Violenza economica: cos’è, come riconoscerla e la situazione in Italia

Redazione - Valentina Menassi

30 Novembre 2023 - 13:56

Cos’è la violenza economica, con la quale si usa il denaro per controllare e sottomettere le donne? Ecco come riconoscerla, come uscirne e la situazione in Italia.

Violenza economica: cos’è, come riconoscerla e la situazione in Italia

Cos’è la violenza economica e come si riconosce?

La violenza, si sa, ha diverse sfaccettature. Tra queste c’è anche quella economica che prevede veri e propri atti di controllo e prevaricazione nei confronti di una persona, stando alle percentuali la vittima è solitamente la donna, minacciando di negare risorse economiche importanti.

La coercizione da parte degli uomini sulle donne non si manifesta unicamente con forme fisiche di dominanza, ma spesso acquisisce anche delle connotazioni più subdole e più difficilmente individuabili.

È il caso della violenza economica, un vero e proprio sopruso che utilizza il denaro per creare una relazione di dominanza, dipendenza e sottomissione ai danni delle donne. L’instaurazione di questa dinamica parte molto spesso da comportamenti che non destano sospetti, ormai sfortunatamente radicati nella nostra cultura, che vedono la donna come estranea alle decisioni e alla gestione economica della famiglia, e sfociano in una vera e propria relazione di dipendenza dalla quale è difficile uscire.

A questo proposito Ipsos ha condotto un’indagine per WeWorld esplorando la situazione attuale in Italia in merito al tema.

Cos’è la violenza economica

“La violenza economica è una forma di violenza che viene agita sfruttando la mancanza di conoscenza o di interesse delle donne dell’aspetto economico, spiega a Money.it la dottoressa Gaia Vicenzi, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa. Si tratta quindi di comportamenti attuati solitamente all’interno delle mura domestiche dal marito nei confronti della moglie, ma anche “dal padre nei confronti della figlia o del fratello nei confronti della sorella”.

Questa forma di violenza si basa in sostanza sull’esclusione della donna dalla vita economica della famiglia, portandola di fatto a perdere la propria autonomia e diventando completamente dipendente dal marito o dalla figura che gestisce le risorse economiche.

La vittima di questa violenza si trova in una situazione di sottomissione ed è costretta, la maggior parte delle volte, a giustificare le proprie spese effettuate con il denaro “concesso” dal carnefice, il cui unico obiettivo è quello di ottenere il completo controllo economico, instaurando al contempo nella vittima un forte senso di inferiorità e di inettitudine nel fronteggiare i propri bisogni e quelli degli altri.

La violenza economica in Italia

Considerando la tematica delle violenze a livello globale i dati propongono il ritratto di un Paese diviso a metà. Da una parte c’è chi si schiera a favore delle donne, questo gruppo è in crescita del 2% dal 2014, dall’altra invece c’è chi ritiene questo fenomeno come un fatto privato, si tratta del 35% delle persone. Il restante 15% riconduce le violenze al risultato di comportamenti i provocatori femminili, questo aspetto “decolpevolizzerebbe” l’uomo.

Il livello di tolleranza per i comportamenti oltraggiosi nei confronti delle donne è diminuito, nel 2014 questo indicatore era al 20%, oggi è sceso al 15%. In questo comportamento rientrano battute, prese in giro a sfondo sessuale e avance dal punto di vista fisico.

Al campione intervistato è stato chiesto di definire una classifica delle diverse forme di violenza mettendole in ordine per la loro gravità. Tra queste quella più “importante” è stata quella sessuale che ammonta al 50%, ci sono poi quella fisica per il 25%, quella psicologica per il 9%, lo stalking per il 3%, violenza verbale per il 2%, online per l’1% e, per ultima, quella economica con l’1%.

In termini prettamente economici è possibile affermare che in Italia sono più del 31% le donne che dipendono economicamente dal partner oppure da un altro familiare. Solo il 58% ha l’intestazione di un conto corrente personale e l’11,6% ne ha uno cointestato con il compagno o il marito. Inoltre solo il 22% delle donne ha la gestione delle risorse familiari mentre il 31% non provvede in nessun modo a occuparsene. Un accenno anche alla panoramica a livello globale, sono 1,4 i miliardi di donne che vivono nei paesi in cui la violenza economica non è riconosciuta nei sistemi legali oppure in Stati dove non viene data protezione dal punto di vista giuridico alle vittime di questa oppressione.

Come riconoscere la violenza economica? I campanelli d’allarme

La violenza economica, a differenza di quella fisica, o di altre forme di coercizione, è molto più infida e difficilmente individuabile. Tuttavia, vi sono dei comportamenti che possono destare dei sospetti e delineare quella che potrebbe poi evolversi in un vero e proprio controllo ai danni della donna, come spiega la dottoressa Vicenzi:

“Il primo campanello d’allarme, che talvolta non suona, è proprio l’esclusione iniziale dalla vita economica della famiglia, perché la donna, anche da un punto di vista culturale, non necessariamente è colei che si occupa dell’amministrazione del denaro della famiglia. La donna è quella che cucina, che lava e che stira, ma è quella che non si occupa del denaro”.

Generalmente infatti alla donna vengono concessi alcuni ruoli legati alla gestione del denaro, ma molto laterali, “per cui magari si occupa del pagare le bollette o del pagare qualcosa per i figli, però allo stesso tempo c’è tutta una dimensione di non libertà che diventa sempre maggiore”. All’interno di questa escalation di violenza, quindi, una donna è sempre più impossibilitata ad avere un accesso alle risorse economiche della famiglia e viene esclusa sempre più dalla vita economica della famiglia e delle spese che deve affrontare.

Inoltre nei casi limite “le sue spese devono essere rendicontate al marito, fino ad arrivare ad una vera e propria perdita di autonomia” che si trasforma poi, nella fase finale della violenza, in dei veri e propri abusi economici.

Nell’ultima fase della violenza economica infatti si può delineare un vero e proprio sopruso volto a dilapidare il capitale e “a convincere la donna a fare da prestanome, firmare assegni scoperti, svuotare il suo conto corrente senza che lei possa dire nulla”, conclude la dottoressa.

Cosa fare in caso di violenza economica

Uscire da questo circolo vizioso di dipendenza è possibile, anche se può sembrare difficile. La dottoressa Vicenzi spiega infatti che esistono diversi centri in tutto il territorio nazionale a cui rivolgersi per uscire da questa forma di dipendenza, come il CIMP - Centro Italiano per la Promozione della Mediazione, che “offre un servizio sia di intervento sulla vittima, che sull’abusante, attraverso le forme di riparazione del danno con la mediazione tra la vittima e il suo carnefice o con interventi di prevenzione per ridurre al minimo il rischio di recidiva”.

Di fatto quindi vengono attuate tre principali forme di aiuto:

  • la prima, rivolta alla vittima;
  • la seconda, all’abusante, sia in termini di prevenzione che di trattamento;
  • la terza, rivolta sia all’abusante che alla vittima, laddove vi sia la possibilità di un confronto tra gli stessi, e dove sia possibile una strategia di dialogo e di mediazione.

Cosa pensano gli italiani della violenza economica

La rilevazione sottolinea come il tema della violenza economica sia poco conosciuto in Italia, infatti questa viene percepita come “grave” solo dal 59% degli italiani. In queste situazioni accade che l’uomo mette la donna in una situazione di privazione economica e solo per il 31% degli intervistati è in assoluto la forma di violenza più grave. Il 24% considera poi estremamente grave l’accumulo di debiti da parte dell’uomo a nome della donna, il 17%, invece, ritiene maggiormente grave il sabotaggio lavorativo e l’11% mette al primo posto il controllo delle finanze. La classifica si conclude con il rifiuto da parte dell’uomo di contribuire alle spese comuni per la famiglia, questa pratica viene ritenuta la più grave dal 6%. L’11% restante non riesce a scegliere quale sia la forma di violenza economica maggiormente notevole. In merito alla questione di genere, il 49% dei cittadini afferma che sono le donne a essere prevalentemente vittime di violenza economica, questo perché l’accesso al mercato del lavoro è meno facilitato. Il 52% sostiene che una soluzione possibile potrebbe essere quella di far rientrare nei lavori quello di occuparsi della casa e degli figli, in questo modo la donna dovrebbe legalmente ricevere una parte delle entrate. In questo frangente viene anche sottolineato un aspetto legato alla percezione del fatto che l’uomo dia un budget mensile alla donna che non lavora, il 42% tra uomini e donne ritiene che non ci sia nulla di negativo in questo comportamento.

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