E se la Brexit fosse davvero un male per l’economia inglese? La risposta nei dati

Maurizio Contini

11 Febbraio 2017 - 11:31

La Brexit è un’incognita che fa paura agli investitori e che potrebbe portare il mercato ad una fase ribassista dopo la sua attuazione. Le analisi di Bloomberg sulla questione.

E se la Brexit fosse davvero un male per l’economia inglese? La risposta nei dati

Quando è stato reso noto che nella consultazione per uscire dall’Unione Europea la Gran Bretagna aveva votato in maggioranza per il Leave, la Brexit ha cominciato a sconvolgere i mercati.
In quella giornata, il 23 giugno 2016, la Sterlina perse l’8,3% segnando una discesa che non si vedeva da 31 anni.

Da quel giorno sono passati 7 mesi e sono stati molti i passaggi che sono stati superati dalla Brexit insieme a Theresa May. Dato che in questo lungo periodo non si sono avuti grandi sconvolgimenti e il mercato continua a reagire bene sono molti gli economisti che hanno cominciato a pensare che l’uscita potesse essere benigna.

Questi analisti però non tengono in conto i dati che fino ad oggi si sono registrati: crollo delle stime di crescita del PIL e prospettive economiche di gran lunga ridotte. In molti non fanno infatti attenzione a questi dati e non considerano il taglio del 75% alle stime di crescita per il futuro.
Bloomberg ha invece preso in esame questi dati e mostra come per il momento dell’attuazione della Brexit il mercato potrebbe tornare ad una fase ribassista.

Vediamo insieme le prospettive per il mercato del dopo Brexit, analizzando le stime per il PIL, il valore dei bond inglesi e le previsioni per il tasso di cambio EUR/GBP.

Brexit porterà il mercato U.K. ad una fase ribassista: le analisi di Bloomberg

Le analisi di Bloomberg mettono in luce un momento di forte calo della crescita per il mercato inglese. La Gran Bretagna si troverebbe così a fronteggiare un momento di forte rallentamento della crescita fin dal quarto trimestre di quest’anno.
Da quando la Gran Bretagna è entrata nell’Unione europea, nel 1973, ha avuto un netto cambiamento nella crescita del PIL.

Da una fase di crescita molto lenta è infatti passata ad essere la migliore per crescita del Prodotto interno lordo delle nazioni del G7. I sostenitori del Leave non si sono quindi potuti appellare a questo fattore, nel momento in cui hanno cominciato a spingere per l’abbandono dell’Unione europea.

Passiamo adesso ad analizzare i gilts e il loro andamento. Per la maggior parte del XXI secolo gli investitori hanno puntato sui bond inglesi, che hanno avuto sempre un grande valore.
Dopo il referendum i titoli hanno però perso il 13% rispetto al periodo precedente, diventando così il peggiore investimento dopo i titoli giapponesi (secondo le stime di Bloomberg).

I titoli inglese hanno cominciato così a ridurre il divario con i bond degli altri paesi europei, arrivando ai livelli del 2008, momento in cui, a causa della crisi finanziaria le banche inglesi hanno rischiato l’insolvenza.
Questo è stato l’unico periodo, dal 2001, in cui i titoli inglesi hanno performato peggio di quanto sta avvenendo con il dopo Brexit.

Le previsioni per la Sterlina ed il tasso di cambio EUR/GBP

Passiamo adesso a vedere le previsioni di Bloomberg per il cross EUR/GBP, che sembra essere il settore più colpito dalla vittoria del Leave.
La sterlina non ha infatti recuperato terreno e ci vorranno ancora molti anni prima che riesca a tornare sui livelli precedenti alla Brexit.

A preoccupare i trader del mercato del Forex sarebbe la volatilità che si registra per la sterlina sul mercato, che ha portato così al momento di maggiore oscillazione, dal 1999, con l’Euro.
Secondo le analisi svolte da Bloomberg solo nel 2020 la sterlina, nel cambio con l’Euro, riuscirà a riprendere i livelli precedenti al referendum.

Il cambio infatti viaggia al momento su 0.85, mentre prima del 23 giugno si avevano livelli massimi di 1.50 nel cambio EUR/GBP. Le previsioni sono rialziste per il mercato delle valute, ma non si hanno gli stessi dati per quello azionario.

Previsioni mercato azionario, immobiliare e tasso di disoccupazione: la Brexit porta sofferenze

Prima della Brexit gli investitori erano disposti a pagare il 9% in più per acquistare i titoli del FTSE 100 rispetto a quelli titoli europei. Adesso invece la situazione ha cambiato direzione e si attesta sul solo 5% in più rispetto agli altri titoli che performano bene in Europa.
Un calo che ha portato i titoli azionari della Gran Bretagna ai livelli del 2005.

Passiamo adesso al settore immobiliare, da sempre un indice della fiducia degli investitori sull’economia inglese. Il valore registrato a gennaio per il prezzo delle case si è fermato a 4.3, il dato peggiore degli ultimi 20 anni.
In precedenza il dato era intorno a 7.3, uno dei più alti in Europa.

Per il prossimo anno non solo si pensa che il valore potrebbe diminuire, ma che potrebbe diventare inferiore ai prezzi delle case negli altri paesi dell’Unione. Difatti le stime di crescita del settore per la Gran Bretagna sono state fortemente ridimensionate.

A soffrire nei prossimi anni sarà anche il tasso di disoccupazione che ha subito avuto un rialzo dopo la Brexit. Il Regno Unito è da sempre il luogo dove si trova lavoro e dove gli impieghi sono possibili per tutti, ma la situazione sta per cambiare drasticamente.
Dopo aver toccato il punto più basso dal 2011, con il 4.9% per lo scorso anno, si attende un netto aumento.

Il tasso di disoccupazione salirà infatti al 5.2% per il 2017 e arriverà al 5.5% nel 2018, andando così a toccare nuovi picchi pericolosi per tutto il sistema.
Bloomberg quindi mette in guardia tutti gli analisti che stanno festeggiando per la Brexit: non sarà un bene come si pensa!

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it