Buco dell’ozono anomalo si è aperto sull’Artico: ecco cosa sta succedendo

Marta Tedesco

8 Aprile 2020 - 15:21

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Un buco dell’ozono da record si è aperto sopra l’Artico. Secondo gli studiosi, i valori dell’ozono al Polo Nord non erano mai stati così bassi. Ecco cosa sta succedendo.

Buco dell’ozono anomalo si è aperto sull’Artico: ecco cosa sta succedendo

Negli ultimi tempi si sta verificando un insolito fenomeno sui cieli dell’Artico: si è aperto il più grande buco dell’ozono registrato fin ora al Polo Nord. Secondo gli esperti, questa forte riduzione delle concentrazioni di ozono sarebbe dovuta a un freddo anomalo e al vortice polare.

Non è la prima volta che sentiamo parlare di buco nell’ozono, ma quello ormai noto per la sua pericolosa estensione si forma ogni anno in corrispondenza dell’Antartide e durante tutta la stagione autunnale. Markus Rex, fisico dell’atmosfera dell’Istituto Wegner di Potsdam, ha spiegato che verso la fine di marzo 2020 è stata registrata una diminuzione dell’ozono di circa il 90% a 18 chilometri di quota, “un valore che non avevamo mai visto prima al Polo Nord” ha svelato lo studioso.

Buco nell’ozono da record nell’Artico: ecco perché

I ricercatori tedeschi dell’Istituto Wegner di Potsdam sono stati i primi a rilevare una forte riduzione delle concentrazioni di ozono in corrispondenza dell’Artide. Il dato in seguito è stato confermano dagli scienziati del German Aerospace Center (DLR), che ora monitorano la situazione con lo strumento Tropomi, integrato nel satellite Copernicus Sentinel-5P.

Secondo gli studiosi, il buco dell’ozono da record in corrispondenza del Polo Nord è causato da condizioni atmosferiche insolite. Pare che le temperature di congelamento nella stratosfera abbiano ridotto i livelli del gas in maniera massiccia, provocando un buco nello strato atmosferico. Diego Loyola, ricercatore del Centro aerospaziale tedesco, ha descritto dettagliatamente cosa è accaduto: “i forti venti che fluiscono intorno al Polo Nord hanno intrappolato l’aria fredda nel cosiddetto ’vortice polare’ e alla fine dell’inverno polare, la luce in Artico ha provocato una deplezione di ozono insolitamente forte, causando un assottigliamento dello strato del gas”.

Buco nell’ozono al Polo Nord: quando si richiuderà?

Loyola ha spiegato che in passato sono già stati individuati piccoli buchi nel Polo Nord, eppure quest’anno la riduzione appare più sostanziosa del solito. Il buco si estende infatti per circa un milione di chilometri quadrati. Lo scienziato tende comunque a precisare che questa falla è di molto ridotta rispetto alla voragine presente al Polo Sud. Essa infatti si estende “per circa 20-25 milioni di chilometri quadrati con una durata media di 3-4 mesi”.

Secondo gli esperti il buco nell’emisfero settentrionale, considerata la sua collocazione, non risulta pericoloso per la salute degli uomini. In più si prevede che molto probabilmente è destinato a chiudersi in poche settimane da ora, verso metà aprile.

Il buco dell’ozono oggi

In generale, per quanto riguarda la salute dell’ozono, ci sono buone notizie. Claus Zehner, responsabile della missione Esa Copernicus Sentinel-5P, ha parlato dei dati raccolti con il Tropomi circa i livelli di ozono della stratosfera. Dalle analisi risulta che “lo strato dell’ozono si sta riprendendo con un tasso variabile dall’1 al 3% per decennio dal 2000”.

L’ozono è un gas naturale che si trova nella stratosfera e funge da barriera per proteggere la Terra dalle radiazioni ultraviolette del Sole. Per evitare che si estendesse, nel 1987 è stato firmato il Protocollo di Montreal per ridurre l’uso dei gas colpevoli della distruzione dell’ozono, i cosiddetti clorofluorocarburi (Cfc).

Secondo gli esperti, senza questo protocollo la situazione ora sarebbe di gran lunga peggiore. Ci vorranno però ancora decenni prima che questi gas nocivi scompaiano del tutto dall’atmosfera. Zehner, considerando i dati raccolti, prevede che se l’andamento di ripresa registrato fino a ora rimanesse stabile, l’ozono potrebbe ripristinarsi del tutto nell’emisfero boreale attorno al 2030, nell’emisfero australe per il 2050, mentre per le regioni polari sarà necessario aspettare il 2060.

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