Perché si agita la guerra civile? Puigdemont ha fatto appello alla resistenza democratica contro l’articolo 155. Le ragioni dell’indipendenza tra storia, economia e prelievo fiscale.
Dalla Tv3 di Barcellona Carles Puigdemont ha dichiarato che non accetterà il commissariamento della Generalitat come impone l’articolo 155 approvato dal Senato di Madrid quasi in contemporanea alla proclamazione della Repubblica della Catalogna dal parlamento catalano, venerdì 27 ottobre alle ore 15,28.
Puigdemont non ha convocato le elezioni per eleggere l’Assemblea costituente mentre Rajoy le ha convocate per il 21 dicembre per eleggere un nuovo consiglio regionale. La campagna elettorale durerà solo 15 giorni, situazione che denota davvero un golpe - probabilmente hanno già pronti i candidati, che in democrazia invece vengono scelti con una selezione obiettivamente pubblica, sempre all’interno delle forze politiche.
Intanto continuano le tensioni in Catalogna, salite di tono con la manifestazione di domenica: a Barcellona un corteo ha chiesto l’unità della Spagna dopo il voto di venerdì che ha proclamato la Repubblica e ha chiesto anche la destituzione e l’arresto del presidente della Catalogna, Carles Puigdemont.
In Catalogna al momento nessuno sa come si procederà ma si colgono valutazioni davvero discordanti con interpretazioni diverse. Una di queste ritiene che possa esserci una di sorta di guerra civile tra cittadini che hanno salutato con applausi la proclamazione della Repubblica e quelli che invece vogliono continuare ad essere governati dal governo spagnolo e quindi da una monarchia ereditaria.
Consideriamo che questa Repubblica è stata proclamata nella fase attuale di pace ed è stata proclamata in un paese dell’Unione europea. La dichiarazione della Repubblica è basata sulla democrazia e non sullo scontro bellico. Purtroppo i messaggi lanciati dai partiti unionisti non fanno cogliere questa scelta che è stata fatta dal parlamento catalano e si stanno agitando una serie d’interpretazioni di opinioni con un linguaggio ordinario davvero fuori le righe. Al riguardo Puigdemont nel suo discorso in Tv3 è stato molto chiaro. Ecco cosa ha detto:
La nostra volontà è continuare a lavorare per costruire un Paese libero. Il modo migliore di reagire per difendere le conquiste è una opposizione democratica all’articolo 155.
Chiedo pazienza, perseveranza e prospettiva. Dobbiamo preservarci da repressione e minacce senza abbandonare mai un atteggiamento civico e pacifico. Non vogliamo la ragione della forza. In una società democratica sono i Parlamenti a scegliere i governi. Ieri abbiamo vissuto una giornata storica.
Il vice presidente del governo catalano Oriol Junqueras ha denunciato come sia in atto un colpo di Stato contro la Catalogna e in un editoraile sul quotidiano "El Punt Avui" ha detto:
Carles Puigdemont è e resterà il presidente del paese e Carme Forcadell è e resterà la presidente del parlamento, tutto ciò almeno fino a quando i cittadini decideranno altrimenti con elezioni libere.Ci potranno essere momenti di incertezza, dubbio o contraddizione tra quello che vogliamo e il modo che abbiamo scelto in ogni fase di raggiungerlo. Bisogna ricomporre le forze e la strategia, e, perseverare sempre.
Il ministro catalano Josep Rull, il primo a reagire pubblicamente dopo la destituzione del Governo da parte di Madrid con un Twitter ha detto:
La Catalogna non si ferma. Andiamo avanti.
E ancora di lui, l’agenzia Efe ha riportato:
Il Governo catalano ha deciso interventi per la rete stradale per 9,5 milioni di euro.
Questa Repubblica è stata proclamata con 754 sindaci su 947 comuni, con una parte dei "Mossos d’Esquadra" e con una parte dei funzionari pubblici supportati da centinaia di migliaia di persone che da cinque anni scendono in piazza per reclamare l’indipendenza. Di contro, la “Catalogna spagnola” ha la polizia, l’esercito e il 52% degli elettori catalani nel 2015 che volevano votare in un referendum ma non l’hanno fatto perché chiaramente almeno una non vuole che la Catalogna sia una Repubblica.
Ecco perché le tre “P” di Puigdemont, Pazienza, Perseveranza e Prospettiva, sono importanti. Naturalmente mentre per le prime due sono alquanto chiare e i processi al riguardo sono in corso per la terza, la “prospettiva”, al momento si sta nel buio. Presentare le ragioni dell’indipendenza obiettivamente storiche e di economia penso che possa essere di aiuto.
Le ragioni dell’indipendenza catalana
I catalani sono diversi dai spagnoli su varie tematiche ma le ragioni fondamentali che hanno guidato i processi ancora in atto dell’indipendenza non sono solo culturali anche se pesano molto anche per la lingua catalana è diversa da quella spagnola. Si coglie un intreccio complesso che caratterizza la questione catalana che presenta situazioni sia a livello di storia e sia in considerazione dei processi che hanno caratterizzato ha la sua economia che è anche legata al prelievo fiscale che gioca un ruolo non indifferente. Vediamo queste motivazioni nei particolari.
La Storia
Con la guerra di successione spagnola nel 1714 con la vittoria di Filippo V nella Catalogna e in tutta la Corona d’Aragona si ha la perdita dell’autonomia con un accentramento verso la corona di Castiglia; successivamente la Catalogna recupera e riperde varie volte vari gradi di autonomia fino alla dittatura di Francisco Franco, nel 1939, che dichiara anche illegale l’uso delle lingue regionali, tra cui il catalano; nel 1934 il presidente catalano Lluis Companys dichiara lo stato catalano; il governo repubblicano spagnolo sospende l’autodisciplina catalana e il governo locale finisce in manette e fucilato nel 1940.
Dopo la morte di Franco, la Catalogna votò favorevolmente per la nuova Costituzione e divenne una delle Comunità Autonome all’interno della Spagna però da allora l’indipendentismo dei catalani non ha avuto riconoscimenti né durante la transizione democratica e né nei decenni successivi e ci sono sempre state tensioni con il governo spagnolo tanto che gli indipendentisti considerano l’11 settembre un giorno di festa nazionale, la "Diada Nacional de Catalunya", come è riconosciuto nel suo statuto di autonomia; si ricorda la data della sconfitta del 1714 e la resa di Barcellona all’esercito franco-castigliano di Filippo V di Spagna.
Nel 1979, quattro anni dopo la morte di Franco, fu approvato il nuovo statuto dell’autonomia catalana che riconosceva la Catalogna come una comunità autonoma della Spagna ma rimase in vigore fino al 2006, quando fu approvato un nuovo statuto che garantiva alla “nazione” catalana maggiori poteri, soprattutto in campo finanziario; nel 2010 il Tribunale costituzionale spagnolo dichiarò l’incostituzionalità di diversi articoli del nuovo statuto, tra cui quello in cui la Catalogna veniva definita una “nazione”.
L’economia
La globalizzazione ha ampliato gli sbocchi commerciali per le imprese catalane che non dipendono più dal solo mercato spagnolo ma la crisi economica del 2008 ha peggiorato molto lo Stato Sociale e senza pagare tasse alte alla Spagna, la Catalogna starebbe meglio con migliori servizi e investimenti. I taglia al alla spesa sociale in generale hanno fatto crescere i livelli di precarietà con problemi sociali dei quali non si intravvedono soluzioni.
Prelievo fiscale
Come le altre Comunità, con l’eccezione dei Paesi Baschi, la Catalogna incassa l’imposta patrimoniale e di successione (a Barcellona altissima), la tassa sugli alcolici, il 50% dell’Iva e una quota variabile dell’Irpef. La Catalogna è la terza Regione spagnola per reddito pro capite di Spagna e contribuisce per il 20% del Pil nazionale, seconda dietro alla regione di Madrid. I catalani versano alle casse dell’erario spagnolo più di quanto ricevono. Il deficit fiscale è pari a circa l’8% del Pil regionale.
Gli unionisti contestano il dato del deficit fiscale e lo collocano a seconda degli anni tra il 2 e il 6%. C’è da chiedersi: se è così - almeno per loro s’intende - perché sono tanto contrari all’indipendenza della Catalogna?
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