Vendita di applicazioni online: come funziona fiscalmente

Caterina Gastaldi

7 Ottobre 2022 - 14:32

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La vendita delle applicazioni online prevede generalmente l’apertura di una partita Iva per poter essere in regola con tutti gli adempimenti fiscali.

Vendita di applicazioni online: come funziona fiscalmente

Serve la partita Iva per vendere applicazioni sul web o attraverso i diversi store per smartphone e tablet? Quali sono gli adempimenti fiscali di cui ricordarsi? Qual è l’inquadramento fiscale a cui fare riferimento e quale codice ateco scegliere?

Come per molti altri che svolgo lavori freelance e creatori indipendenti che lavorano su commissione, anche i programmatori di applicazioni si trovano, soprattutto all’inizio, a farsi diverse domande relative agli obblighi che si hanno nei confronti del Fisco. La scelta migliore, nel momento in cui il lavoro indipendente inizia ad avere una certa frequenza, è rivolgersi a un professionista come un dottore commercialista, per risolvere i propri dubbi. Di seguito alcune informazioni per chiarire le problematiche più comuni.

Come funziona la vendita di App online

I programmatori di web app possono trovarsi a programmare applicazioni per la vendita online in diverse situazioni. La situazione più semplice chiaramente prevede di venire assunti da terzi, non come freelance ma in qualità di dipendente. Così non ci sarà nulla di cui preoccuparsi riguardo agli adempimenti fiscali, perché saranno quelli di qualsiasi altro dipendente e si potrà contare sulla presenza di un sostituto d’imposta.

Questione diversa per coloro che si trovano a lavorare in proprio, in cui rientra chi:

  • programma e crea applicazioni che vende direttamente attraverso i canali disponibili;
  • chi svolge questo stesso compito per terzi, non come dipendente, ma in qualità di collaboratore;
  • chi, essendo assunto, svolge comunque questo compito in proprio come seconda attività.

Quando aprire la partita Iva

In Italia l’apertura della partita Iva non richiede il raggiungimento di una certa entità di guadagni, bensì è previsto che venga fatto nel momento in cui si raggiunge un’abitualità nella propria attività. Quindi, un programmatore che, una o due volte all’anno, si trova a creare applicazioni per terzi, in linea di massima non rientra in questa casistica.

Al contrario, nel momento in cui l’applicazione viene pubblicata direttamente dal suo ideatore su di un app store, anche se risulta essere l’unica pubblicazione nel corso di un anno, avrà carattere di abitualità, perché rimarrà sempre, tutti i giorni, acquistabile online dagli interessati. Questo è vero anche per lo sviluppatore che svolge un’altra attività, e per cui i guadagni ottenuti tramite la pubblicazione delle app non risultino essere l’introito maggiore.

Nel momento in cui si sceglie di aprire la partita Iva, per quanto sia possibile farlo in autonomia, è opportuno rivolgersi a un commercialista per la scelta del corretto regime fiscale e del codice ateco, oltre che per comprendere quando sia effettivamente necessario.

Scegliere il codice Ateco

Nel momento in cui si va ad aprire la partita Iva si dovrà, tra le altre cose, scegliere il codice Ateco corretto per identificare la propria attività, oltre che decidere a quale regime fiscale aderire a seconda anche delle possibilità a propria disposizione.

Le vendita di applicazioni in qualità di sviluppatore web può rientrare in uno dei tre seguenti codici ateco, ovvero:

  • 62.01.00: identifica la produzione di software non connesso all’edizione;
  • 62.02.00: consulenza nel settore della tecnologia informatica;
  • 62.09.09: altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell’informatica nca;
  • infine, il codice 47.91.10: commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet.

Esistono quindi diverse opzioni, che dipendono a seconda della propria situazione, del tipo di lavoro o lavori che svolgono in questo campo, e di cosa si vorrà fare anche in futuro. Chiaramente nel momento in cui si ha una partita Iva si possono anche utilizzare più codici Ateco, oppure cambiare quello che si sta utilizzando. Tuttavia scegliere il codice corretto è necessario per evitare anche eventuali sanzioni.

Il regime fiscale

L’apertura della partita Iva prevede la scelta di un regime fiscale che, nel caso in cui non venisse specificato, sarà identificato con quello ordinario. Il regime a cui si decide di aderire deve essere identificato nel momento dell’apertura della partita Iva e, coloro che ne hanno la possibilità, dovrebbero prendere in considerazione il regime forfettario.

Questo permette, tra le altre cose, di versare dei contributi ridotti all’Inps che invece di essere circa 4.000 euro, saranno intorno ai 2.600 annui. Il regime forfettario non può essere scelto da tutti, ed è riservato alle partite Iva individuali con un fatturato annuale massimo di 65mila euro.

Applicazione dell’Iva

Dal punto di vista dell’Iva, la vendita di applicazioni online rientra nel campo dell’e-commerce diretto, e sono quindi previste due modalità differenti per l’applicazione dell’aliquota.

  • B2B: sia venditore sia acquirente sono dotati di partita Iva e in base alla regola di territorialità dell’Iva, quella rilevante è l’aliquota del Paese del committente. Lo sviluppatore quindi utilizzerà il meccanismo dell’inversione contabile dove possibile, oppure se il soggetto passivo di Iva non dovesse essere residente nell’Ue, l’operazione verrà considerata non soggetta a Iva;
  • B2C: in questa situazione il venditore è dotato di partita Iva, ma l’acquirente è un privato cittadino senza p. Iva. Come prima, l’Iva da utilizzarsi sarà quella del Paese del committente, tuttavia in questo caso il venditore dovrà identificarsi ai fini dell’Iva nel Paese del cliente per poterla assolvere, e questo dovrà avvenire per ogni singolo committente estero senza partita Iva.

Chiaramente nel secondo caso la situazione può rivelarsi particolarmente complessa per lo sviluppatore. Per risolvere il problema i maggiori canali di vendita di applicazioni online, Google ed Apple, sono organizzati in modo da far sì che non sia lo sviluppatore o in generale il venditore di app a doversi identificare in ogni Paese ai fini dell’Iva.

Data la complessità generale della materia comunque, affidarsi al proprio commercialista di fiducia è la scelta migliore, non solo per l’apertura della Partita Iva, ma anche per tenere traccia dei diversi adempimenti.

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