Trade war? No, quella in atto è una tech war

Alessio Trappolini

6 Maggio 2019 - 12:09

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Ma quale acciaio e soia. Il vero obiettivo di Trump è colpire il dominio cinese nello sviluppo delle tecnologie 5G

Trade war? No, quella in atto è una tech war

La guerra commerciale che negli ultimi anni ha avuto tanto risalto mediatico in realtà altro non è che una guerra tecnologica (camuffata) fra Stati Uniti e Cina, con uno dei due contendenti in netto vantaggio rispetto all’altro.

A sostenerlo è Eoin Murray, Head of Investment di Hermes Investment Management, secondo cui i veri obiettivi dei tweet di Donald Trump non sono l’acciaio, i semi di soia o le automobili d’importazione, ma bensì il dominio delle tecnologie 5G sulle quali la Cina sembra già in netto vantaggio rispetto a Stati Uniti ed Europa.

"La chiave è che, grazie al dominio nello sviluppo della tecnologia 5G, la Cina ha preso in mano il futuro e sta correndo con esso. E anche se la guerra tecnologica può essere nascosta in bella vista con le sembianze di una guerra commerciale, le linee d’azione sono già profondamente definite e una parte sembra aver già superato l’altra".

L’accaduto: Trump twitta e i mercati crollano

Il tweet di Donald Trump di questa notte ha compromesso mesi di trattative fra i governi di Washington e Pechino e rischia di avere ricadute molto severe sui listini azionari occidentali in scia a quanto visto su quelli asiatici.

La settimana scorsa, il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Robert Mnuchin ha annunciato che gli Stati Uniti e la Cina avevano raggiunto un’intesa di massima sull’istituzione di uffici dedicati al rispetto dell’accordo che verrà firmato alla fine dei colloqui.

«Credo che la risoluzione a questa guerra tecnologica (camuffata) sarà un modo per guadagnare tempo, in attesa di modeste concessioni cinesi che permetteranno al Presidente Trump di affermare che la seconda economia più grande del mondo si è arresa alla prima. In realtà, non sarà altro che una soluzione temporanea, che tratterà di sfuggita una serie di questioni ancora da risolvere», ha scritto Murray in un report di oggi.

Dominio assoluto nelle tecnologie 5G

Nel suo recente discorso all’Assemblea nazionale del popolo, il premier Li Keqiang ha lasciato cadere ogni riferimento esplicito al programma industriale governativo Made in China 2025, forse nel tentativo di placare gli Stati Uniti. Li ha invece dichiarato che il governo promuoverà la produzione avanzata Made in China 2025 con un altro nome. Anche se con un nome diverso, sarà comunque una fonte di preoccupazioni per il Presidente Trump e per i funzionari statunitensi.

In primo luogo, anche se gli Stati Uniti d’America rimangono molto divisi, sembra invece esservi concordanza sulla minaccia rappresentata dalla tecnologia cinese.

«Nessuno ha ancora spiegato come ciò sia una questione di sicurezza, ma la legge nazionale cinese sul’Intelligence afferma che le organizzazioni sostengono, cooperano e collaborano nel lavoro di intelligence nazionale», ha spiegato il gestore.

Secondo il l’asset manager di Hermes IM i livelli più alti dei governi occidentali temono che con le reti 5G saranno interamente realizzate o dipendenti dalla tecnologia cinese, le informazioni di natura sensibile potrebbero essere potenzialmente accessibili ai cinesi. Pechino, inoltre, sarebbe semplicemente in grado di spegnere l’interruttore, qualora decidesse di farlo. In breve, gli Stati Uniti hanno paura del terrorismo tecnologico.

Il secondo problema è relativo all’arretratezza rispetto ai cinesi, promotori del cambiamento e del progresso in ambito tecnologico. Murray ha spiegato che la Cina è decisamente avanti rispetto al resto del mondo con lo sviluppo della tecnologia 5G: «gli Stati Uniti, l’Europa e altre nazioni sviluppate hanno fatto alcune incursioni in questo settore, ma sono troppo indietro e sarebbero necessari miliardi di investimenti per recuperare il ritardo. In Europa, i rapporti affermano che il 30-40% della rete 5G conferma il proprio impegno con Huawei».

Il caso Huawei

Il Presidente Trump è ancora dubbioso sulla posizione da tenere con il Chief Financial Officer di Huawei (e figlia del fondatore), Meng Wanzhou, arrestata in Canada e in attesa di estradizione negli Stati Uniti. Le conseguenze politiche e giuridiche a lungo termine di qualsiasi azione, o inazione,si faranno sentire sia negli Stati Uniti sia in Cina.

“In patria, Trump è consapevole di dover dimostrare ai propri elettori di essere ancora un uomo d’affari e in grado di definire un accordo con la Cina nell’ambito dei negoziati commerciali - soprattutto dopo il disastro del vertice nordcoreano di Hanoi - per assicurarsi la rielezione e, perlomeno, salvare la faccia”, ha chiosato Murray.

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