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di Glauco Maggi

Confini addio: Biden incoraggia i clandestini a venire negli USA

Glauco Maggi

2 maggio 2022

Confini addio: Biden incoraggia i clandestini a venire negli USA

L’abolizione del Titolo 42 sembra essere più una certezza che un’ipotesi. Ma quali conseguenze potrebbe comportare?

Oltre 2,2 milioni di migranti sono stati fermati al confine meridionale dal febbraio 2021, il primo mese della presidenza Biden. Tra questi, per aggiungere l’aspetto del rischio sulla sicurezza a quello legale, sociale ed economico del fenomeno dell’immigrazione incontrollata, oltre una ventina delle persone intercettate erano nella lista Fbi dei sospetti terroristi. Il record degli arrivi sarà polverizzato quest’anno. Nei tre mesi recenti il ritmo degli arresti ha sempre superato la soglia dei 200mila al mese, e all’orizzonte c’è l’abolizione del cosiddetto Titolo 42. È, questa, la misura introdotta nel marzo 2020 dal governo Trump, attraverso il CDC (Centro per il Controllo delle Malattie), che consentiva alle autorità Usa di frontiera di respingere almeno una parte dei clandestini appena fermati con la motivazione di proteggere l’America contro il Covid.

Joe Biden, mesi fa, aveva stabilito che l’ora X per la fine del provvedimento scattasse il 23 maggio, ma alcuni giorni fa un giudice federale ha temporaneamente fatto slittare la data per una causa promossa da diversi governatori repubblicani. Quando il Titolo 42, alla fine, non sarà piu’ applicato - e il CDC di Biden ne ha tutte le intenzioni, e lo farà - quel giorno diventerà la data simbolica della Caporetto 2022 di Biden nella battaglia contro gli ingressi illegali.

Abolire il Titolo 42 sarà come gettare benzina sul fuoco, poiché non ci sarebbe più nemmeno questo filtro burocratico-sanitario che nella stagione del coronavirus ha sicuramente scoraggiato chissà quanti aspiranti irregolari dal tentare l’avventura dell’ammissione, oltre a permettere un numero notevole di espulsioni. L’agenzia governativa CBP per le dogane e i varchi alla frontiera (Customs and Border Protection) prevede che quando il Titolo 42 sarà eliminato il numero degli arrestati schizzerà a una media di 18mila al giorno, ben oltre il doppio degli 8mila registrati negli ultimi mesi: da notare che il livello di massima accoglienza che può essere assorbito normalmente dalle strutture logistiche e dal personale CBP è stimato in 5.000 migranti irregolari. Nelle prime sei settimane dopo l’abolizione, l’effetto “via libera senza espulsioni” potrebbe produrre fino a un milione di arrivi, ipotizza una proiezione dell’agenzia frontaliera.

La prova dell’effetto elettoralmente suicida della morte del Titolo 42 viene dal numero crescente di parlamentari Democratici, impegnati nella campagna per la loro rielezione, che stanno facendo pressioni sul presidente affinchè posponga la cancellazione del Titolo 42 almeno oltre le urne di novembre. Il senatore Democratico dell’Arizona Mark Kelly è tanto consapevole del rischio di non essere confermato per colpa dei troppi clandestini entrati nel suo Stato da criticare apertamente la politica del ministro della Sicurezza Alejandro Mayorkas: “Abbiamo ora una crisi al nostro confine meridionale, e questa amministrazione non ha un piano”, ha denunciato Kelly. “Li avevo avvisati mesi fa, e ancora non hanno un programma per come fronteggiare i numeri in crescita. E presto ci sarà, lo dico per onestà, una crisi sopra la crisi”.

L’allusione ovviamente è all’eliminazione del Titolo 42, che spaventa anche altri senatori Democratici favorevoli al suo mantenimento: Krysten Sinema dell’Arizona, Joe Manchin della West Virginia, Raphael Warnock della Georgia, Catherine Cortez Masto del Nevada, Jon Tester del Montana e Maggie Hassan del New Hampshire hanno tutti rilasciato dichiarazioni allarmate. Hassan, pur essendo rappresentante di uno Stato sulla Costa nord-orientale, ha addirittura fatto recentemente ben tre visite alla frontiera con il Messico per mostrare al proprio elettorato di essere sensibile al problema degli irregolari. Alla Camera, alcuni deputati Democratici (Tom O’Halleran e Greg Stanton dell’Arizona, Jared Golden del Maine, Stephanie Murphy della Florida, Chris Pappas del New Hampshire) si sono persino uniti ad un gruppo di Repubblicani e hanno firmato una proposta di legge bipartisan sul Titolo 42, mentre un altro gruppo ha chiesto a Biden di ripensarci.

Alle elezioni di medio-termine l’immigrazione giocherà un ruolo importantissimo, secondo solo all’inflazione e al prezzo della benzina alla pompa, perché non soltanto gli stati di confine sono immediatamente colpiti dai flussi di irregolari. La stampa ha documentato che l’amministrazione Biden sta distribuendo in tutto il paese gli immigrati senza documenti: costoro dovrebbero poi presentarsi nei tribunali per ottenere il permesso di asilo, ma solo una minoranza lo fa, mentre il grosso diventa “americano di fatto”. Così grava sui bilanci locali, godendo comunque dei servizi di assistenza, scolastici, e sanitari. Nello Stato di New York hanno fatto scalpore, e sono diventati un tema di propaganda dei candidati repubblicani al Congresso e alla carica di governatore, foto e filmati che mostrano le file degli immigrati scesi di notte dalla scaletta degli aerei-charter in uno scalo secondario, nell’Hinterland di New York City. In altri Stati, i migranti arrivano con i bus federali direttamente dalla frontiera e le comunità devono assorbirli per forza.

Il governatore del Texas, Greg Abbott, repubblicano, ha inscenato una protesta simbolica. Nelle recenti settimane ha spedito nella capitale Washington DC, con vari bus della Guardia Nazionale texana, oltre un centinaio di immigrati che erano stati ammessi alla procedura di asilo dalla amministrazione federale, ed erano stati destinati al Texas: “La decisione di mettere sui bus (verso Washington ) le persone illegali ma lasciate libere nelle nostre comunità alla frontiera è stata presa per alleviare lo stress che viene caricato sui cittadini che vivono lungo i confini”, ha detto Abbott commentando la sua iniziativa. “Il governo federale vuole sempre più clandestini? Eccovene un campione”, è il messaggio-provocazione di Abbot.

Lo scontro con Biden dei Repubblicani e dei Democratici moderati sulla questione dei clandestini è frontale. Ma non è più, diversamente da un passato anche vicino, una lite politica su una possibile riforma concordata per dare al paese i modi e i mezzi per gestire la crisi. Mark Krikorian, direttore esecutivo del Center for Immigration Studies (organizzazione di ricerca indipendente, non partisan, non profit, fondata nel 1985 per studiare le questioni legate all’immigrazione) ha scritto in un editoriale sul New York Post del 27 aprile che “l’amministrazione Biden si è opposta alle misure che potrebbero affrontare con successo il problema. Il presidente DEM è contro la norma ‘Rimani in Messico’ (stipulata da Trump con quel governo) che serviva a parcheggiare gli aspiranti immigrati in quel paese durante la procedura di ammissione; è contro l’incarcerazione degli irregolari; è contro le deportazioni degli illegali; è contro l’uso dei monitor alle caviglie per sapere dove sono i migranti se non si presentano in tribunale per la pratica del visto. Per la Casa Bianca il problema non è la immigrazione illegale, ma il come nasconderla”. E ancora: “Un balzo degli ingressi al confine è OK per Biden e il suo staff. Ciò che temono è come la crisi appaia agli occhi del pubblico: il disordine che aumenta; la folla nei centri di raccolta; la foto delle migliaia di haitiani accampati sotto il ponte a Del Rio in Texas lo scorso autunno”.

Un sondaggio Rasmussen, a conferma di questa tesi, ha rivelato che il 51% degli americani è convinto che Biden stia attivamente e consapevolmente incoraggiando l’immigrazione illegale. Ecco perché dal già scarso 40% di approvazione del marzo 2021 sul tema specifico dell’immigrazione illegale - in febbraio, appena insediato, il neopresidente aveva emesso i primi ordini esecutivi per ribaltare le misure restrittive di Trump, tra cui lo stop alla costruzione del Muro -, Biden è ora al 35,3%, con il 57,3% che lo boccia: un gap di 22 punti che sarà amplificato dagli effetti della fine del Titolo 42.

Glauco Maggi

Giornalista dal 1978, vive a New York dal 2000 ed è l'occhio e la penna italiana in fatto di politica, finanza ed economia americana per varie testate nazionali

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