimento che ti consente di vivere nel miglior modo possibile: in ogni parte del mondo, qualsiasi esso sia, in qualsiasi condizione. La cultura ti consente di avere e di donare. La cultura è tolleranza e ambizione. É intelligenza e opportunità. La cultura è tutto. Tutto, tranne ciò che può essere valutato.

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