L’Italia è in questo momento il paese europeo maggiormente in difficoltà. Resterà in recessione anche nel 2014 e a questo punto rischia seriamente il downgrade sul rating
Venerdì prossimo l’agenzia di rating americana Moody’s Investor Services potrebbe riservare una brutta sorpresa all’Italia, che aspetta di conoscere se ci saranno variazioni nella valutazione del proprio merito di credito di lungo termine. Attualmente il rating assegnato da Moody’s alla Repubblica Italiana è Baa2. L’outlook è “stabile”, migliorato solo a metà febbraio scorso dalla precedente prospettiva “negativa”. I timori che Moody’s possa effettuare quantomeno la revisione al ribasso dell’outlook sono concreti, anche perché l’economia dello Stivale continua a evidenziare preoccupanti segnali di debolezza.
Come se non bastasse due giorni fa è arrivata la doccia fredda del Fondo Monetario Internazionale, che ha tagliato pesantemente le stime di crescita sul pil italiano per il 2014 e il 2015. Secondo gli esperti dell’istituto monetario di Washington, il Belpaese resterà in recessione anche quest’anno per poi migliorare leggermente nel 2015. Per l’anno in corso il Fmi prospetta una flessione del pil italiano a -0,2%: si tratta di una stima nettamente più bassa rispetto al +0,3% di aprile scorso. Nel 2015, invece, le attese sono per una crescita dell’economia dello 0,8%, in discesa rispetto alla stima di sei mesi fa di +1,1%.
Intanto nell’ultimo trimestre dell’anno il Fmi si attende che l’Italia evidenzi una decrescita dello 0,1% su base tendenziale, confermandosi così l’unico paese tra i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna) a registrare un pil negativo nel 2014, chiaramente mostrando anche la peggiore performance. I numeri per l’economia italiana sono davvero impietosi: il pil “reale” è diminuito quasi del 9% dal 2008 al 2013, registrando un risultato peggiore addirittura rispetto a quello mostrato durante la Grande Depressione degli anni Trenta del secolo scorso.
Non bisogna poi dimenticarsi che il pil ha segnato già un calo dell’1,9% nel 2013 e del 2,4% nel 2012. Il paese è finito in deflazione per la prima volta dal 1959, mentre il tasso di disoccupazione è al 12,6% ai massimi dal 1977. La disoccupazione giovanile è su livelli record al 44,2%. E poi c’è il problema del debito pubblico, superiore ai 2.100 miliardi di euro e atteso quest’anno al 136,7% del pil dopo il 132,5% del 2013 (si stima un lieve miglioramento solo a partire dal 2015, con il rapporto in calo al 136,4%).
Tempi duri per l’Italia: i successi sui mercati finanziari non devono ingannare, in quanto il boom è generalizzato per i bond europei è “drogato” dalle politiche monetarie ultra-espansive delle grandi banche centrali del pianeta (prima la FED, la BOE e la BOJ, ora anche la BCE). Presto gli investitori potrebbero voltare le spalle anche ai titoli di stato italiani, soprattutto considerando la lentezza delle riforme strutturali messe a punto dal governo di Roma.
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