Riforma fiscale di Trump: quale effetto sui mercati e sulla forza del dollaro USA rispetto alle altre principali valute - euro, sterlina e yen?
La riforma fiscale di Trump è arrivata puntuale mercoledì, come preannunciato dallo stesso presidente americano qualche giorno fa.
Secondo quanto riferito, la riforma prevede una semplificazione della tassazione sui redditi individuali riducendo da sette a tre le aliquote (10%, 25% e 35%) e raddoppiando le deduzioni fiscali. Prevista l’esenzione fiscale per le famiglie sui primi 24.000 dollari di reddito (il doppio del tetto attuale). Abolita la tassa di successione. Tagliata dal 35% al 15% la tassa sulle imprese.
Queste le linee generali della riforma fiscale. Ma è stata davvero così “fenomenale” come ha affermato il presidente Trump o si è rivelata un flop?
La risposta è da ricercare nelle reazioni del mercato ed in particolare nell’andamento del dollar index, che sintetizza il valore del dollaro USA rispetto alle altre principali valute.
Vediamo cosa è successo.
Riforma fiscale: le reazioni del mercato
Sulla base delle prime indiscrezioni emerse nei giorni precedenti all’annuncio ufficiale delle linee guida alla base della riforma fiscale, i mercati sembravano dare fiducia al presidente USA, in attesa di valutare la bontà dell’ambizioso piano, considerato da alcuni analisti una vera e propria rivoluzione o meglio un “bazooka fiscale”.
Wall Street è volata a livelli record, trascinando tutte le principali piazze europee, rinnovando quell’euforia seguita all’elezione di Trump e che sembrava scemare negli ultimi tempi. Il Dow Jones è tornato ad un passo dal record, mentre il Nasdaq è schizzato ai massimi di sempre, superando i 6.000 punti.
Poi, finalmente, il Segretario al Tesoro Mnuchin, ex Goldman Sachs, ha confermato la presentazione della proposta del presidente, alzando il velo su alcuni particolari chiave.
Il rally dei giorni scorsi spinto dalle promesse di Donald Trump si è fermato proprio dopo che l’amministrazione Trump ha presentato la riforma fiscale che prometteva di essere la più grande dal 1986 ma che, per ora, resta priva dei dettagli sperati.
La riforma ha deluso i mercati tanto da non essere considerata neanche una vera riforma ma solo una revisione delle imposte abbastanza corposa e probabilmente inferiore a quanto veniva auspicato, soprattutto sulla base del tenore assunto nella campagna elettorale.
Wall Street ha chiuso la sessione mercoledì 26 aprile sostanzialmente sulla parità, in attesa delle decisioni della Banca Centrale Europea (BCE) che arriveranno in giornata.
Ma perché una reazione opposta all’euforia che ha accompagnato l’attesa del provvedimento?
Un po’ per il classico schema che spesso seguono i mercati: buy on rumor, sell on news.
Quando le notizie confermano le attese, se i mercati sono saliti scontando l’aspettativa, poi prendono beneficio. Mnuchin ha confermato un piano che era già stato ampiamente annunciato in campagna elettorale, per cui non ha suscitato particolare interesse.
Nessuna novità per i mercati in quanto i dati forniti erano già emersi nelle ore precedenti, come la riduzione al 15% dal 35% dell’imposta sulle aziende.
Gli investitori semplicemente hanno voltato pagina e cominciano già a guardare avanti, alle possibilità che questo piano ha di diventare realtà ed agli effetti che avrebbe se venisse approvato. Ora il mercato vuole sapere di più e non solo i principi di un piano che dovrà essere comunque approvato dal Congresso, dove c’è chi esige che sia neutrale ossia che non causi un aumento di deficit e debito.
Flop della riforma fiscale? A giudicare dall’andamento dei principali indici USA sembrerebbe di sì. Durante i primi scambi dei futures il Dow Jones cede lo 0,10% a quota 21.975,09, l’S&P 500 perde lo 0,05%, a quota 2.387,45 ed il Nasdaq lascia sul terreno 0,27 punti a quota 6.025,23.
Riforma fiscale: il dollar index e la forza delle valute contro il dollaro
Passiamo ora ad analizzare l’andamento del dollar index dal punto di vista tecnico per evidenziare la reazione del dollaro alla riforma fiscale di Trump e i possibili scenari di breve/medio periodo.
L’indice del dollaro USA nella sessione del 26 aprile ha subito un rialzo sulla scia delle attese ottimistiche circa la riforma fiscale, arrivando a toccare un massimo a quota 99,32, per poi ritracciare quasi tutta la salita nel momento dell’annuncio avvenuto in serata, chiudendo a quota 98,97.
L’andamento del dollar index riflette quindi la reazione del mercato descritta in precedenza.
L’indice che sintetizza del valore del dollaro statunitense in relazione a un paniere di valute straniere, in particolare euro, yen e sterlina, si muove in sostanziale parità al momento della scrittura. Tuttavia dal punto di vista tecnico la struttura è ancora orientata al ribasso.
Dollar index, grafico daily
Vediamo dal grafico sopra riportato che il valore del dollaro USA scambia al di sotto del livello di resistenza chiave in area 99,11. Possibile vedere una ripresa del dollaro soltanto se la chiusura giornaliera si attestasse al di sopra di tale livello. In tal caso è probabile che la salita continui fino al test della successiva zona di resistenza in area 100,66.
Qualora il valore del dollaro USA nei confronti delle principali valute continui a ridursi fino a rompere il supporto dinamico che unisce i minimi dell’8 dicembre 2016 e del 27 marzo 2017, potremmo assistere ad una continuazione della discesa fino a raggiungere la successiva zona di supporto in area 97,57-97,19.
La situazione sopra illustrata si riflette anche osservando il grafico seguente che evidenzia singolarmente la forza del dollaro rispetto alle principali valute estere nella giornata odierna.
Il dollaro USA è più debole nei confronti della sterlina e del dollaro canadese nella sessione successiva all’annuncio della riforma fiscale di Trump, mentre contro l’euro si trova in sostanziale parità, stante l’attesa per la decisione dei tassi da parte della BCE in programma, secondo il calendario economico, per le ore 13:45. Il dollaro è più forte rispetto alla valuta giapponese che nella notte si è deprezzata in seguito all’annuncio dei tassi da parte della BoJ la quale proseguirà il suo programma di stimolo.
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