Cina nella trappola della strategia zero-Covid: Pil arretra nelle stime

Violetta Silvestri

18 Maggio 2022 - 15:36

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La crescita del 5,5% auspicata dal Governo cinese per il 2022 sembra sempre più lontana. Impantanato nella severa politica zero-Covid, il dragone affonda e Goldman Sachs taglia le stime.

Cina nella trappola della strategia zero-Covid: Pil arretra nelle stime

Gli analisti di Goldman Sachs mercoledì hanno tagliato le loro previsioni per il Pil cinese, dopo che i dati di aprile hanno mostrato un calo della crescita a causa dei controlli contro il Covid-19 che hanno limitato l’attività commerciale.

Le misure severe della strategia zero-contagi hanno fatto precipitare l’attività economica, con le vendite al dettaglio in calo dell’11,1% su base annua ad aprile e la produzione industriale in calo del 2,9%, secondo i dati ufficiali pubblicati questa settimana.

La Cina appare in difficoltà e il target di crescita del 5,5% per l’anno in corso sembra allontanarsi.

Goldman Sachs taglia la crescita della Cina: i motivi

La Cina può crescere intorno al 4% nell’anno in corso: queste le previsioni di Goldman Sachs, peggiorate rispetto al precedente 4,5%.

Il danno economico apportato dalla lotta al Covid è stato il principale motore di questo aggiornamento al ribasso. Tale previsione presuppone che ci sarà un significativo sostegno del Governo, oltre alle misure per stabilizzare il mercato immobiliare e controllare i focolai di Covid.

Da marzo, la Cina continentale ha lottato per contenere la sua peggiore epidemia di coronavirus in due anni. In particolare, la metropoli di Shanghai ha iniziato solo questa settimana a discutere della ripresa delle normali attività, con l’obiettivo di allentare a metà giugno.

Tra i dati deboli di aprile, gli analisti di Goldman hanno indicato un calo delle vendite di abitazioni, la metà della crescita del credito prevista dai mercati e un debole 0,9% dei prezzi al consumo esclusi cibo ed energia rispetto a un anno fa.

C’è stato anche un rallentamento inaspettato della produzione industriale e un calo peggiore del previsto, dell′11,1%, nelle vendite al dettaglio rispetto a un anno fa.

Le esportazioni, uno dei principali motori della crescita, sono aumentate del 3,9% ad aprile rispetto all’anno precedente, il ritmo più lento dall’aumento dello 0,18% nel giugno 2020.

“I dati deboli evidenziano la tensione tra l’obiettivo di crescita della Cina e la politica zero-Covid”, hanno affermato gli analisti di Goldman.

Ora ci si aspetta che la riapertura non inizi prima del secondo trimestre del 2023 e che il processo sia più graduale e controllato di quanto precedentemente ipotizzato, secondo gli analisti.

“Questo è il motivo per cui la nostra previsione di crescita del Pil per il 2023 aumenta solo di un quarto di punto al 5,3% (contro il 5,0% in precedenza) nonostante la revisione al ribasso di mezzo punto delle previsioni di crescita per l’intero anno 2022”.

Da ricordare che lunedì, Citi, che aveva una delle più alte previsioni sulla Cina, ha ridotto le sue prospettive di crescita al 4,2% dal 5,1%.

Pochi giorni prima, JPMorgan aveva abbassato la sua stima al 4,3% dal 4,6%. Morgan Stanley ha tagliato il suo obiettivo a fine aprile al 4,2% dal 4,6%.

Quanto sta costando la lotta al Covid alla Cina

A testimonianza del peso economico che la strategia di massimo controllo dei contagi sta avendo in Cina, Financial Times offre uno sguardo su cosa sta accadendo nella nazione.

I governi locali cinesi a corto di liquidità sono stati costretti a dirottare fondi dalla riduzione della povertà e dalle infrastrutture per finanziare i test di massa del coronavirus, con la politica zero-Covid del presidente Xi Jinping che causa crescenti tensioni finanziarie.

La banca giapponese Nomura ha affermato che testare ogni 48 ore su base permanente costerebbe fino all’1,8% del Pil cinese.

Oltre alla stretta sul budget, gli esperti hanno affermato che non era chiaro quanto fossero efficaci le misure di test nel frenare la trasmissione del virus.

L’obbligo di eseguire i test potrebbe costare fino a Rmb1.7tn ($ 250 miliardi), o il 9% del reddito fiscale cinese nel 2021, all’anno, secondo Dongwu Securities.

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