Marine Le Pen ha buone chance di vincere al primo turno anche perché ha narrato la globalizzazione e l’integrazione UE come processi negativi per i meno abbienti. Ma cos’è la globalizzazione per la leader FN?
Per Marine Le Pen la globalizzazione che il mondo sperimenta da almeno un trentennio preoccupa per la sua doppia matrice:
- Globalizzazione economica e finanziaria incontrollata;
- Globalizzazione dell’immigrazione, da cui deriva (a parer suo) la piaga del fondamentalismo islamico.
Sebbene persistano grosse mistificazioni nell’argomentazione lepenista - l’associazione del terrorismo islamico all’immigrazione è avulsa da ogni realtà - la Leader ha spesso offerto un’interessante descrizione personale della globalizzazione, a suo dire gestita da élites nazionali e internazionali dalla dubbia vocazione sociale.
Se Marine Le Pen la spunterà sarà anche perché è riuscita a instillare nelle mente degli elettori che le fasce sociali meno abbienti non hanno guadagnato alcunché dal processo di globalizzazione, né dall’integrazione europea (che ritiene frutto dello stesso ceppo ideologico).
Cos’è la globalizzazione per Marin Le Pen?
Marine Le Pen ha fatto per anni della critica alla globalizzazione una sorta di cavallo di battaglia funzionale a raccogliere a sé gli scontenti (francesi) da questo processo.
Durante la campagna elettorale Le Pen ha stressato i punti di maggior sensibilità popolare come il lavoro e l’identità. Concetti che la globalizzazione, è risaputo, ha messo a dura prova.
Ora, secondo Marine Le Pen la globalizzazione - che, dichiara, "le élites volevano felice, invece è stata orrenda" - è essenzialmente un processo senza regole ripartito su due livelli:
- la globalizzazione dal basso, che riguarda la mondializzazione del problema migratorio e le conseguenze che questo ha sulla remunerazione del lavoro. In altre parole, per Le Pen l’immigrazione incontrollata spinge i salari al ribasso, causando così fenomeni di dumping. Inoltre, ritiene si annidi a questo livello la genesi dell’Islam radicale che ha colpito “materialmente e immaterialmente” la Francia;
- la globalizzazione dall’alto, che concerne la finanziarizzazione dell’economia e la fine, quindi, di un modus economico reale.
Le élites avrebbero poi trasformato la globalizzazione (e ogni sua declinazione) in un’inattaccabile ideologia “che rifiuta ogni limite e controllo”. Per Le Pen è evidente che questa sia del tutto incompatibile con i 4 pilastri della nazione e la loro preservazione:
- Le frontiere;
- La moneta;
- La giurisdizione sulle leggi nazionali;
- La conduzione degli affari economici.
Quindi, Le Pen ritiene che la globalizzazione minacci la Francia per almeno due ragioni: da un lato, con la globalizzazione economica e finanziaria, ha reso l’esistenza stessa un fattore commerciale. Dall’altro, con l’Islam radicale approdato in Francia in seguito all’ondata migratoria, ogni aspetto dello scibile umano diventa una questione religiosa.
Ancora, la globalizzazione nel suo complesso andrebbe vista, secondo Le Pen, come una sorta di totalitarismo dove ad una morte economica per “asfissia” (globalizzazione finanziaria) ne equivale una fisica, materiale (Islam radicale).
Destra e sinistra: per Marine Le Pen solo “utili idioti”
Marine Le Pen ha spesso compendiato l’establishment francese, Macron incluso, come una massa di “utili idioti” (formula in voga durante la guerra fredda per qualificare quegli occidentali che mostravano tendenze filo sovietiche) ossia un gruppo o più gruppi di persone a cui si recrimina di aver permesso che la Francia assecondasse le logiche della globalizzazione, divenendone una fiera paladina.
L’allusione è rivolta indistintamente alle forze moderate di destra e sinistra che fin dai tempi di Giscard d’Estaing avrebbero agevolato la globalizzazione dei valori e dell’economia francesi.
Alle forze politiche moderate, secondo Le Pen, si deve la demonizzione di chiunque osi mettere in discussione l’ordine costituito francese (ed europeo, più in generale) che dalla firma del Trattato di Maastricht si basa su tre libertà:
- Libertà di commercio;
- Libertà di circolazione;
- Libertà d’installazione.
Le Pen non nega queste tre libertà in quanto valori assoluti ma rigetta, così come il Front National nel suo complesso, l’autorità del mandante: un élites internazionale portatrice di una pseudo-expertise il cui unico interesse è trasformare ogni superficie sociale in un potenziale mercato.
Per Marine Le Pen, che più volte si è definita Repubblicana (attestazione di fede alla Repubblica francese, non alla destra gollista) le libertà sopra richiamate, di per sé innegabili, sono un pretesto dietro cui si cela un progetto ben preciso: quello di rendere l’umano a misura di mercato, dove possibile limitando le prerogative nazionali come la gestione delle frontiere (flussi migratori).
Marin Le Pen è un leader credibile?
Sebbene il nesso tra terrorismo e immigrazione sia vacuo e privo di fondo (la maggior parte degli attentatori che hanno colpito le capitali europee vivevano nell’ambiente su cui hanno infierito brutalmente), è credibile invece la lettura che Marine Le Pen dà della globalizzazione dall’alto, quella della finanziarizzazione dell’economia.
Colin Crouch, accademico la cui autorevolezza internazionale è direttamente proporzionale all’avversità che con ogni probabilità nutre nei confronti di leader della politica come Marine Le Pen, così scriveva qualche hanno fa:
"Le élites politiche ed economiche faranno tutto ciò che è in loro potere per difendere il neoliberismo in generale e la sua specifica forma imperniata sulla finanza. Quelle élites hanno tratto enormi vantaggi dalle disparità di ricchezza e potere create dal sistema dopo la fine dell’epoca socialdemocratica. [...] Il mercato [...] al contrario della politica, è amorale. Accetta qualsiasi finalità o forma di comportamento, purché finanziabile. Un pedofilo è inaccettabile solo se al verde".
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