Il 2021 sarà davvero l’anno del ritorno della crescita economica?

Renato Frolvi

25 Ottobre 2020 - 10:00

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Uno sguardo all’economia mondiale e allo scenario per il 2021.

Il 2021 sarà davvero l’anno del ritorno della crescita economica?

Proprio come la recessione è stata globale a partire da Marzo, la ripresa economica è ormai diffusa. Proprio come la recessione è stata profonda e improvvisa, anche il rimbalzo è forte ma irregolare. È in gran parte di tipo “meccanico” perché pompato dalle banche centrali e dalle politiche governative di sostegno alla domanda interna. Ma mostra anche i suoi segni di indebolimento, alimentando i timori per la sua resilienza, una volta che il supporto delle banche centrali (se e quando) verrà richiamato. Per il momento però queste paure sono lontane.

Tuttavia due cose sono chiarissime:

  • i tassi d’interesse già molto bassi rimarranno tali per lunghi anni;
  • la crescita sarà asincrona a livello globale. Cina, India e in generale il Sud-Est asiatico riprenderanno a ritmi sostenuti, mentre l’area euro, UK e USA avranno ritmi più lenti.

Dopo una contrazione storicamente violenta nel secondo trimestre, l’attività economica ha avuto ovunque un recupero, prendendo una forma a V schematica ma forse non veritiera, cioè che non necessariamente si realizzerà.

Mentre lo shock sui consumi e sugli investimenti è stato diffuso, i suoi danni sono stati disomogenei a seconda del paese colpito, a seconda della data di inizio della pandemia, e considerando anche altri fattori quali:

a) la strategia di intervento del paese in questione;
b) la sua forza economica pre-crisi;
c) la struttura (più o meno efficiente) del suo sistema sanitario.

Insomma, la profondità dello shock è variata anche in base ai metodi impiegati per combatterlo. E questi metodi dipendono dalla politica monetaria e fiscale dei governi e dalla velocità dell’intervento sanitario, cioè dalla efficacia del governo nell’attuarlo.

Aumentano le differenze tra le economie mondiali

La Cina è un esempio lampante di come si possa uscire vittoriosi dalla crisi pandemica, adottando misure restrittive immediate alla circolazione, con controlli di tipo militare, con un sistema ospedaliero tutto sommato efficiente. E sono stati i primi ad uscire dalla pandemia. Ne sono usciti prima del resto del mondo, riattivando velocemente consumi, produzione industriale ed export.
E tutto questo grazie a un intervento immediato della Banca Centrale Cinese e finanziamenti agevolati da parte del Governo Cinese.

Comunque, per illustrare la dimensione della controffensiva monetaria e fiscale nel mondo, le stime del FMI indicano che le misure costituite da spese pubbliche aggiuntive e minori entrate fiscali, oltre a supporti che possono essere temporanei (prestiti diretti, iniezioni di capitale e garanzie pubbliche su finanziamenti bancari) hanno dimensioni che si attesterebbero in media al 5,1% del PIL per i Paesi emergenti e al 12,1% del PIL per i paesi del G20.

Per quanto riguarda le economie avanzate, le misure utilizzerebbero quasi il 20% della ricchezza prodotta annualmente. Sono misure mostruose, ma sono state necessarie per evitare la grande depressione stile 1929.

Osserviamo nel secondo trimestre 2020 le variazioni QoQ cioè trimestre sul trimestre precedente.
Mentre nel 2° trimestre il PIL cinese era già in rimbalzo dell’11,5% dopo il calo del 10% nel primo trimestre, le contrazioni del PIL hanno oscillato tra il -25,2% in India e il -20,4% nel Regno Unito, tra il -11,8% nell’Eurozona e il -9,1% negli Stati Uniti (che per il 2° T diventa un -31% su base annualizzata) fino al -3,2% in Corea.

All’interno di questo intervallo, considerando l’area euro, c’è stata una chiara dispersione tra le grandi economie, che è un fattore di frammentazione. Infatti, sempre per il 2° trimestre 2020, abbiamo visto un calo del -18,5% in Spagna, del -13,8% in Francia, -12,8% in Italia, e un - 9,7% in Germania.
Tuttavia, secondo gli indicatori e le indagini mensili, il rimbalzo in corso è diffuso e si protrarrà per tutto il 2021, proprio come lo era stato il declino.

I tempi di recupero del PIL saranno lenti

Ripeto, è un rimbalzo altrettanto forte quanto lo era stata la recessione del 2° trimestre. Ma i tempi per un ritorno allo stock di PIL della fine del 2019 saranno lunghi, forse nel 2022 l’obiettivo sarà raggiunto dai paesi più forti (Germania, USA, Cina) e forse 2024-2025 dai paesi più deboli (Italia, Portogallo, Spagna).

Tutto questo appare evidente se si osservano gli indicatori PMI. Il rimbalzo quindi sarà non uniforme. Alcuni paesi soffriranno di più. Altri meno. Questo è un segnale che l’offerta e la domanda e i settori dell’economia stanno recuperando a velocità diverse per paesi diversi.
Il settore dei servizi, per esempio, che richiede mobilità fisica e interazione sociale, tende a mostrare un naturale ritardo nella ripresa rispetto alla ripresa della produzione nel settore manifatturiero puro e semplice.

Dal punto di vista geografico invece c’è da fare un’altra distinzione.

A seconda del tipo e dell’efficacia delle misure di sostegno, il recupero della domanda sta precedendo il recupero dell’offerta da parte delle imprese nei paesi occidentali (questo sembra accadere nei grandi paesi sviluppati nei quali il reddito familiare, e persino i posti di lavoro, sono stati in gran parte conservati), mentre l’offerta sta spingendosi in avanti rispetto alla domanda in gran parte dei paesi emergenti come in Cina, dove posti di lavoro e reddito hanno sofferto mentre la produzione industriale è già ripartita, anche grazie alla domanda pubblica di beni industriali per le grandi opere infrastrutturali, grazie all’aumento dell’export e grazie alla stimolazione degli investimenti per mezzo di prestiti bancari a tassi agevolati.

Insomma, il recupero che prende forma nel 2021 è lungi dall’essere uniforme o sincronizzato, e potrebbe cadere nel caos inflattivo a medio termine per effetto della enorme massa monetaria immessa nel sistema economico dalle banche centrali.

L’inflazione potrebbe invece essere riassorbita a patto che ci siano enormi balzi in avanti della produttività, per effetto di una dirompente innovazione tecnologica negli anni a venire.

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