Banche centrali e mercati finanziari

Renato Frolvi

11/04/2013

Banche centrali e mercati finanziari

Mai come in questi ultimi 5 anni (dalla crisi dei mutui sub-prime in USA ad oggi) il destino dei mercati finanziari è legato a doppio filo alle politiche monetarie delle banche centrali di tutto il mondo: un tempo severi guardiani a difesa della stabilità dei prezzi, ora sono diventati pompieri attenti e vigili sul fuoco della crisi economica, con espansione della base monetaria che non ha eguale nella storia economica dell’Occidente.

Ho alcune idee sul comportamento atteso delle 3 più influenti banche centrali occidentali per i prossimi mesi e sul legame tra le politiche monetarie e il trend dei mercati azionari che mi attendo nel 2013 e voglio esporle sinteticamente nelle riflessioni che qui di seguito propongo.

Nei prossimi giorni, allegherò anche alcune tavole elaborate mediante il network Bloomberg che ritengo assai interessanti e che possono fungere da spunti di utile riflessione per i lettori di ForexInfo. Continuate a seguirmi!

FED

Dalle parole di Bernanke nell’ultima riunione del FOMC e la conferenza stampa che ne è seguita, sembra che si sia aperta la strada a possibili riduzioni del ritmo di acquisti di Treasury. Il giudizio sulle prospettive economiche è rimasto sostanzialmente immutato nonostante la restrizione fiscale sul 2013 (mentre le previsioni sul mercato del lavoro appaiono in modesto miglioramento).

Sul fronte tassi, sulla base dello scenario macroeconomico della Fed appare improbabile un rialzo prima del 2015. Ciò fa ritenere che il rendimento di 0.05% per i T-BILL a 3 mesi e lo 0,20% per il LIBOR a 3 Mesi siano livelli destinati a durare per lunghi mesi ancora.

Nel frattempo, l’attenzione del mercato sarà tutta concentrata sul ritmo di acquisti di titoli che, secondo le parole dello stesso Bernanke, potrebbero essere aggiustati “da un mese all’altro per calibrare appropriatamente l’ammontare di stimolo”.

Sulla base dello scenario di consenso, l’accelerazione della crescita nella seconda metà dell’anno dovrebbe consentire una progressiva riduzione degli acquisti. Il principale rischio di questa previsione è legato alle incertezze circa l’entità e l’effetto della politica fiscale varata a marzo dalla amministrazione Obama, nell’ambito dell’accordo bi-partisan tra democratici e repubblicani sul nuovo tetto al debito pubblico americano.

BCE

Come noto, nella riunione del 4 aprile la BCE ha lasciato invariati i tassi allo 0.75% . Tuttavia, il tono del comunicato e le risposte di Draghi alle domande dei giornalisti in conferenza stampa sono stati decisamente più accomodanti rispetto ad un mese fa.

In primo luogo, Draghi ha affermato che la possibilità di un taglio è stata discussa - sebbene il Consiglio abbia poi deciso di non procedere-.

Inoltre, la BCE prende atto del fatto che la debolezza ciclica di fine 2012 si è estesa
alla prima parte dell’anno - mentre in precedenza si aspettava una stabilizzazione - .
E se la BCE continua ad aspettarsi una ripresa nella seconda parte dell’anno, tuttavia valuta che i rischi siano verso il basso.

Infine, il comunicato afferma che la BCE “terrà sotto stretto monitoraggio” gli sviluppi dei dati.
Quindi la BCE si impegna a mantenere la politica monetaria accomodante e l’assegnazione piena alle aste di rifinanziamento “fin quando sarà necessario”.
In un certo senso la BCE si sta limitando per ora ad una sorta di “moral suasion”.

In assenza di altri strumenti la strategia per ora è chiara: convincere le banche ad iniettare liquidità nel circuito interbancario e nell’economia reale. La recessione in area euro infatti non solo trae origine dalle politiche fiscali di austerity, ma anche dalla riluttanza del sistema bancario a prestare soldi all’economia reale nei paesi periferici. La BCE, dopo aver risolto il problema dell’illiquidità delle banche con i 2 LTRO all 1% a 3 anni per 1 trilione di euro circa 12 mesi fa, non è piu’ disposta a tollerare “pigrizia “ da parte delle banche che hanno beneficiato di quei finanziamenti. Orbene, se la debolezza ciclica dovesse essere confermata e i rischi verso il basso dovessero materializzarsi, è possibile che la BCE interverrà per potenziare lo stimolo monetario (con un ribasso dei tassi? Con un programma di acquisto di assets? Ancora non è chiaro) e per cercare di ripristinare la trasmissione dell’impulso monetario ai paesi della periferia (Italia e Spagna), cioè in quelle aree dove le piccole e medie imprese subiscono condizioni di accesso al credito ben più restrittive di quelle sopportate dalle imprese del centro Europa (Francia, Germania e Olanda per esempio).

Una soluzione non convenzionale potrebbe essere l’applicazione di tassi negativi (penali) sui depositi presso la BCE delle banche con forti liquidità. Infatti, la conferenza stampa di Draghi che è seguita al comunicato ufficiale, è stata da questo punto di vista interessante. Come è emerso dalle dichiarazioni del Governatore, la BCE sta valutando nuove misure “non convenzionali”, probabilmente anche con il contributo delle Banche Centrali Nazionali. Purtroppo, data la prudenza del Governatore Draghi, non è affatto chiaro quali forme possano prendere tali misure. In tale contesto, lo ribadiamo, è possibile che un taglio dei tassi sia considerato utile e quanto meno probabile nelle prossime riunioni di maggio oppure giugno.

BOJ

La prima riunione della Bank Of Japan dopo il cambio della guardia ai vertici si è conclusa con novità importanti. Il nuovo Board consegna ai mercati un profondo cambiamento della strategia di politica monetaria superando tutte le aspettative, includendo tutte le misure attese e delineando le modifiche necessarie a implementare uno stimolo aggressivo a oltranza, in stile analogo a quello della Fed. Azione e comunicazione sono entrambe utilizzate per fornire stimolo e guidare le aspettative. Ecco qui un altro esempio di “moral suasion” .

Il comunicato stampa del 2 aprile delinea in modo trasparente nuovi obiettivi e nuove regole per gli strumenti di politica monetaria non convenzionale e segnala un aumento massiccio dello stimolo, orientato e condizionato al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione al 2%. Tutte le decisioni sono state prese all’unanimità, tranne l’indicazione di mantenimento dello stimolo fino al raggiungimento dell’obiettivo di inflazione (su questo punto il voto è stato 8-1).

La rivoluzione annunciata dalla BoJ è un passo cruciale per una vera svolta nello scenario economico giapponese. Il tassello messo dalla Banca centrale si inserisce nel quadro di coordinamento di politica fiscale e monetaria mirato a riportare il PIL nominale in crescita, grazie anche a un’inflazione positiva, e a consolidare le finanze pubbliche.
Un’inflazione positiva è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per ridurre il deficit/PIL e stabilizzare il debito/PIL attualmente al 215%.
I mercati si preparano a un flusso di 60-70 tln di yen all’anno, per anni secondo le stime di Banca Intesa, e ad un nuovo capitolo della guerra valutaria già in atto dal 2012.

Ne consegue che la BoJ nel 2013 si aggiungerà alla Fed nell’inondare il mondo di liquidità, ma quando negli USA la base monetaria si stabilizzerà (2014), la BoJ sostituirà la Fed nel fornire stimolo monetario al mondo industrializzato per il futuro prevedibile (almeno fino al 2016-17). Si verificherà una sorta di “staffetta” tra le banche centrali per il supporto monetario all’economia mondiale (vedi anche gli effetti valutari nelle tabelle alle pagine successive).

MERCATI FINANZIARI

La crisi cipriota innescatasi nella seconda metà di marzo sembra lentamente riassorbirsi nella prima settimana di aprile e lo stesso si può dire della volatilità sul debito pubblico italiano, in calo rispetto agli eccessi del periodo successivo all’esito elettorale italiano. L’appetito per i BTP proveniente dall’Asia mitiga, in un certo qual modo, il timore di un prolungamento della crisi politica italiana e dello spettro di nuove elezioni entro l’estate.
Una sorta di calma apparente sta caratterizzando (inaspettatamente) i mercati obbligazionari europei, con spread di credito, spread infra-governativi in riduzione, ma anche con tassi sui decennali americano e tedesco fermamente ancorati sui minimi.

Sul lato “equity “ i mercati azionari americani e giapponesi sono sui massimi storici e la loro volatilità ai minimi.
Questo quadro generale è, secondo molti osservatori (Barclays ad esempio), prodromico ad una fase di storno. Una correzione degli indici azionari, un allargamento degli spread di credito e un rialzo della volatilità non possono essere esclusi nel breve. Non sappiamo quali eventi potrebbero fungere da fattore scatenante di tale correzione (dati macro negativi? Dati societari deludenti? Improvvise richieste di salvataggio da parte di Slovenia e/o Portogallo? Crisi geo-politica?), ma certamente tale correzione diventerebbe a questo punto normale.
Non si tratterebbe però di un’inversione del trend primario, bensì di uno stop momentaneo del processo rialzista delle azioni di lungo periodo, determinato dalla migrazione della liquidità dal mondo obbligazionario al mondo azionario, un travaso di denaro il cui motore risiede pur sempre nel differenziale positivo tra tasso di dividendo azionario e rendimento del bond governativo AAA.
Un premio al rischio spinto verso l’alto non tanto dai risultati societari, ma dall’abbondante liquidità iniettata dalle banche centrali di tutto il mondo nei mercati interbancari e finanziari, forti di una prospettiva di bassa inflazione per tutto il biennio 2013-2014.

D’altronde, se si guarda alla storia recente, l’SP500 americano ha guadagnato nel 2012 il 13.5% ma gli utili delle aziende componenti l’indice sono cresciuti solo del 4% su 12 mesi.
Nel primo trimestre 2013, sempre l’SP500 è salito dell’11% ma con una previsione di crescita degli utili solo del +1.5% annualizzato.

Appare quindi evidente che, per il lungo periodo, i mercati azionari sono trainati dai tassi di interesse reali negativi, più che dalle prospettive di profittabilità delle multinazionali e le “colpevoli” di tutto ciò sono e rimarranno proprio le banche centrali.

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