Congedo obbligatorio per maternità: come funziona, regole in vigore nel 2014 e flessibilità

Valentina Brazioli

28 Luglio 2014 - 19:36

Congedo obbligatorio per maternità, come funziona? Parliamo, nello specifico, del periodo di assenza obbligatorio dal lavoro per le neo mamme. Quali sono le regole in vigore, e quali margini di flessibilità sono previsti? Scopriamolo insieme.

Congedo obbligatorio per maternità: come funziona, regole in vigore nel 2014 e flessibilità

Congedo obbligatorio per maternità, come funziona è una domanda che ogni donna, se lavoratrice, prima o poi finisce inevitabilmente con il porsi. Anche in questo 2014, tuttavia, non sono rilevabili grandi novità in termini di regole attualmente in vigore; piuttosto, come regolarsi in alcune situazioni particolari, se sorgono dei dubbi?

Congedo obbligatorio per maternità: quanto dura?

Innanzitutto, è opportuno ricordare che il congedo obbligatorio per maternità (altrimenti conosciuto come “astensione obbligatoria per maternità”) è un periodo di assenza obbligatorio che va da due mesi prima a tre mesi dopo il parto (o da un mese prima fino a quattro dopo).

Come comportarsi in caso di parto anticipato

Uno dei dubbi più frequenti riguarda il fatto il fatto che il parto, per sua natura, è un evento in genere non prevedibile secondo rigidi standard: è quindi possibile che la data indicata sul certificato di gravidanza presentato in azienda non venga, di fatto, rispettata. C’è il rischio di perdere i giorni di congedo? Assolutamente no: il sistema è bilanciato per venire incontro alle esigenze di madre natura, e se il bambino viene al mondo prima della data prevista il periodo viene riconosciuto alla donna in aggiunta ai mesi previsti per il post partum.

Cambia qualcosa in caso di parto gemellare?

No, mettere al mondo più figli con una sola gravidanza non moltiplica (né aumenta in nessun modo) i giorni di assenza previsti.

Cosa succede se il bambino ha bisogno di cure particolari o è ricoverato in ospedale?

In caso di ricovero del neonato la mamma ha di fronte a sé due strade: può scegliere di proseguire nel congedo, ricevendo così l’indennità Inps (oltre a eventuali integrazioni aziendali, se previste dal contratto collettivo), oppure può bloccare il periodo di congedo post partum e riprenderlo a partire solo dal giorno in cui suo figlio sarà dimesso. In quel lasso di tempo, però, perderebbe il diritto all’indennità e a possibili integrazioni salariali.

Spetta il congedo anche alle madri adottive o affidatarie?

Potrà forse sorprendere, ma la risposta è sì. Non trattandosi di un figlio biologico non esiste il diritto al periodo ante partum, ma a parte questo il congedo è riconosciuto interamente: se il minore è adottato o affidato in Italia spettano cinque mesi successivi all’ingresso del bambino in famiglia; se l’adozione o l’affidamento sono di stampo internazionale, sono riconosciuti cinque mesi di congedo a partire dall’ingresso del bimbo in Italia.

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