Le cose, nell’Eurozona, non stanno andando secondo i piani.
All’inizio dell’anno, il Presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, pur dovendo ammettere che l’economia reale stesse ancora soffrendo, poteva fare affidamento su una serie di indicatori che mostravano segni di miglioramento: come le indagini sulle aziende, lo spread tra i titoli di Stato e i finanziamenti delle banche.
Ma oggi le cose stanno diversamente, e anche quelli che sembravano essere segni positivi hanno smesso di esserlo. La pressione aumenta sulla BCE perché intervenga, ma potrebbe ancora non essere il momento.
Indicatori: parliamo ancora di miglioramento?
La fiducia delle aziende ha inferto un ulteriore colpo: i valori finali degli indici PMI manifatturieri di Markit sono a dir poco tristi. L’indice PMI Spagnolo è sceso al 44.2, dal 46.8; quello Italiano è sceso a 44.5, dal 45.8. Notiamo che entrambi sono ben al di sotto della linea 50 che separa la contrazione dalla crescita: tutti e due puntano al peggioramento delle condizioni.
Nell’Eurozona, gli ordini industriali sono in calo, la domanda di esportazione è sempre più debole e le persone continuano a perdere il posto di lavoro per il quattordicesimo mese di fila; la disoccupazione nella zona Euro ha raggiunto il record storico del 12%. Sia l’indice IFO tedesco che il corrispettivo francese, Insee business climate, hanno subito un calo evidente nel mese di marzo.
In precedenza, il Presidente Draghi aveva riposto grande enfasi nel fatto che gli indici PMI e quelli sulla fiducia delle imprese fossero in miglioramento: oggi questi indicatori raccontano una storia diversa, al massimo quella di una ripresa posticipata.
Dopo Cipro, dov’è il contagio positivo?
Nel frattempo, il "contagio positivo" dei mercati finanziari, decantato dalla BCE, è stato a dir poco spazzato via dalla storia di un bailout mal gestito, quello di Cipro. Il costo di assicurare le banche europee contro l’insolvenza è salito a livelli che non si vedevano da settembre e le emissioni di obbligazioni bancarie sono fortemente rallentate.
Il tanto atteso programma della BCE, Outright Monetary Transaction (OMT), che consiste nell’acquisto illimitato di titoli ed è attivabile su richiesta del governo, ha ormai smesso di spingere al ribasso la curva dei tassi di interesse sui titoli di Stato delle nazioni del Sud Europa, sebbene allo stesso tempo rappresenti un freno all’impennata.
Tassi di interesse: ecco perché rimarranno invariati
La cosa più preoccupante è che rimane infranto quel meccanismo di trasmissione per cui la politica della Banca Centrale Europea influenza l’economia reale e le condizioni di accesso al credito variano sensibilmente di paese in paese. Tutto ciò ostacola la capacità della BCE di affrontare i problemi dell’area euro.
Un taglio ai tassi di interesse potrebbe sembrare garantito date le condizioni economiche e le previsioni per l’inflazione in declino, ma non raggiungerebbe le zone in cui sarebbe più necessario. Adesso, tagliare i tassi di interesse sarebbe un gesto sprecato.
Non è chiaro cosa possa fare la BCE per riparare il meccanismo di trasmissione, ma nel frattempo l’elevato tasso di disoccupazione è un elemento di reale preoccupazione e, già la scorsa volta, Mario Draghi ha ribadito che si tratta di un problema che i governi devono risolvere da soli.
Risultato: cosa farà la BCE?
Il risultato: è quasi certo che al meeting del Consiglio Direttivo la BCE adotterà un tono morbido (dovish) vista la pressione crescente sulla zona Euro. Fino ad ora la BCE ha agito soltanto nei momenti di intenso stress e per evitare risultati peggiori e, a meno che non abbia trovato il modo per risolvere il meccanismo di trasmissione, è molto probabile che decida di mantenersi pronta per la battaglia.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: WallStreetJournal |
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