Brexit: nessun rischio sistemico per i mercati. Ecco cosa comprare

Renato Frolvi

29/06/2016

Brexit: è ora di calmarsi. Ecco perché non c’è rischio sistemico per i mercati e i consigli per gli acquisti: su cosa puntare nel post-Brexit?

Brexit: nessun rischio sistemico per i mercati. Ecco cosa comprare

Le forti oscillazioni dei mercati finanziari seguenti all’esito inaspettato del referendum nel Regno Unito possono essere ora analizzate più serenamente e, anzi, potrebbero costituire per alcuni settori delle opportunità di acquisto in un’ottica di medio termine.

A pochi giorni dal Brexit possiamo dire che vi è leggermente maggiore visibilità sulle tempistiche di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Più difficile invece fare previsioni sulle conseguenze macro-economiche in UK dell’esito finale del referendum.

Leggi anche: Brexit e mercati: scenari e prospettive per i prossimi mesi

Brexit: cosa aspettarsi ora

L’elezione di un nuovo leader del Partito Conservatore a ottobre sarà seguita poi dall’applicazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, dando inizio alle negoziazioni sui nuovi dazi doganali e le tariffe import–export da applicare fra Regno Unito e gli stati membri della UE: queste sono negoziazioni che dureranno almeno due anni che non mancheranno di innescare diatribe tra UK e Commissione Europea.

Brexit: non solo effetti negativi

Tuttavia debbo osservare che nel Brexit, seppur esso costituisca una ferita profonda al concetto stesso di UE, non tutto il male viene per nuocere. Esso sarà un impulso per i governanti europei (Merkel in primis) verso una maggiore flessibilità sulla politica economica e fiscale. Credo infatti che la Brexit sia stato un colpo diretto alla Commissione Europea che cercherà comunque di evitare che altre nazioni siano tentate di uscire.

In termini di attività economica, la crescente incertezza congelerà alcuni progetti di investimento di soggetti esteri in territorio inglese, a detrimento dell’occupazione e della bilancia commerciale britannica. Inoltre, dato l’elevato deficit della bilancia corrente, questo comporterà una sterlina più debole nel lungo termine e una leggera contrazione del PIL britannico alla fine dell’anno.

Brexit: gli effetti sull’euro-sterlina e bond

Non posso escludere che entro i 2 anni possiamo arrivare ad un cambio EUR/GBP ben oltre lo 0,83 attuale, e cioè 0.87 (già toccato nell’agosto del 2013) o addirittura 0.89 (come ai tempi dell’estate 2011).

Anche se i mercati obbligazionari saranno probabilmente volatili nelle prossime settimane (il decennale inglese dall’1.3% di rendimento del 23 giugno scende all’1% il 27 giugno mentre il decennale italiano dall’1,40 del 23 giugno tocca il livello di 1,55% ieri 27 giugno), la reazione iniziale non lascia presagire uno scenario drammatico per l’economia britannica e per quella europea, ma piuttosto quello di una stagnazione nel Regno Unito e una lenta crescita nella UE.

Brexit e mercati: è ora di calmarsi

Considerato ciò, il consensus potrebbe essere diventato troppo pessimistico sulle prospettive di crescita del Regno Unito e nella UE nel breve termine.

E, parallelamente, ritengo eccessivo il pessimismo generalizzato che leggo sui giornali finanziari e sui siti di finanza internazionale, un pessimismo basato su una presunta imminente recessione globale, su P/E troppo elevati, su profitti aziendali insufficienti, ecc: è importante ribadire che non siamo in presenza di un rischio sistemico globale ed imminente sui mercati finanziari.

Non siamo davanti ad una crisi finanziaria simile a quella avvenuta post default della Lehman Bros. Il sistema bancario internazionale oggi è più solido di quello del settembre 2008 (eccezion fatta per alcune banche italiane). E anche le banche centrali sono più pronte rispetto ad 8 anni fa nel gestire crisi di liquidità del mercato interbancario, come già hanno dichiarato il governatore della BOE Mark Carney e quello della BCE Mario Draghi.

Una gran parte dei capitomboli delle borse internazionali di questi giorni sono dovuti all’effetto sorpresa di un esito referendario che nessuno aveva previsto. Ma per l’Europa, il risultato del referendum non indica la fine della storia: le istituzioni europee devono cercare di stare più vicine ai cittadini.

Inoltre, nel breve termine la definizione di un’idea migliore di Unione Europea potrebbe essere più importante dell’adozione di ulteriori misure di integrazione.
Nei prossimi mesi, le iniziative politiche avranno un’elevata importanza. Tuttavia, teniamo ben in mente che le elezioni in Francia e in Germania avranno luogo tra circa un anno. Inoltre, misure politiche quali il completamento dell’Unione Bancaria o la maggiore integrazione fiscale, che sarebbero positive per i mercati, non sembrano di prossima attuazione.

È più probabile che venga creato un fondo per le infrastrutture europee finanziato attraverso un budget europeo: un’iniziativa di tal tipo rappresenterebbe un passo nella giusta direzione nel breve termine, così come la creazione di un fondo di garanzia europeo per le obbligazioni bancarie di primarie istituzioni creditizie europee.

Post-Brexit: cosa comprare dopo la Brexit

Alcuni settori quali il farmaceutico europeo e il settore delle telecomunicazioni potrebbero addirittura essere una “buy opportunity” in questi giorni, settori che non dovrebbero risentire particolarmente della frenata economica britannica dei prossimi due anni. Titoli come Glaxo, Saint Gobain, Schneider Electric, ABB oppure Telecom Italia non mi dispiacciono affatto a questi prezzi in un’ottica di medio-lungo termine.

Da comprare subito invece Brembo e Interpump a questi prezzi. Infine non mi sento ancora sicuro di consigliare il settore bancario: statene alla larga fino a fine 2016, ricordatevi che a settembre-ottobre arriva l’aumento di capitale di Unicredit che sarà un altro fattore destabilizzante per il listino italiano.

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