Ecco cosa sono i datteri di mare, perché sono vietati per legge e cosa rischia chi li vende e li compra in Italia.
I datteri di mare, molluschi simili alle cozze ma dal guscio marrone e allungato, sono tra i frutti di mare più pregiati e costosi. Considerati una vera e propria prelibatezza e gettonatissimi nelle zone costiere per preparare ottime ricette, i datteri di mare sono però considerati specie protetta, motivo per cui in Italia e in altri paesi è vietato pescarli, venderli e mangiarli. Ciò è dovuto al modo e alle tempistiche con cui si sviluppano questi molluschi, che fa sì che l’unico modo per catturarli sia distruggere le rocce in cui vivono.
Questi molluschi, apprezzati per il loro gusto unico, sono così finiti al centro di un dibattito che coinvolge cucina, tutela del mare e attività illecite. Nonostante il divieto assoluto di pesca, i pescatori di frodo continuano a prendere e a vendere sottobanco i datteri di mare a peso d’oro, e sono frequenti le operazioni di sequestro da parte della Guardia di Finanza. Ecco cosa sono i datteri di mare, perché sono vietati e cosa rischia chi li pesca e chi li mangia.
Cosa sono i datteri di mare?
Il dattero di mare (Lithophaga lithophaga) è un mollusco bivalve dalla forma allungata e dal colore marrone-rossiccio, che vive incastonato all’interno delle rocce calcaree lungo le coste mediterranee. Il nome deriva dalla somiglianza con il frutto del dattero, sia nella forma che nelle dimensioni.
La particolarità di questo mollusco è la sua crescita estremamente lenta. Basti pensare che per raggiungere i 5 cm di lunghezza possono trascorrere tra i 15 e i 35 anni.
Il suo habitat naturale, all’interno delle rocce, rende impossibile raccoglierlo senza danneggiare il fondale e l’ecosistema circostante. Cresce principalmente nel Mar Mediterraneo, lungo le coste italiane, croate e montenegrine, ma è presente anche nel Mar Rosso e nell’Oceano Atlantico.
Dal punto di vista gastronomico, il dattero di mare ha un sapore che ricorda una via di mezzo tra la cozza e l’ostrica, con una consistenza leggermente più carnosa. Per questo motivo è considerato una prelibatezza di lusso, molto richiesto dai ristoranti di fascia alta, ma impossibile da ottenere legalmente in Italia.
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Prezzi e costi
Il mercato dei datteri di mare è caratterizzato da prezzi elevati. Attualmente, infatti, il prezzo al chilo oscilla tra i 50 e i 60 euro, mentre nei periodi di maggiore richiesta, come le festività natalizie, può arrivare anche a 100 euro/kg.
Nei ristoranti un piatto di pasta con i datteri di mare può costare fino a 70 euro.
Nonostante la legge vieti la pesca, la domanda alimenta un mercato nero molto attivo, soprattutto nel Sud Italia e nelle isole. La vendita sottobanco dei datteri di mare rappresenta un business che spesso coinvolge reti criminali e pesca furtiva, causando danni ingenti all’ambiente e alla biodiversità marina.
Va infatti sottolineato che, nonostante la domanda e i prezzi elevati, qualsiasi presenza commerciale dei datteri di mare è illegale. Spesso arrivano sul mercato attraverso reti di bracconaggio che danneggiano i fondali. Come vedremo di seguito, chi li vende o li serve in locali rischia pesanti sanzioni penali e amministrative, e chi li consuma si espone a rischi legali e sanitari.
Datteri di mare: perché sono vietati
La pesca dei datteri di mare è stata vietata in Italia nel 1998 con il DM 16 ottobre 1998, mentre in altri Paesi europei si è dovuto aspettare il 2006. La normativa non si limita alla pesca, ma è proibito anche il commercio, la detenzione e il consumo.
Il divieto non è dovuto al rischio di estinzione della specie, ma all’impatto ambientale della raccolta. Estrarre i datteri richiede infatti metodi altamente distruttivi, come martelli pneumatici, pinze, picconi e persino esplosivi.
Questo danneggia irreversibilmente le rocce calcaree, compromette i fondali marini e mette a rischio la sopravvivenza di molte altre specie che vivono nello stesso habitat.
Recenti notizie confermano quanto la pesca illegale sia ancora diffusa. Secondo una notizia Ansa del 21 ottobre 2025, in Puglia sono state arrestate 35 persone per aver devastato fondali marini al fine di pescare i datteri, causando danni irreparabili all’ecosistema. Questo caso evidenzia come, nonostante i divieti, il fenomeno della pesca furtiva rimanga molto attivo e pericoloso per l’ambiente.
Sanzioni per pescatori e consumatori
La legge italiana prevede pene piuttosto severe per chi decide di pescare, detenere, vendere o perfino consumare i datteri di mare. Chi viene sorpreso a raccoglierli rischia da 2 mesi a 2 anni di reclusione e una multa che può arrivare fino a 12.000 euro. Oltre alle sanzioni economiche e penali, le autorità procedono al sequestro dell’attrezzatura, delle barche e del pescato, per scoraggiare ogni attività illecita.
Anche chi li consuma non è esentato. Nel caso in cui i datteri di mare vengano serviti in ristoranti o locali, chi nota la violazione può segnalarla alla Guardia Costiera o alla Forestale, contribuendo così alla tutela del mare e delle specie protette.
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Non solo datteri di mare: altri cibi vietati per legge
Accanto ai datteri di mare, in Italia troviamo altri prodotti ittici (ma non solo) la cui pesca e consumo sono vietati per legge. Primo tra tutti citiamo il bianchetto o Novellame (cosiddetta “neonata”): si tratta dei pesciolini allo stadio giovanile, la cui raccolta incontrollata è proibita e provoca un grave danno all’ecosistema marino. In Italia la pesca del novellame è illegale, fatta eccezione per alcune deroghe, come il novellame di sardine catturato a sciabiche da natante o da spiaggia in alcuni periodi invernali con metodi specifici.
Per quanto riguarda i ricci di mare, ne è vietato il consumo tra maggio e giugno, periodo in cui vige il fermo pesca. Tra gli altri si annoverano il Casu marzu, formaggio con i vermi della Sardegna, vietato dall’UE perché viola le norme igienico sanitarie vigenti, e il sanguinaccio, un dolce tipico calabrese un tempo preparato con sangue di maiale. La vendita al pubblico nella sua versione tradizionale è stata proibita nel 1992 per motivi sanitari. Oggi il sanguinaccio è ancora prodotto e commercializzato, ma solo nella variante priva di sangue, realizzata con cioccolato, spezie e aromi, che riprende il gusto originale senza rischi per la salute.
Questi alimenti, come i datteri di mare, mostrano come la tutela della salute e dell’ambiente possa prevalere sulle tradizioni gastronomiche, garantendo la conservazione di specie, ecosistemi e sicurezza alimentare.
Impatto ambientale della pesca illegale dei datteri di mare
Oltre alle sanzioni, la pesca illegale dei datteri di mare ha effetti devastanti sul fondale marino. La roccia calcarea più antica e fragile viene frantumata, eliminando habitat naturali per molte altre specie. L’attività illegale spesso avviene di notte o in zone poco frequentate per evitare controlli, ma anche piccoli interventi distruttivi possono impiegare decenni per essere riparati naturalmente.
La notizia Ansa prima citata descrive un vero e proprio scenario di devastazione, con intere porzioni di fondale marine che sono state compromesse per ottenere poche decine di chilogrammi di datteri. La presenza di reti e picconi sui fondali rende difficile la rigenerazione naturale dell’ecosistema, con conseguenze sul turismo e sulla pesca legale.
I datteri di mare rappresentano un esempio lampante di come tradizione culinaria, mercato e tutela ambientale possano entrare in conflitto. La loro rarità, il prezzo elevato e il sapore unico ne fanno un alimento desiderato, ma la pesca e il consumo sono vietati dalla legge italiana ed europea per proteggere habitat e specie marine. In un Paese con una lunga tradizione gastronomica come l’Italia, scegliere di non consumare datteri di mare è un piccolo gesto che contribuisce a preservare un patrimonio naturale unico, garantendo che le generazioni future possano continuare a godere del mare senza comprometterne la biodiversità.
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