Irlanda: in ripresa ma ancora fragile. Le ragioni della sua vulnerabilità

Erika Di Dio

20 Gennaio 2013 - 09:00

Irlanda: in ripresa ma ancora fragile. Le ragioni della sua vulnerabilità

Se il 2012 è stato l’anno in cui un senso di calma è ritornato nei mercati finanziari dell’eurozona, il 2013 sarà l’anno in cui l’Europa dovrà dimostrare che la sua ricetta di austerità e riforme è in grado di funzionare. Una grande evidenza di ciò si avrebbe se un paese in bailout riuscisse a rifinanziarsi da solo di nuovo. Le speranze sono ora tutte investite nell’Irlanda, che ha avviato il suo programma di salvataggio nel 2010 e ora dovrebbe ritornare a pieno nei mercati obbligazionari, alla fine del 2013.

I mercati segnalano che ciò potrebbe accadere. I rendimenti sui titoli di Stato irlandesi con scadenza nel 2020 sono scesi dall’8,5% dell’inizio del 2012 al 4,5% entro la fine dell’anno. Una rinnovata propensione per il debito irlandese ha permesso al governo di ripristinare l’accesso parziale ai mercati obbligazionari nel 2012. L’agenzia irlandese di gestione del debito intende raccogliere 10 miliardi per l’emissione di obbligazioni nel 2013. Questo lascerà il paese con 19 miliardi di riserve di cassa, sufficienti a coprire le esigenze del governo per il 2014.

Ci sono fermenti di vita nella malconcia economia irlandese. Anche se secondo l’FMI, il Pil è cresciuto solo dello 0.4% nel 2012, tale cifra regge bene il confronto con le profonde crisi in Italia e Spagna e segue l’aumento dell’1.4% nel 2011. La competitività del paese è migliorata nettamente, a giudicare dai costi unitari del lavoro.

Le esportazioni irlandesi

Aiutata da un basso tasso corporate-tax del 12.5%, l’Irlanda continua ad attirare investimenti diretti esteri (IDE), in particolare da parte di aziende americane e soprattutto nel settore farmaceutico, di tecnologie dell’informazione e dei servizi finanziari. Il numero di nuovi progetti IDE nel 2012 è stato molto simile a quello del 2011, a sua volta il più alto del decennio, dice Barry O’Leary, amministratore delegato IDA Ireland.

La presenza straniera è ora imponente, tanto che le esportazioni irlandesi in realtà sono superiori al valore del Pil. Il contributo delle esportazioni nette ha più che compensato il calo della domanda interna, che rimane traumatizzata da un debito eccessivo, continua austerità e stretta finanziaria.

Ma questo quadro di luminosità non è tutto ciò che appare. Consideriamo la dipendenza dell’Irlanda dalle imprese estere: il paese è costretto a soffrire quando il commercio mondiale vacilla. Le esportazioni sono cresciute solo del 2% un anno dalla scorsa primavera, ossia al ritmo più lento da quando hanno iniziato a riprendersi all’inizio del 2010.

Inoltre ciò rende l’economia vulnerabile a "shock" che interessano settori specifici. Il successo dell’Irlanda nell’attirare società farmaceutiche globali ha come conseguenza il fatto che il paese sia colpito dal "patent cliff", la scadenza dei brevetti su molti farmaci blockbuster (farmaco con fatturato superiore al miliardo di dollari, n.d.r.). Nel 2011 il valore delle esportazioni farmaceutiche dell’Irlanda è aumentato quasi del 7%, ma nei primi 10 mesi del 2012, è sceso del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

PIL o PNL?

Un’altra preoccupazione è che il progresso irlandese, sia economico che fiscale, è in genere misurato attraverso il PIL, l’output generato in Irlanda. Ma per un’economia in cui le imprese estere sono così dominanti, sarebbe più rilevante il valore del PNL. Quest’ultimo è inferiore al PIL, a causa dei grandi profitti realizzati dalle imprese estere. Il divario tra i due si è amplificato, dal 14% del 2007 al 20% del 2011.

Se misurare il debito dell’Irlanda come percentuale del Pil sottovaluta l’onere, misurarlo come percentuale del PNL lo sopravvaluta, perché trascura il contributo apportato dalle imprese estere. L’Irish Fiscal Advisory Council ha suggerito una misura ibrida in cui si aggiunge al PNL il 40% del PIL in eccesso sul PNL stesso. Questo offre un indicatore migliore della sostenibilità fiscale dell’economia irlandese, dice John McHale, presidente del consiglio. Su questa base, il peso del debito, che dovrebbe raggiungere il picco nel 2013 a circa il 120% del PIL, sarebbe molto vicino al 140%.

La vulnerabilità dell’Irlanda spiega perché l’FMI vorrebbe che i suoi creditori europei le dessero più aiuto. Molto è andato bene per l’Irlanda, ma non ci vorrebbe molto per far sì che l’"allievo modello" dell’eurozona non riuscisse a "laurearsi" nel suo programma di salvataggio.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Economist

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