IVA Reverse Charge grande distribuzione e Split Payment: ecco perché l’UE dirà di No

Vittoria Patanè

9 Febbraio 2015 - 12:29

Al contrario di quanto avviene per edilizia, servizi di pulizie ed energia, l’applicazione del Reverse charge alla grande distribuzione potrebbe incontrare il No della Commissione Europea. Lo stesso vale per lo spliy payment. Ecco perché

IVA Reverse Charge grande distribuzione e Split Payment: ecco perché l’UE dirà di No

La Legge di Stabilità 2015 estende l’applicazione del reverse charge a campi finora esclusi (energia, servizi di pulizia, edilizia, grande distribuzione ecc.) e introduce il meccanismo dello split payment nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Per quanto riguarda l’inversione contabile, l’obbligo di contabilizzazione dell’IVA viene trasferito dal fornitore al compratore. In tal modo, le vendite effettuate non risultano più come operazioni imponibili e la fattura viene emessa senza IVA. Sarà l’acquirente a riportare l’operazione sia come imponibile che come acquisto detraibile.

Parlando dello split payment invece, il meccanismo fa sì che i fornitori di beni e servizi che concludono operazioni con le Pubbliche Amministrazioni, non debbanop più inserire l’IVA nella fattura. Quest’ultima verrà infatti pagata al Fisco dalla PA, che in questo caso svolge la funzione di acquirente.

Il motivo alla base di questo cambiamento è semplice: in base alle analisi del Fisco, questo tipo di transazioni sono soggette a una vasta evasione. Spesso infatti il fornitore non dichiara né paga l’imposta sul valore aggiunto ai compratori. Proprio per combattere l’evasione dunque, la Legge di Stabilità ha introdotto le nuove regole.

Lo scopo è quello di trasferire l’IVA in "mani più sicure" e assicurarsi dunque che questa venga versata dal cliente che, in base alla stessa analisi, risulta più propenso a rispettare le regole e quindi ad assicurare un maggior gettito all’erario.

Sebbene le motivazioni che abbiano portato all’estensione del Reverse Charge e all’introduzione dello split payment siano comuni dunque, dal punto di vista giuridico ci sono delle differenze fondamentali.

L’ampliamento dell’inversione contabile all’edilizia, ai servizi di pulizia e all’energia risulta infatti compatibile con le norme europee attualmente in vigore, che sanciscono l’applicabilità del reverse charge senza richiesta di deroga a questo tipo di operazioni.

Al contrario invece, il reverse charge sulla grande distribuzione e lo spliy payment necessitano di una deroga dell’Unione Europea che, con ogni probabilità, non arriverà.

I problemi alla base sono essenzialmente due. In primo luogo, lo split payment potrebbe creare dei problemi di liquidità ai fornitori della Pubblica Amministrazione che
divenissero creditori IVA senza poter usufruire della compensazione.

Un’eventualità limitata dato che le cessioni alla PA rappresentano solo il 7,2% delle cessioni imponibili complessive e dato anche l’accesso prioritario ai rimborsi IVA concesso agli stessi fornitori nel caso in cui si verifichino situazioni di credito strutturale.

In secondo luogo, bisogna tener conto che coloro che svolgono prestazioni e forniscono beni e servizi non lavorano esclusivamente con la PA. Questo fa sì che essi dovranno adottare due differenti sistemi di gestione dei conti, uno peri normali clienti cui addebitare l’IVA e un’altro con la PA. Il che comporta,anche costi di adempimento superiori.

Parlando dell’estensione del reverse charge alla grande distribuzione invece, la questione principale riguarda la vicinanza degli operatori coinvolti al consumo finale, problema che potrebbe causare un’incremento dell’evasione, favorendo degli accordi sottobanco tra venditori e acquirenti.

E’ questo il motivo per il quale in passato l’Unione Europea ha detto No all’applicazione dell’inversione contabile al settore del commercio. A questo si aggiunge il fatto che, la Legge di Stabilità stabilisce l’ampliamento del reverse charge a tutte le operazioni svolte dai soggetti identificati con codici Ateco, mentre normalmente per l’applicazione del reverse charge si procede con un criterio di tipo oggettivo. Infine per ipermercati e supermercati le conseguenze in termini di liquidità potrebbero essere rilevanti.

In base a questi dubbi, nel disegno di legge originario l’estensione del reverse charge alla grande distribuzione non era contemplata, ma è nata dalla volontà di correggere maggiormente il saldo strutturale dell’Italia nell’ambito degli accordi tra il nostro Paese e l’Unione Europea.

A questo punto spetterà a Bruxelles valutare l’effettiva applicabilità dei meccanismi. Il No potrebbe essere dietro l’angolo.

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