Benvenuti ad Amburgo, Cina. Il porto dal quale l’Europa deciderà la rotta del futuro

Mauro Bottarelli

30 Ottobre 2021 - 13:00

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Il gigante cinese delle spedizioni, Cosco, ha concluso un accordo per il 35% del terminal più importante dell’hub tedesco. E in attesa del via libera finale, la politica si agita. A partire dal G20

Benvenuti ad Amburgo, Cina. Il porto dal quale l’Europa deciderà la rotta del futuro

Hamburg - Gateway to the New Silk Road. Fa bella mostra di sé nel sito ufficiale del porto di Amburgo la vocazione informale che il terminal anseatico ha ormai assunto da anni: principale hub cinese in Europa, punto di snodo fondamentale del terminale infrastrutturale e geopolitico del Dragone nel Vecchio Continente.

Dopo l’acquisizione del porto del Pireo, divenuto boccone prelibato e a prezzo di saldo a seguito della crisi del debito greco, Pechino ha giocato pesante. E puntato il bersaglio decisamente strategico. I numeri parlano chiaro: terzo hub portuale del Continente dopo Rotterdam e Anversa per tonnellaggio dei cargo che vi attraccano, quello tedesco vede la Cina come primo e assoluto partner commerciale, un distacco tale dal secondo in classifica da garantirgli di pesare per oltre la metà dei 200 miliardi di dollari dell’interscambio fra Germania e Repubblica popolare nel 2019.

I principali porti commerciali per cargo in Europa I principali porti commerciali per cargo in Europa Fonte: Statista
I 10 principali partner di Amburgo nell'handling di container I 10 principali partner di Amburgo nell’handling di container Fonte: Hamburg Hafen und Logistik
Controvalori dell'export tedesco verso Usa, Cina e Francia Controvalori dell’export tedesco verso Usa, Cina e Francia Fonte: Bloomberg
Le tratte multimodali di collegamento fra Cina e hub di Amburgo Le tratte multimodali di collegamento fra Cina e hub di Amburgo Fonte: Hamburg Hafen und Logistik

Ora quello che a molti era sembrato per anni unicamente uno slogan o un hype di marketing - l’essere appunto la porta d’ingresso per la Cina in Europa - sta tramutandosi in realtà.

Il mese scorso il gigante delle spedizioni Cosco Shipping ha infatti concluso un accordo per l’acquisizione del 35% del terminal Tollerort del porto di Amburgo, quello con maggiore capacità di handling dell’intera infrastruttura. Nelle intenzioni dell’azienda - e, quindi, del governo cinese - c’è la volontà di tramutare Amburgo in un preferred hub europeo, dove le aziende di trasporto e spedizione cinesi concentreranno i loro cargo. E i loro business con il fruttuoso mercato del Vecchio Continente. L’accordo deve ancora ottenere l’approvazione finale e il caso, con il passare dei giorni, sta tramutandosi da meramente commerciale sempre più in politico e diplomatico, stante anche il cambio di governo in atto in Germania.

L’operatore portuale anseatico Hamburg Hafen und Logistik è entusiasta, poiché ritiene che l’accordo garantisca pianificazione a lungo termine e sicurezza occupazionale ma una parte dell’amministrazione si mostra sempre più preoccupata dalla dipendenza ormai esiziale dell’hub dalla Cina, visto che solo nei primi sei mesi di quest’anno l’handling legato a container del Dragone ha battuto quello dei competitor (e secondi partner in assoluto) americani per 4 a 1 nel rapporto di volumi trattati. C’è però un problema: formalmente, la Cina è un avversario. Anzi, stante alle ultime uscite dell’amministrazione Biden e della Nato, un nemico. Addirittura, il nemico.

E la Germania non rappresenta soltanto l’economia più importante dell’eurozona, bensì anche il cosiddetto political rainmaker del Vecchio Continente. Insomma, se Berlino si ribella ai diktat, l’Alleanza scricchiola. E negli ultimi anni, sono stati almeno due i casi in cui la Cancelleria ha apertamente sfidato le direttive ufficiose contro i nemici della democrazia. Nel caso della Cina, facendo aumentare a dismisura l’interscambio commerciale, trend che sul finire dello scorso anno ha visto Angela Merkel forzare pesantemente la mano per giungere alla firma del memorandum economico con Pechino sul filo di lana della sua presidenza di turno dell’Ue. Washington non gradì affatto.

Il tutto senza scordare l’accordo con la Russia per Nord Stream 2, in questi giorni tornato prepotentemente di attualità alla luce dell’impennata del prezzo del gas e del livello da pre-allarme rosso delle riserve europee alla vigilia della stagione fredda. E che sia in atto un risiko geopolitico al massimo livello, lo dimostrano i quotidiani sviluppi. Dopo aver minacciato l’Europa, lasciando intendere che non sarebbero arrivati flussi addizionali di gas senza appunto le contemporanee abilitazioni operative per l’infrastruttura appena conclusa, l’altro giorno Vladimir Putin ha infatti cambiato registro. Come riportato da Bloomberg, il presidente russo avrebbe dato ordine a Gazprom di cominciare la fornitura di gas extra all’Europa a partire dal prossimo 8 novembre, al fine di rinforzare la riserve del Vecchio Continente e contribuire a uno sgonfiamento dei prezzi. Cosa ha offerto in cambio, l’Ue?

La vicenda della scalata cinese al porto di Amburgo, poi, appare ancora più strategica. Non a caso, al G20 in pieno svolgimento a Roma, la delegazione tedesca è composta da due membri apicali: Angela Merkel e Olaf Scholz, suo successore. Qualcosa più di un passaggio di testimone nella più ufficiale delle occasioni di consesso internazionale: probabilmente, qualcuno vuole rassicurazioni dall’uomo che guiderà il Paese e ha forzato la mano per la sua informale (e irrituale) presenza all’Eur. Come dire, se dobbiamo fare pressione, è giusto farla su chi terrà in mano il timone. E non su chi sta abbandonandolo del tutto. E il caso vuole che Olaf Scholz sia nativo proprio di Amburgo, città di cui è anche stato sindaco dal 2011 al 2018: proprio gli anni della silenziosa scalata cinese all’hub portuale.

E nonostante a Pechino il suo nome non susciti entusiasmi, in patria il neo-cancelliere è riconosciuto come un aperturista verso il Dragone. Quasi un entusiasta. Proprio in occasione del G20 che si tenne ad Amburgo nel 2017, Scholz incontrò Xi Jinping nella sua veste di sindaco, mentre l’anno seguente - in qualità di ministro delle Finanze - invitò ufficialmente il vice-premier, Liu He, all’Hamburg Summit che si tenne nel mese di novembre, forum che i critici bollarono come una sorta di road-show informale per il business cinese in Europa. Nella primavera del 2019, infine, visitò ufficialmente la Cina, attirandosi le critiche della Suddeutsche Zeitung che pubblicò un duro editoriale, stigmatizzando il suo totale silenzio sul tema dei diritti umani.

In un articolo dedicato alle elezioni tedesche dello scorso 26 settembre, il quotidiano governativo cinese in lingua inglese, Global Times, non si espresse in termini lusinghieri verso Olaf Scholz, il cui nome hardly rings a bell to the Chinese public e la cui impostazione politica nei confronti della Cina è apparsa reticente per tutta la campagna elettorale. In coda all’articolo, però, il ramoscello d’ulivo: Gli osservatori cinesi fanno però notare come Scholz condivida diverse connessioni con il nostro Paese e un governo a sua eventuale guida sarebbe quello con maggiore tasso di continuità della politica adottata da Angela Merkel verso Pechino. Segnali, insomma.

Come quelli - di senso ovviamente opposto - che potrebbero giungere al neo-eletto cancelliere nel corso della due giorni romana, caratterizzata - fra le altre cose - dall’assenza di Xi Jinping e Vladimir Putin, entrambi attesi solo in un collegamento video. Cosa farà l’ex sindaco della città che vede oltre 550 aziende cinesi aver aperto uffici di rappresentanza, fra cui spiccano quelli enormi della XCharge, costruttore di stazioni per la ricarica rapida di veicoli elettrici, praticamente il Sacro Graal dell’automotive 2.0? E l’Europa, come intende porsi in maniera strutturale, strategica e di lungo termine verso quello che appare - di fatto - il primo player commerciale al mondo, quantomeno a livello di capacità e rapidità di espansione? La nuova rotta che l’Europa post-Covid intende intraprendere parte dai terminal affollati dell’hub anseatico. E parte ora.

P.S. Un solo dubbio, finale. Sarà un caso che, di colpo ma anche in contemporanea con l’accordo raggiunto da Cosco, il porto strategico e multimodale di Trieste sia diventato il chiassoso epicentro del pubblico e mediatico interesse nazionale? O qualcuno ha voluto inviare un messaggio ex ante, utilizzando il comodo alibi del green pass?

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