Come si difende l’Italia dal terrorismo? Il premier Gentiloni illustra i risultato dello studio governativo sullo jihadismo. Ecco come l’Italia si difende dagli attacchi terroristici.
La radicalizzazione del terrorismo proviene principalmente dalle carceri e dal web. Queste le dichiarazioni del premier Paolo Gentiloni, che ha presentato in conferenza stampa le conclusioni a cui è giunta la commissione di studio sullo jihadismo e sulla radicalizzazione, guidata da Lorenzo Vidino.
Le dichiarazioni di Gentiloni arrivano dopo una riunione insieme alla commissione e con Marco Minniti, ministro degli Interni del governo Gentiloni.
Sarebbero il web e le carceri i luoghi in cui si verificano maggiormente fenomeni di radicalizzazione, oggi più che in passato e soprattutto più che in altri luoghi.
E proprio da qui, secondo il premier Gentiloni, dovrebbero partire le misure di prevenzione necessarie a prevenire il fenomeno, anche se non vanno esclusi altri luoghi vista la varietà ed eterogeneità del fenomeno.
Terrorismo: come l’Italia si difende dagli attacchi
I risultati della commissione di studio sullo jihadismo e sulla radicalizzazione, dunque, hanno portato alla luce il fatto che la radicalizzazione avviene soprattutto sul web e nelle carceri.
Il lavoro del governo va nella direzione di operare proprio in questi ambienti per la prevenzione del fenomeno del terrorismo e della radicalizzazione.
Il premier Gentiloni ha anche specificato anche che il fenomeno della radicalizzazione in Italia è meno diffuso che in altri paesi, ma che questo non può essere un fattore che ci spinge a sottovalutare il problema del terrorismo dell’ISIS e dei foreign fighters.
Lo sforzo del governo si concentra in due direzioni: la creazione di politiche migratorie più efficaci per rispondere all’emergenza migranti, che mettano insieme accoglienza e attitudine umanitaria, ma anche una politica severa ed efficace nei rimpatri.
In Italia, infatti, il sistema di accoglienza dei migranti è ancora caratterizzato da molti problemi, evidenza questa dimostrata anche dai fatti di Cona, in provincia di Venezia.
Il premier Gentiloni, però, ci tiene a sottolineare che rifiuta equazioni fra migrazione e terrorismo, che sono improprie.
Il lavoro della commissione, durato quattro mesi, è stato organico e utile a capire il fenomeno, per questo - specifica il ministro Minniti - è necessario che continui.
"Abbiamo di fronte un fenomeno che io chiamo il ’malware del terrore’, di fronte al quale dobbiamo costruire una rete protettiva”, continua Minniti nel suo intervento durante la conferenza.
La commissione, che doveva durare solo 120 giorni ed era stata istituita a settembre di quest’anno, continuerà a lavorare perché il fenomeno è ampio e in continuo cambiamento ed è necessario continuare a studiarlo.
Terrorismo: la situazione italiana
In Italia il fenomeno della radicalizzazione è meno diffuso rispetto ad altri paesi e il numero di jihadisti provenienti dall’Italia è di poco superiore a 100.
Ciò perché in Italia il fenomeno è in ritardo di cinque o dieci anni rispetto al resto dell’Europa e non abbiamo, dunque, seconde o terze generazioni di mussulmani. Queste le precisazioni di Lorenzo Vidino
Il ritardo dell’Italia permette di lavorare su politiche di de-radicalizzazione e di integrazione, in modo da prevenire la radicalizzazione e, dunque, ridurre fenomeni terroristici.
Il messaggio dell’ISIS, infatti, va contrastato sia sul web che con azioni di ingaggio positivo sul territorio, con il lavoro congiunto del mondo della scuola, dell’associazionismo, della comunità islamica in Italia e della società civile tutta.
L’attività di prevenzione e contrasto del terrorismo, dunque, non può essere solo prerogativa delle unità antiterrorismo (che in Italia svolgono un buon lavoro), ma uno sforzo collettivo che aumenti l’integrazione e riduca fenomeni di isolamento e emarginazione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA