L’aumento del costo della vita negli Stati Uniti e l’inflazione iniziano a farsi sentire. Anche sui social impazza il nuovo hashtag #Bidenflation. Ecco cosa sta succedendo.
C’è già l’hashtag che impazza sulla Rete, #Bidenflation, «l’inflazione di Biden». Il presidente dovrà fare un miracolo per non trascinarselo fino nei libri di Storia quale marchio distintivo della sua presidenza. Come «stagflazione», la combinazione infausta di «stagnazione» e «inflazione», «zero crescita» e «costi alle stelle», che caratterizzò l’economia americana degli Anni ’70 e che è poi rimasta appiccicata a Jimmy Carter, il 39esimo presidente.
Bidenflation è ora termine obbligato, perché era stata la Casa Bianca a fare eco al governatore della Federal Reserve Jerome Powell, nel sostenere la teoria della «transitorietà» dei primi scatti inflazionistici della scorsa primavera. L’inflazione riguarda solo i «colli di bottiglia» che si sono creati in un paio di settori industriali, per esempio il mercato delle auto usate assalito dalla domanda eccezionale post-lockdown, aveva detto Powell. Tutto rientrerà nel corso dell’anno, ripeteva il governatore della Fed a ogni Comitato Aperto mensile sui tassi, e Biden annuiva. Oggi la coppia paga lo scotto di una previsione che è sempre più un sogno che sta svanendo, e Biden cercherà - invano - di fare di Powell il capro espiatorio, negandogli la riconferma del mandato in scadenza fra pochi mesi.
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L’inflazione è l’incubo per ogni amministrazione, perché la gente può anche non capire gli altri indicatori economici più sofisticati, ma l’aumento del costo della vita al supermercato e alla pompa di benzina lo avverte immediatamente. Con l’aggiunta del balzo dei costi del riscaldamento domestico, ora che si avvicina l’inverno, e dell’aumento degli affitti. Ottobre è stato un mese da annali, con un balzo dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) dello 0,9% dal mese precedente e del 6,2% dall’anno prima: un record che eguaglia quello di 31 anni fa.
Non sorprende che in ottobre sia aumentato anche l’indice dei prezzi alla produzione (PPI): per le materie prime è cresciuto del 22,2%, anno su anno, raggiungendo il massimo da 48 anni. Si deve tornare al novembre del 1974, con +23,4%, per trovare un aumento del PPI più alto anno su anno. L’inflazione ha riguardato anche i prezzi delle case: +11,9% nel secondo trimestre, secondo l’indice della Federal Housing Finance Agency. Dal 1979, solo il secondo trimestre del 2005 ha mostrato una crescita dei prezzi degli immobili altrettanto elevata.
Essendo aumentato per cinque mesi di fila l’indice dei prezzi al consumo al ritmo di oltre il 5% annuo, la tesi della transitorietà vacilla, per usare un eufemismo. Negli ultimi 12 mesi, ha calcolato il New York Post basandosi sui prezzi rilevati nei supermercati cittadini, le bistecche sono rincarate del 30,4%, le uova del 29%, la pancetta di maiale del 28%, il latte dell’8%, lo zucchero del 12,7%. Ma è il balzo della benzina che fa più male, e clamore, di tutti. Quella senza piombo, di base, costava a New York un anno fa, mediamente, 2,16 dollari al gallone (un gallone sono 3,785 litri) e oggi costa 3,39, ossia il 57% in più.
Il caro-vita pesa, e molto semplicemente le famiglie attribuiscono la colpa a chi governa il Paese. Proprio il boom della benzina ha costretto Biden a uscire allo scoperto. “Avevate mai pensato che avreste pagato così tanto per un gallone di benzina?”, il presidente ha chiesto commentando il rapporto del ministero del Lavoro sul balzo del costo della vita. Voleva trasmettere empatia con la gente ma è suonata come una presa in giro fuori luogo. Ha rivelato che il presidente non sa come funziona l’economia (interpretazione benevola). Oppure che è davvero convinto che la politica di chiudere le condutture di gas naturale e ostacolare l’energia fossile non abbia effetto sul prezzo della benzina. O ancora che inondare la società con raffiche di trilioni di dollari pubblici votati dal Congresso sia la cura giusta contro l’inflazione, mentre ne è la causa.
Biden, e la corte dei Democratici-Socialisti che lo controllano, con le due manovre per 6 trilioni che vogliono far passare, potranno solo ulteriormente gonfiare il “doppio rosso” federale: il deficit delle gestioni correnti e il buco del debito nazionale. E le finalità della maxispesa pubblica sono smaccatamente politiche e partigiane:
- a favore delle clientele del partito DEM, i sindacati del personale della scuola e del nuovo carrozzone in fieri dell’assistenza familiare;
- i progetti del Green New Deal, per foraggiare il nuovo establishment dei produttori di veicoli verdi sovvenzionati come la Rivian, la startup dei camion elettrici bollata dal WSJ bolla come «unicorno governativo»;
- l’ampliamento della platea di utenti degli istituti di welfare che già sono sulla strada della bancarotta (Medicare, Medicaid, Obamacare), con l’aggiunta di asili e università gratuiti (dai 6 anni alla maturità lo sono da sempre).
- L’effetto, lo sanno tutti, sarà un aumento delle tasse. Sia attraverso la via demagogica della introduzione di imposte ad personam ai 1.000 ricchissimi Paperoni - sapendo che, a parte la assai probabile incostituzionalità della misura, quei soldi non basteranno a coprire i piani faraonici di spesa chiesti da Biden e in discussione al Congresso. Sia attraverso la più odiosa delle tassazioni a carico di tutti, e soprattutto della gente comune della fascia media e bassa: l’inflazione.
La risposta “seria” di Biden, a parte la gaffe citata del ridicolo stupore nel commentare lo storico balzo dei prezzi, è stata disarmante. “Ho dato mandato al mio Consiglio Economico Nazionale di trovare i mezzi per cercare di ridurre questi costi, e ho chiesto alla Commissione Federale del Commercio di stroncare e punire ogni macchinazione sul mercato e ogni manipolazione dei prezzi”, ha detto al Paese il presidente USA. E ha fatto venire in mente il suo collega venezuelano Maduro, socialista maestro nello scovare “speculatori” e “affamatori” nel sistema, anziché governare rispettando le leggi basilari dell’economia.
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