Chi usa il “mi piace” di Facebook rischia una causa per violazione della privacy

Isabella Policarpio

20 Dicembre 2018 - 12:34

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Chi utilizza sul proprio sito web il tasto “mi piace” di Facebook diventa contitolare del trattamento dei dati con Mark Zuckerberg. Inoltre rischia una causa per la violazione della privacy.

Chi usa il “mi piace” di Facebook rischia una causa per violazione della privacy

Inserire il pulsante “mi piace” di Facebook sul proprio sito Internet potrebbe rivelarsi rischioso: chi lo fa, infatti, diventa contitolare del trattamento dei dati con l’azienda di Zuckerberg, in più le associazioni dei consumatori potrebbero fare causa per la violazione della privacy.

La spinosa questione è oggetto della valutazione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che deve giudicare il caso sulla base del regolamento n. 679 del 2016 sulla tutela della privacy.

Infatti, i siti che utilizzano il “mi piace” di Facebook permettono ai visitatori, ed ai loro amici, di condividere e raccomandare il sito Internet, con la conseguenza che le informazioni relative all’indirizzo IP ed alla stringa del browser sono automaticamente trasferite a Facebook.

Nello specifico, un’associazione per la tutela dei consumatori ha fatto causa ad un sito di e-commerce tedesco a causa del tasto “mi piace”, in quanto, secondo loro, viola la privacy degli acquirenti. Il caso è attualmente al vaglio della Corte di Giustizia europea, ma, in attesa della decisione definitiva, possiamo analizzare le probabili conseguenze della sentenza sulla disciplina del trattamento dei dati personali.

Il caso di specie

Il pulsante “mi piace” di Facebook è diventato oggetto di una causa che potrebbe avere rilevanti conseguenze sul piano della tutela della privacy.

Il giudizio è rimesso alla Corte di Giustizia europea e prende le mosse dalla causa promossa da un’associazione di consumatori contro un sito di e-commerce tedesco, che utilizza il tasto “mi piace” sulla propria piattaforma di acquisti.

In particolare, l’associazione dei consumatori rivendica il fatto che i siti Internet che si avvalgono del tool “mi piace” di Facebook violano la riservatezza sia dei consumatori che dei meri visitatori, perché, non appena l’utente entra nel sito, le informazioni sull’IP e sulla stringa del browser sono trasferite in automatico a Facebook.

L’avvocato generale, cioè il funzionario pubblico che rappresenta in giudizio la Germania, ritiene che il proprietario di un sito Internet che usa il “mi piace” sia contitolare del trattamento dei dati insieme a Mark Zuckerberg (proprietario di Facebook), e che quindi debba stipulare con lui un accordo di contitolarità per la raccolta e la trasmissione dei dati degli utenti.

La questione è arrivata fino alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, la quale è chiamata ad esprimersi nel merito applicando il regolamento n. 679 de 2016 sulla protezione dei dati personali.

Possibili conseguenze

La decisione della Corte di Giustizia dell’UE si dimostra intricata e con rilevanti implicazioni sul tema della gestione dei dati personali, di Facebook e non solo.

In prima battuta, la Corte deve rimarcare la linea di confine tra la responsabilità di Facebook e quella dei siti che sfruttano il “mi piace”, in merito alla trasmissione dell’IP e delle informazioni personali. Secondo la posizione dell’avvocato generale tedesco, il titolare del sito Internet e Mark Zuckerberg devono considerarsi parti di una joint-venture, quindi contitolari del trattamento dati.

Se la Corte di Giustizia dovesse confermare questo orientamento, Facebook ed ogni altro sito Internet che usa il “mi piace” sarebbero chiamati a stipulare un c.d. “accordo di contitolarità”, accordo sicuramente non facile, vista la posizione dominante del colosso dei social network.

Inoltre, il secondo nodo da sciogliere riguarda la necessità o meno di predisporre il consenso al trattamento dei dati per ogni utente che si connette al sito che si avvale del “mi piace”. Secondo l’avvocato generale, il consenso non è necessario, mentre la posizione della Corte non è ancora chiara, quindi non ci resta che attendere la sentenza di merito.

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