In crescita il fronte euroscettico: ma quanti italiani vorrebbero tornare alla lira?

Marta Panicucci

21 Marzo 2014 - 09:54

In crescita il fronte euroscettico: ma quanti italiani vorrebbero tornare alla lira?

La sfiducia e le critiche all’Europa si stanno facendo sempre più pressanti e, da qualche mese stiamo assistendo alla scalata degli euroscettici. L’Euro è stato introdotto ufficialmente il primo gennaio 2002, in uno stato l’Italia che stava sostanzialmente bene e l’Europa piena di buoni propositi per il futuro dei paesi membri.

Ma la situazione economico-finanziaria ha preso un’altra strada. La grande crisi e la recessione, che stanno colpendo ormai da un paio di anni il vecchio continente, hanno spinto alcuni paesi, come Grecia, Irlanda e Portogallo sull’orlo del baratro. Sono stati messi a punto piani di salvataggio in extremis accompagnati però da politiche di rigore economico con l’obiettivo di riportare i conti statali entro i limiti fissati dall’eurozona.

La crisi ha avuto pesanti ripercussione anche sull’Italia: il debito pubblico si è impennato, il Pil ha smesso di crescere e siamo scivolati in recessione, un numero impressionante di aziende ha chiuso i battenti e il livello di disoccupazione è salito alle stelle. Per i sostenitore dell’euro il non fallimento dell’Italia è esclusivamente dovuto al sostegno dell’Europa, alla moneta unica e alle politiche di rigore imposte dalla troika. Per gli euroscettici invece, tutti questi ingredienti non hanno fatto altro che acuire la crisi.

L’euroscetticismo in Italia e in Europa
Dal 2002 ad oggi la sfiducia nell’euro è fortemente cresciuta. Secondo un sondaggio fatto da Demopolis per l’Espresso, la fiducia nell’euro è scesa dal 53% degli anni 2000 al 32% di oggi. Ecco il grafico:

Le prossime elezioni europee, che si terranno a maggio, si svolgono per la prima volta in un clima di forte ostilità nei confronti dell’euro e le istituzioni europee temono la conquista del Parlamento da parte di coloro che vorrebbero il ritorno alle monete nazionali.

In Italia, il Pd è forse l’unico grande partito rimasto convintamente europeista circondato da partiti, partitini e movimenti che invocano l’uscita dall’euro. Alla battaglia leghista, vecchia di anni ormai, si è aggiunto anche il Movimento 5 Stelle che, se le cose in Europa non dovessero cambiare dopo il voto, organizzerà un referendum sull’uscita dall’euro. Dall’altra parte troviamo la rinata Forza Italia di Berlusconi che si unisce alla battaglia contro l’Europa del rigore e delle moneta unica.

Gli italiani vogliono tornare alla lira?
In un questo panorama di crescente rancore nei confronti dell’Europa e dell’euro gli italiani vogliono tornare alla lira? Secondo il sondaggio Demopolis il ritorno alla moneta nazionale spaventa gli italiani che preferirebbero un cambiamento di rotta dell’Europa.

Demopolis registra il malcontento degli italiani nei confronti dell’euro e a più di 10 anni dal suo ingresso la maggior parte degli italiani valuta negativamente il passaggio dalla lira all’euro. Ecco il grafico di Demopolis:

L’euro non piace più agli italiani, e reputano un errore l’ingresso per l’Italia nella moneta unica, ma nonostante questo non vorrebbero il ritorno alla lira. Secondo il sondaggio Demopolis, uscire dall’Euro appare rischioso alla maggioranza assoluta dei cittadini: più di 6 italiani su 10 sono convinti che il nostro Paese, fuori dalla moneta unica, sarebbe troppo debole per competere da solo sui mercati mondiali, correndo il rischio di una forte instabilità economica.

«Sono sostanzialmente tre - spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento - i profili dell’opinione pubblica nel rapporto con l’Europa: appena il 12% si dichiara convinto della necessità delle attuali politiche economiche dell’UE; il 33%, con numeri crescenti negli ultimi mesi, si dichiara decisamente contro l’Unione e favorevole all’uscita dall’Euro. Il 55%, la maggioranza assoluta degli italiani, manifesta un profilo europeo, ma molto critico: crede nell’Europa unita, ma - conclude Pietro Vento - vorrebbe un radicale cambio di rotta nelle rigide politiche di austerity imposte dall’Unione negli ultimi anni».

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