Contratto a termine 2015: come cambia il tempo determinato con i il riordino dei contratti

Simone Casavecchia

18/06/2015

18/06/2015 - 11:53

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La definitiva emanazione del decreto legislativo del Jobs dedicato al riordino della disciplina contrattuale ha previsto poche ma consistenti novità relativamente al contratto a tempo determinato: ecco cosa cambia.

Contratto a termine 2015: come cambia il tempo determinato con i il riordino dei contratti

Con la definitiva approvazione del Decreto Legislativo del Jobs Act relativo al riordino della disciplina contrattuale, vengono approvate alcune novità di fondamentale importanza riguardo a molte tipologie contrattuali, attualmente esistenti.

Il contratto a termine, o contratto a tempo determinato, già recentemente ridefinito dal cosiddetto decreto Poletti, subisce un ulteriore perfezionamento che introduce poche ma consistenti novità.

Il contratto a tempo determinato, che ancora rimane una delle tipologie contrattuali più utilizzate, viene ridefinito nel capo III del provvedimento, negli articoli dal 17 al 27, in cui sono introdotte novità relative al periodo massimo di durata, alla durata in caso di successione dei contratti e ai limiti nelle percentuali di lavoratori contrattualizzabili con questa tipologia di rapporto. Altre novità possono essere richiamate riguardo alla sanatoria o condono, di cui potrebbero godere i datori di lavoro che decidono di convertire altre tipologie di rapporti in contratti a tempo determinato.

Durata del contratto a tempo determinato
Il limite massimo entro il quale è possibile applicare il contratto a tempo determinato rimane quello di 36 mesi rivisto però nel modo seguente.
Nei 36 mesi di durata massima del periodo di contratto a termine devono essere conteggiati i periodi di lavoro svolti presso la stessa azienda, a prescindere dalla mansione svolta. I compiti e le azioni che il lavoratore è tenuto a espletare, quindi, non hanno più importanza ai fini del calcolo dei 36 mesi massimi mentre, precedentemente, in questo periodo si calcolavano solo le mansioni equivalenti, con il conseguente rischio di replicare indebitamente i periodi di lavoro a termine.
Anche l’interruzione non ha più l’importanza che aveva prima: nel caso di rapporto con lo stesso datore di lavoro, infatti, il periodo massimo di 36 mesi viene calcolato a prescindere dai periodi di interruzione che possono intercorrere tra un contratto a tempo determinato e un altro.
Dopo il superamento del limite dei 36 mesi il contratto a tempo determinato il rapporto di lavoro deve essere necessariamente stabilizzato con contratto a tempo indeterminato.

Assunzioni a tempo indeterminato
Altro parametro che viene ridefinito è quello relativo al limite degli assunti a tempo determinato. Un’azienda può assumere, infatti, un numero massimo di dipendenti a tempo determinato pari al 20% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, al 1 Gennaio dell’anno in cui avviene l’assunzione, come già avveniva precedentemente, vengono però fornite importanti specifiche a questo criterio generale. In caso di assunzione nel corso dell’anno, il limite sarà definito basandosi sul numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione.
Vengono esclusi da questa limitazione i contratti a tempo determinato chiusi:

  • in fase di avvio di nuove attività, secondo le specifiche previste dai CCNL;
  • da imprese e start-up innovative, per i 4 anni successivi al momento della costituzione della società;
  • nelle attività stagionali;
  • per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
  • per sostituzione di lavoratori assenti;
  • con lavoratori di età superiore a 55 anni;

Il limite percentuale del 20% dei dipendenti a tempo indeterminato non si applica neanche nei casi delle università pubbliche o private, degli istituti di ricerca pubblici o degli enti di ricerca privati, dove gli assunti a tempo determinato sono chiamati a svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica e assistenza tecnica.
In caso di violazione del limite percentuale del 20%, se non è possibile trasformare i contratti interessati in rapporti a tempo indeterminato, si applica una sanzione amministrativa:

  • pari al 20% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a 1;
  • pari al 50% della retribuzione, per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a 1;

Sanatorie e condono
I decreti legislativi recentemente trasmessi alle Camere per i pareri non vincolanti, prevedono la possibilità di sanare le situazioni lavorative con inquadramento irregolare senza che i datori di lavoro subiscano sanzioni. In altri termini, nei casi di collaborazioni coordinate e continuative e di contratti con Partita IVA, utilizzati in luogo dei contratti a tempo determinato, sarà prevista una sanatoria, in base alla quale, se il lavoratore trasformerà quegli stessi rapporti di lavoro in contratti a tempo determinato, non subirà alcuna sanzione.

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