L’opinione comune è che il successo della Germania sia la ricompensa conquistata con la fatica di una rigorosa gestione economica. Eppure il conservatorismo fiscale e le riforme strutturali da sole non tengono conto della crescita tedesca guidata dalle esportazioni, che in realtà è in gran parte il prodotto delle azioni nei rapporti commerciali e nel mercato del lavoro che hanno rinvigorito le industrie tedesche. Il Paese deve molto anche alle specifiche strutture dell’Unione Monetaria Europea e anche alle ricadute finanziarie e del lavoro della crisi della zona euro. Immigrati e denaro stanno scorrendo nel paese dal resto d’Europa, al fine di sfuggire alle terribili condizioni che la Merkel e i tecnocrati UE hanno contribuito a creare attraverso la loro linea dura sull’austerità, le riforme strutturali e la stabilità dei prezzi.
La spinta della Merkel per l’austerità è una scommessa rischiosa. Anche se sembra a vantaggio della Germania, non è riuscita a risollevare un’Europa colpita dalla recessione. Ma la Germania beneficerebbe di un’Europa economicamente sana, verso la quale esporta circa il 40% dei suoi prodotti. Una zona euro in disgregazione, pertanto, minaccia l’esistenza stessa dell’unione monetaria e rende l’economia tedesca pericolosamente dipendente dalla domanda proveniente dai mercati emergenti. Un migliore riconoscimento di tali vulnerabilità dovrebbe spingere i riluttanti politici tedeschi a porre fine all’austerità e a spingere verso politiche orientate alla crescita per il resto d’Europa.
Mito e miracolo
Le fonti del successo economico della Germania non stanno, in ultima analisi, nelle riforme del mercato del lavoro e nel conservatorismo fiscale, ma in un processo che va avanti da un decennio, fondato sull’aggiustamento delle relazioni commerciali e lavorative insieme con la posizione della Germania all’interno dell’unione monetaria.
Molto prima delle riforme Hartz, le imprese manifatturiere tedesche hanno iniziato ad imporre restrizioni salariali e aggiustamenti degli orari di lavoro e delle stipendi, assicurando sempre posti di lavoro ai lavoratori più specializzati. Le imprese sono così riuscite a scambiare la sicurezza dell’impiego con molte altre concessioni. E ora sono in grado di salvaguardare i loro investimenti in lavoratori specializzati piuttosto che ridurre il personale quando la produzione inizia a calare. Queste innovazioni hanno aumentato la produttività, ridotto i costi, dato alle imprese spazi di manovra e infine hanno rafforzato l’industria tedesca, che diventa così nuovamente ammirata in tutto il mondo.
Oltre a questo, la Germania è riuscita a sfruttare la sua posizione all’interno dell’unione monetaria per rafforzare le sue esportazioni. La Germania ha avuto un chiaro vantaggio sugli altri paesi europei riducendo i salari in tutta l’industria. Questa forma di svalutazione interna ha gettato le basi per un boom dell’export e ha reso l’economia tedesca più competitiva delle altre nell’Eurozona.
La Merkel e i suoi assi nella manica
Ma la Merkel ha ancora altri assi nella manica, tra cui:
- l’inatteso boom del mercato immobiliare, alimentato dalla crisi del debito in Europa, che ha stimolato gli investimenti in beni immobili della Germania, percepiti come "beni rifugio" in tempi di incertezza economica e bassi tassi d’interesse;
- poi c’è lo status della Germania come "porto sicuro" che ha aumentato le possibilità del paese di prendere in prestito denaro a tassi d’interesse molto bassi durante la crisi del debito;
- infine, c’è l’impennata dell’immigrazione, in quanto la crisi del debito ha stimolato un afflusso di immigrati ad alta specializzazione dai paesi messi in ginocchio dalla crisi.
Business rischioso
Con dei dati di consenso sempre più in aumento, ci sono buone probabilità per la Merkel nelle prossime elezioni, anche se i commentatori politici di tutto il mondo detestano il suo programma di austerità, che ha facilitato il successo economico tedesco, anche se pericolosamente.
Eppure, un allontanamento dalle politiche di austerità è necessario per contribuire a rilanciare la zona euro e per generare una crescita sostenibile in Europa. Le più importanti riforme istituzionali a livello comunitario richiedono un’ampia contrattazione. I paesi in recessione hanno bisogno di trovare il proprio percorso verso una maggiore competitività. Tutti questi passaggi richiedono tempo, un bene scarso, date le condizioni disastrose che affrontano i paesi indebitati. Un tale cambiamento di politica potrebbe contribuire a stabilizzare l’Europa in crisi e darebbe il segnale che la Germania si sta impegnando a risolvere i problemi sistemici del continente anziché continuare a tirare avanti in qualche modo.
Il percorso della Merkel è ora pericoloso. Anche se la Germania potrebbe sembrare isolata da ciò che accade nel resto della zona euro, uno sguardo più attento rivela la fragilità di questo gigante dell’esportazione. La Merkel dovrebbe diffidare. Se vuole mantenere vivo il miracolo tedesco, ha bisogno di aiutare a ravvivare il resto d’Europa. La Merkel dovrà consentire un’austerità ridotta nella zona euro e politiche che generino più spesa in patria e all’estero. Una economia tedesca stagnante negli ultimi due trimestri e le previsioni di crescita pessimistiche dovrebbero essere segnali di allarme che dovrebbero costringere la Merkel ad adottare questi cambiamenti. In caso contrario, la Germania potrebbe presto ricongiungersi con gli altri "malati" d’Europa.
| Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Foreign Affairs |
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