Per Credit Suisse saranno penalizzate le grandi banche mentre c’è grande incognita sui pozzi petroliferi del Mare del Nord. A rischio anche la produzione di Whisky.
Con il referendum per l’indipendenza della Scozia ormai alle porte, Credit Suisse si è chiesta quali potrebbero essere le conseguenze sui mercati di una divisione del Regno Unito.
Secondo gli analisti della banca d’investimento, chi opera nell’export potrebbe avvantaggiarsi mentre molto penalizzate potrebbero essere le banche, in particolare Rbs, Lloyds e Tsb.
Ma le incognite riguardano anche la finanza pubblica: secondo quanto circolato fino a questo momento in caso di indipendenza la Scozia si accollerà il 25% del debito pubblico del Regno.
C’è poi il problema della moneta: gli indipendentisti vorrebbero mantenere la sterlina, ma non è così scontato che Londra sia d’accordo. Di qui l’idea di introdurre una nuova moneta: ancora presto per parlare dei dettagli però.
Scommesse di mercato
Ma non solo, perché secondo i modelli matematici di Credit Suisse, la probabilità che vinca il sì – e che quindi la Scozia si stacchi dal Regno Unito - al referendum è soltanto del 25% nonostante gli esiti dei sondaggi che indicano una prevalenza del sì con una maggioranza del 51%. Quindi esiste un quarto delle possibilità che la Scozia diventi indipendente.
In ogni modo, per evitare il rischio, gli operatori di mercato stanno riequilibrando i loro portafogli – sia per quanto riguarda le azioni, i titoli di Stato che le monete – stanno calcolando come se la possibilità di secessione sia al 35%: scommesse di mercato, in sostanza, per farsi trovare pronti ad ogni evenienza.
Le azioni più esposte
Per gli analisti le azioni più esposte in caso di vittoria sono delle banche: prima di tutto Sse, visto che il 45% dei suoi asset è in Scozia ma anche Rbs, Tsb e Lloyds, che hanno una parte dei loro prestiti erogati in Scozia.
Attenzione particolare per il settore del petrolio: a chi andranno i pozzi di petrolio se la Scozia diventa indipendente?
L’incognita del Whisky
Infine ci sono le azioni di società che esportano, come Diageo e Pernod Ricard, che vendono nel mondo il tradizionale Whisky scozzese.
Ma qui non si parla solo di tradizione perché la produzione di whisky è la seconda industria della Scozia dopo il petrolio e rappresenta un export da 4 miliardi di sterline e 40mila posti di lavoro.
Secondo la banca d’affari UBS:
"Lo scotch rappresenta circa il 30% del margine operativo di Diageo e Pernod. Crediamo che per l’intera industria dello Scotch il cambiamento politico che deriverebbe dall’indipendenza scozzese comporta dei rischi in termini di tassazione e di rappresentanza nelle negoziazioni per il commercio internazionale, anche se la transizione sarà temporanea”.
Ma non solo perché esiste il rischio che in una Scozia indipendente l’industria non abbia lo stesso supporto commerciale e politico che oggi offre il Regno Unito, specialmente per quanto riguarda la tassazione e la protezione dai dazi doganali.
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