Contraccettivi gratis previsti dalla legge, ma solo alcune Regioni la applicano

Isabella Policarpio

15 Novembre 2018 - 14:37

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La legge italiana riconosce la contraccezione gratuita dal 1975 ma solo 5 regioni si sono adeguate. Per molti la contraccezione è ancora un lusso e la spesa grava soprattutto sulle donne. In Europa siamo tra gli ultimi posti in materia di educazione alla contraccezione.

Contraccettivi gratis previsti dalla legge, ma solo alcune Regioni la applicano

Da qualche giorno la regione Toscana ha approvato la delibera a favore della contraccezione gratuita per specifiche categorie di utenti: giovani dai 14 ai 25 anni e donne a basso reddito tra i 26 e i 45 anni. Lo scopo della delibera è combattere le malattie sessualmente trasmissibili e fornire ai giovani un’idonea educazione sessuale.

In pochi sanno che la contraccezione gratuita è prevista dalla legge italiana ma solo in 5 regioni i contraccettivi sono gratis o scontati fino al 50%: Puglia, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e dal 12 novembre Toscana.

Questo dato dimostra che il nostro Paese sul tema contraccezione è molto indietro rispetti agli altri Stati europei (come l’Inghilterra e la Svezia dove è completamente gratuita) e la cosa più sconcertante è che se ne parla troppo poco trascurando l’importanza dell’argomento: i contraccettivi gratis diminuirebbero le malattie sessualmente trasmissibili e il pericolo di gravidanze indesiderate, soprattutto tra i giovani i quali spesso rinunciano al sesso protetto proprio perché troppo costoso.

Cerchiamo di capire cosa prevede la legge italiano in materia di accesso alla contraccezione.

Contraccettivi gratis: cosa dice la legge

La contraccezione gratuita è prevista dalla legge: in realtà non esiste una normativa specifica sull’argomento «contraccezione» ma è possibile ricavare delle informazioni a riguardo nella legge n. 405 del 1975 che istituì i consultori familiari dove uomini e donne possono recarsi gratuitamente. Infatti all’articolo 4 di questa legge c’è scritto che tutte le prestazioni effettuate dai consultori e i prodotti farmaceutici relativi (come ad esempio spirali ed impianti contraccettivi sottocutanei) devono essere gratuiti. Nello specifico dice che:

L’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete l’assistenza sanitaria.

E aggiunge che:

Le altre prestazioni previste dal servizio istituito - i consultori - con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano.

Dunque nel 1975 il legislatore aveva riconosciuto l’importanza della contraccezione per evitare gravidanze indesiderate, scongiurare le malattie sessualmente trasmissibili e quindi tutelare la salute pubblica. Pertanto anche la contraccezione dovrebbe rientrare nella copertura del Servizio sanitario nazionale, come avviene in molti altri Paesi.

In realtà la scelta è stata rimessa ai Servizi sanitari regionali e solo 5 regioni hanno previsto la contraccezione gratuita o delle agevolazioni per le categorie di utenza più interessate: i minori e donne.

Per cui se non si ha la fortuna di risiedere in queste regioni, la contraccezione è tutt’altro che gratuita, anzi spesso è un lusso: la spesa per l’acquisto di preservativi, cerotti, pillole, spermicidi, spirali e altri metodi contraccettivi è totalmente a carico dell’utente, a svantaggio delle donne (poiché la contraccezione è soprattutto femminile, basti pensare alla pillola anticoncezionale) e dei minorenni che, vuoi per mancanza di soldi vuoi per l’imbarazzo di chiedere ai genitori di comprare i contraccettivi, scelgono di farne a meno, con gravi rischi per la salute.

Nonostante le petizioni portate avanti in questi anni (come ad esempio quella del movimento femminile “Non una di meno”) lo Stato rifiuta di affrontare il problema con serietà, subordinando la sicurezza e la salute di giovani e non ad altre questioni economiche.

Italia tra gli ultimi in Europa

Il rapporto dell’European Parliamentary Forum on Population and Development del 2017 ha presentato i dati sulla diffusione e sull’accesso alla contraccezione in 46 stati dell’Europa geografica, piazzando l’Italia solo al 26° posto.

Tra i primi in classifica in merito all’educazione sessuale e all’accesso alla contraccezione troviamo Francia, Regno Unito, Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Germania, Lussemburgo, paesi dove esistono rimborsi per diverse tipologie di contraccettivi e ci sono politiche per facilitare l’accesso alla contraccezione di giovani e donne a basso reddito, oltre a siti web sull’argomento.

L’Italia non compare nemmeno tra gli 11 Stati europei che hanno un sito istituzionale di informazione sull’educazione sessuale, sulle pratiche abortive e sui metodi contraccettivi.

La strada da fare per adeguarci agli standard europei è ancora molta.

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