Giudizio direttissimo: cos’è, come funziona e quando si applica

Isabella Policarpio

12 Febbraio 2019 - 11:50

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Il giudizio direttissimo è un procedimento speciale previsto dal Codice di procedura penale. Viene chiesto dal Pm quando ci sono evidenti segnali di colpevolezza dell’imputato.

Giudizio direttissimo: cos’è, come funziona e quando si applica

Il giudizio direttissimo (da molti chiamato anche “giudizio per direttissima”) è un procedimento penale speciale caratterizzato dalla mancanza dell’udienza preliminare e della fase predibattimentale.

Nell’ordinamento italiano il giudizio direttissimo è disciplinato dall’articolo 449 e seguenti del Codice di procedura penale ed ha finalità deflativa del processo. Infatti, quando ricorrono evidenti segnali di colpevolezza, l’imputato viene condotto direttamente presso il tribunale monocratico.

Le ipotesi di applicabilità del giudizio per direttissima sono tassativamente previste dalla legge, e sono: l’arresto in flagranza di reato e la confessione.

GIUDIZIO DIRETTISSIMO: COS’È, COME FUNZIONA E QUANDO SI APPLICA

Giudizio direttissimo: cos’è

Il giudizio direttissimo, è un procedimento speciale (come anche il rito abbreviato) del giudizio penale che permette di concludere rapidamente le indagini e passare direttamente al dibattimento, senza lo svolgimento dell’udienza preliminare.

In pratica la sua funzione è quella di accorciare i tempi di giudizio quando ricorrono elementi idonei ad individuare il colpevole con certezza (ad esempio in caso di confessione).

Il giudizio direttissimo avviene in seguito all’esplicita richiesta del Pubblico ministero al giudice del dibattimento. Se l’imputato è stato arrestato in flagranza di reato, il Pm può presentarlo direttamente dinanzi al giudice per la convalida dell’arresto ed il conseguente giudizio, ma sempre entro il limite delle 48 ore dall’arresto.

Giudizio direttissimo: quando si può chiedere

Il giudizio direttissimo, come abbiamo anticipato, consente di saltare dei passaggi processuali ed accorciare i tempi del giudizio quando non sono necessari ulteriori indagini o dibattimenti perché si è di fronte a prove di colpevolezza schiaccianti.

In pratica il giudizio direttissimo avviene quando il colpevole è stato arrestato in flagranza di reato o ha reso una confessione sulla sua colpevolezza, ipotesi in cui non sono necessarie ulteriori indagini per scovare il colpevole.

Il Pm può chiedere il giudizio per direttissima in tre ipotesi:

  • dopo l’arresto in flagranza di reato, chiedendo la convalida ed il giudizio al giudice del dibattimento;
  • dopo la convalida dell’arresto;
  • se l’arresto non viene convalidato dal giudice, se Pm e imputato vi consentono.

Giudizio direttissimo: come funziona

Il giudizio direttissimo, pur essendo un procedimento speciale, segue le regole generali del dibattimento previste dagli articolo 470 e seguenti del Codice di procedura penale.

Però, in questa sede, l’imputato e chi si costituisce come parte civile possono presentare i testimoni direttamente in dibattimento, senza l’atto di citazione.

Il giudizio si svolge senza la l’udienza preliminare e la fase predibattimentale. Anche nel giudizio direttissimo l’imputato deve avere la possibilità di ottenere dal giudice un termine per organizzare la propria strategia difensiva, che dura 10 giorni al massimo.

Inoltre, l’imputato può chiedere il patteggiamento oppure il rito abbreviato, che può essere scelto come alternativa al giudizio direttissimo.

Giudizio direttissimo: altre ipotesi

Data la sua convenienza in termini di tempo, il giudizio direttissimo è stato previsto anche per altre categorie diverse da quelle disciplinate dal codice di rito.

In particolare, si può ricorrere al giudizio direttissimo anche nelle seguenti materie:

  • armi ed esplosivi, ex articolo 12 bis del Dl n. 306 del 1992;
  • immigrazione, ex articolo 13 del Dl n. 286 del 1998;
  • reati commessi in occasioni di competizioni sportive, ex articolo 8 bis della Legge n. 401 del 1989;
  • discriminazione razziale, etnica e religiosa, ex articolo 6 del Dl 122 del 1993.

In queste ipotesi non si devono necessariamente rispettare i termini stabiliti dall’articolo 449 del Codice di procedura penale (cioè 48 ore dall’arresto).

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