Cassazione: l’INI-PEC non vale per le notifiche. Ancora confusione sul processo telematico

Isabella Policarpio

04/03/2019

06/03/2019 - 08:48

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Nonostante la legge lo preveda espressamente, per la Corte di Cassazione la notifica all’indirizzo INI-PEC è nulla. I dettagli della decisione.

Cassazione: l’INI-PEC non vale per le notifiche. Ancora confusione sul processo telematico

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 3709 dell’8 febbraio 2019 (in allegato) afferma che la notifica effettuata dal difensore è valida solo se perviene all’indirizzo PEC del destinatario risultante dal Registro generale degli indirizzi elettronici, mentre è priva di efficacia la notifica effettuata all’indirizzo PEC risultante dall’INI-PEC, ovvero l’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica.

Dunque, secondo i giudici della Corte Suprema, la notifica all’indirizzo INI-PEC si deve considerare nulla.

Si tratta, tuttavia, di una qualificazione erronea che mortifica i principi del processo telematico e va contro quanto stabilito dall’articolo 16 della legge n. 221 del 2012.

La notifica all’indirizzo INI-PEC è nulla: la confusione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha recentemente pronunciato una sentenza che, ancora una volta, crea non poca confusione in tema di norme sul processo telematico.

Nella sentenza numero 3709 dell’8 febbraio 2019 (in allegato) i giudici della Corte hanno qualificato come priva di efficacia la notifica effettuata dal difensore all’indirizzo INI-PEC (Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata) del destinatario; ne deriva che la notifica in questione si dovrebbe qualificare come nulla.

In altre parole, la Corte di Cassazione crea una disparità di qualificazione con la notifica recapitata all’indirizzo PEC risultante dal Registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE), la quale, invece, è pienamente valida ed efficace.

Gli ermellini hanno commentato la decisione come segue:

Il domicilio digitale previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest’ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicchè la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile - a seconda dei casi - alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)

Si tratta evidentemente di un errore, anche piuttosto grossolano: sembra che i giudici abbiano dimenticato che il pubblico elenco INI-PEC è espressamente indicato come elenco valido ai fini della notifica dalla legge n. 53 del 1994. Molto probabilmente, la Cassazione ha confuso l’elenco INI-PEC con quello IPA, cioè l’Indice delle pubbliche amministrazioni, il quale dal 2014 non viene più considerato un elenco valido per acquisire l’indirizzo di posta certificata del destinatario in caso di notifica. Tale modifica risale alla riforma dell’articolo 16 ter della legge n. 221 del 17 dicembre 2012.

Infatti, secondo le disposizioni vigenti e salvo quanto previsto dall’articolo 366 del Codice di procedura penale, nei casi in cui la legge ammette che le notifiche di atti in ambito civile possano essere eseguite ad istanza di parte alla cancelleria dell’ufficio giudiziario, il difensore può procedere alla notifica via PEC e INI-PEC, sempre che la notifica in cancelleria sia possibile per causa non imputabile al destinatario.

Corte di Cassazione, sentenza n. 3709/2019
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