Chi è Manuel Lopez Obrador, nuovo presidente del Messico

Stefania Manservigi

02/07/2018

02/07/2018 - 10:41

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Andrés Manuel López Obrador è il nuovo presidente del Messico; i messicani, stanchi di un Paese stremato da corruzione e criminalità, hanno deciso di affidarsi al populista Amlo.

Chi è Manuel Lopez Obrador, nuovo presidente del Messico

Andrés Manuel López Obrador, leader della sinistra messicana, è stato eletto nuovo Presidente del Messico.

Meglio conosciuto con la sigla Amlo, il leader ha ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni del Messico, come tra l’altro previsto dai sondaggi politici.

Nel dettaglio, Obrador ha ottenuto oltre il 53% dei voti, prevalendo su Ricardo Anaya (22%) che guidava una coalizione di destra-sinistra con il PAN e il PRD; al terzo posto, invece, si colloca Meade, candidato premier con lo schieramento che ha governato negli ultimi sei anni in Messico, a conferma che i messicani - stremati da criminalità e corruzione - hanno deciso di cambiare affidandosi ad Obrador e al suo movimento Morena.

Populista e di sinistra, Andrés Manuel López Obrador si è schierato contro la corruzione e a favore della ridistribuzione delle risorse; nemico delle èlite di potere, dei “privilegi” e dei “raccomandati” e al contempo intenzionato a fornire ai giovani delle alternative al mercato della droga, il nuovo presidente del Messico si colloca agli antipodi di quelle che erano le posizioni del suo predecessore, Enrique Peña Nieto.

Ma chi è Andrés Manuel López Obrador? Da dove nasce il suo consenso e perché fa tanta paura alla comunità internazionale? Scopriamolo.

Chi è Andrés Manuel López Obrador

Andrés Manuel López Obrador ha 64 anni, ma la capacità di adottare un modo di comunicare molto giovanile.

Nonostante si presenti come una persona estranea alla politica, la sua storia personale testimonia il contrario.

Nato in una famiglia di negozianti nello stato di Tabasco a Tepetitán, da ragazzo con la famiglia si trasferì prima a Villahermosa per poi arrivare a Città del Messico, dove ha studiato Scienze politiche nella principale università pubblica del paese.

È proprio a Città del Messico che López Obrador inizia a occuparsi seriamente di politica: prima nel PRI, poi avvicinandosi a un gruppo separatista di sinistra guidato dal figlio di Lázaro Cárdenas (ex militare e ex presidente del Messico). Nel 2000 viene eletto sindaco di Città del Messico, incarico questo che gli conferisce una certa popolarità anche a livello nazionale: durante il suo mandato, infatti, Amlo va in ufficio con la sua vecchia Nissan, arriva prima dell’alba, si dimezza il proprio stipendio, governa spesso attraverso decreti, ma, al contempo, dimostra anche di essere in grado di scendere a compromessi.

Nel 2006 e nel 2012 si candida alle presidenziali perdendo in entrambi i casi; proprio nel 2006, dopo la discussa sconfitta conseguita con uno scarto dello 0,5% che fa pensare alla possibilità di brogli, Amlo fonda MORENA (Il Movimento di Rigenerazione Nazionale) che si pone l’obiettivo di riunire tutti coloro che vogliono un cambiamento.

Da dove nasce la vittoria

Il punto di forza di López Obrador è sicuramente quello di saper parlare in modo semplice alla gente.

Durante i suoi comizi ripete spesso slogan, utilizza le rime e promette senza mezze misure:

«Un governo sobrio e austero, un governo senza privilegi».

Amlo si è schierato apertamente contro la corruzione e la politica del privilegio, esortando le persone a creare osservatori presso i seggi per evitare frodi.

López Obrador è consapevole dei problemi interni del Messico, vuole sconfiggere la violenza aiutando i poveri e fornendo alternative al narcotraffico ai giovani. Tra le promesse del nuovo presidente del Messico ci sono anche la volontà di incoraggiare l’economia nelle comunità rurali, raddoppiare le pensioni, mettere Internet gratis nelle scuole di tutto il paese e negli spazi pubblici. Nessun accenno su come trovare le risorse per mettere in atto queste misure: secondo Amlo, infatti, “non è un problema, perché i soldi ci sono”.

López Obrador non viaggia in aereo, cammina per strada disarmato ed abbraccia la gente. È visto come una sorta di Messia in grado di sconfiggere i problemi che dilaniano il Messico da anni.

Ad aver accresciuto il consenso nei suoi confronti è stata sicuramente anche la politica adottata da Trump: le scelte politiche del presidente americano sull’immigrazione proveniente dal Messico, la costruzione di un muro e sui dazi hanno infatti rinvigorito la sinistra messicana, favorendo la nascita di un governo ostile agli Stati Uniti.

Nord e Sud del Messico

La base forte del consenso a Andrés Manuel López Obrador si trova sicuramente nel sud del Paese, dove la maggioranza della popolazione è indigena e dove l’economia agricola è stata devastata dalle importazioni di prodotti alimentari statunitensi.

Tuttavia anche nel più conservatore Nord López Obrador è riuscito a strappare consensi facendo campagna elettorale con Alfonso (Poncho) Romo, un ricco uomo d’affari che è servito a fare da ponte, e riuscendo a mediare tra le varie esigenze delle fasce della popolazione: se ai lavoratori López Obrador ha promesso l’aumento degli stipendi, ora agli uomini d’affari ha rilanciato promettendo di non aumentare le tasse sul carburante, sulle medicine o sull’elettricità, e giurando che non avrebbe mai confiscato le loro proprietà.

Sempre per il Nord del Messico ha proposto di istituire una zona duty-free di trenta chilometri lungo tutto il confine settentrionale e di ridurre le tasse per le imprese che vi costruiranno delle fabbriche.

Perché fa paura?

Mentre il leader populista della sinistra messicana ha trionfato in Messico strappando consensi in maniera trasversale da nord a sud, la comunità internazionale guarda alla sua possibile vittoria con timore.

A spaventare più di tutto è sicuramente lo spiccato populismo di López Obrador, unito al grande consenso che si porta dietro.

Secondo molti osservatori, infatti, il suo partito ottenendo sia la presidenza che la maggioranza al Congresso andrebbe a modificare la composizione della Corte Suprema. In questo modo López Obrador potrebbe avere la possibilità di avere un controllo anche sulle altre istituzioni e sui media, andando quindi ad ostacolare la democrazia del Messico.

La paura, per chi osserva la situazione messicana con scetticismo, è che la probabile vittoria di López Obrador possa trasformare il Messico in un nuovo Venezuela in quello che, di fatto, potrebbe essere stato il più grande plebiscito della storia centroamericana.

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