Uso illecito buoni pasto, quali sono i rischi?

Claudio Garau

3 Agosto 2023 - 13:34

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I buoni pasto sono molto utili sia alle aziende che ai lavoratori, ma seguono regole ben precise e che non possono essere derogate. Che conseguenze ci sono in caso di utilizzo indebito?

Uso illecito buoni pasto, quali sono i rischi?

Per molti dipendenti la pausa pranzo fa rima con i cosiddetti buoni pasto, ovvero uno dei fringe benefit più graditi ai lavoratori - come pure ai datori che con essi possono contare su un costo deducibile completamente. Una indubbia versatilità ed elasticità di utilizzo li caratterizza: in sostanza i buoni pasto altro non sono che ticket di pagamento, che permettono ai dipendenti che ne sono in possesso di pagare quanto consumato nei bar o o ristoranti.

Detti voucher sono emessi da società che si occupano specificamente di buoni pasto e possono essere acquistati dalle aziende per i propri dipendenti, che potranno sostituirli alla mensa aziendale. Gli stessi dipendenti ovviamente se ne gioveranno - di fatto aumentando il loro potere d’acquisto ed integrando lo stipendio.

Attenzione però alle varie situazioni pratiche che possono presentarsi: non è infrequente infatti l’ipotesi dell’utilizzo illecito dei buoni pasto, ovvero quelle circostanze in cui una persona compra prodotti alimentari grazie a questi voucher, ma al di fuori delle condizioni fissate dalla legge.

Basti pensare alla vendita dei ticket non usati sotto costo, per ottenerne un profitto, all’acquisto illecito degli stessi perché oggetto di un precedente furto o all’ipotesi in cui un collega sottrae detti buoni pasto al legittimo titolare e li rivende.

Ebbene, l’uso illecito e contrario alla legge è ovviamente punito, vediamo in quali specifici casi.

Buoni pasto: caratteristiche essenziali e limiti

Onde aver chiaro il contesto di riferimento, e in particolare il fatto che l’utilizzo dei buoni pasto deve sempre avvenire in conformità alla legge, in elenco riportiamo i punti chiave di questo strumento così utile. I buoni pasto:

  • sono un’indennità sostitutiva del servizio di mensa aziendale mancante, e perciò sono esentasse;
  • per la legge spettano soltanto al lavoratore al quale sono stati rilasciati;
  • sono nominativi e non cedibili a persone differenti dall’avente diritto;
  • non sono commerciabili o convertibili in denaro, e neanche regalabili;
  • non sono cumulabili in numero complessivo maggiore di otto, al di là dal valore di ciascuno.

Si tratta di caratteristiche ben precise e che utile tenere a mente per capire meglio i casi di utilizzo illecito dei buoni pasto.

I voucher per i pasti sono tracciati: attenzione alla provenienza

C’è una considerazione generale molto importante da fare in tema di buoni pasto: in caso di mancato uso del voucher da parte del legittimo titolare, scaturisce un illecito ovvero una condotta sanzionata dalla legge.

I buoni pasto sono emessi da società di emissione collegate con i datori di lavoro che - dicevamo - li comprano. Perciò la loro attribuzione è, di solito, nominativa: conseguentemente ogni lavoratore dovrebbe diffidare di chi propone, per essere comprati o addirittura in regalo, uno stock di buoni pasto di provenienza sconosciuta. In molti casi infatti dietro c’è un illecito penale come il furto o qualche tipo di sottrazione fraudolenta al titolare effettivo dei buoni.

Da rimarcare che i buoni pasto sono tracciati, poiché includono un codice alfanumerico identificativo, impresso alla data della loro emissione e registrato dall’esercente presso cui si compie il loro uso per acquistare prodotti. Ecco perché occorre fare molta attenzione: anche a distanza di tempo si può agevolmente ricostruire se un certo ticket è stato speso da qualcuno di diverso rispetto al legittimo titolare.

Smarrimento dei ticket con conseguente appropriazione: che succede?

La giurisprudenza ci aiuta a capire quali sono le conseguenze legali, laddove una persona si appropri di buoni pasto - a suo dire dire - trovati per strada e dunque persi o smarriti. Ebbene, la Cassazione ha affermato che, in questi casi, ricorre il reato di ricettazione perché appare infondata la giustificazione di chi afferma di averli ritrovati in modo del tutto casuale e involontario. Chi lo sostiene, ha indicato la Suprema Corte, lo fa per ragioni di convenienza e per evitare una possibile attribuzione di responsabilità penale.

Ed infatti la Cassazione, proprio in tema di buoni pasto, ha colto l’occasione per ripetere il suo orientamento in materia, in base al quale è colpevole di ricettazione chi, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura (in questo caso i ticket), non dia una spiegazione attendibile sull’origine del possesso - anzi emergendo la sua consapevolezza in merito ad un precedente furto o sottrazione illecita dei buoni pasto.

Tuttavia, nei casi concreti su cui hanno deciso, i giudici hanno anche ammesso che chi utilizza un buono pasto smarrito o rubato, può usufruire dell’assoluzione - ed evitare così la condanna per ricettazione - per particolare tenuità del fatto, se la condotta non è abituale.

Il caso dell’incauto acquista: cosa si rischia?

C’è poi un caso simile ma diverso, ovvero quello dell’incauto acquisto. Anch’esso è un reato che può ricorrere proprio in materia di buoni pasto. In particolare secondo l’art. 712 Codice penale, l’acquisto o la ricezione (anche gratuita) di cose che - per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo si abbia ragione di sospettare che provengano da reato - è punito con una sanzione penale.

I sospetti sul comportamento scorretto di chi vende o regala buoni pasto (altrui) dipendono da fatti piuttosto evidenti, quali le circostanze in cui avviene l’acquisto - ad es. per strada o proponendo un affare a prezzo super scontato. In questi casi è evidentemente molto facile intuire che non sia il datore di lavoro a disporli a favore dei propri dipendenti e, quindi, per evitare possibili conseguenze penali, occorrerebbe stare alla larga dai cosiddetti incauti acquisti.

In queste circostanze, tuttavia, potrebbe scattare una causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui al Codice penale. Si tratti di ipotesi in cui il rilievo penale è molto scarso: viene accertato infatti che il valore dei buoni pasto ricettati, sottratti o indebitamente appropriati è molto basso e pari a poche decine di euro. Sarà dunque il giudice di volta in volta chiamato a decidere, che valuterà la possibile presenza della causa di non punibilità.

Che succede a livello disciplinare con il datore di lavoro?

L’utilizzo illecito dei buoni pasto potrebbe ledere il rapporto di lavoro con l’azienda. Sono infatti i casi in cui la violazione commessa in tema di ticket di pagamento, contrasta con l’obbligo di fedeltà ed obbedienza al datore di lavoro, che aveva fissato specifiche condizioni di utilizzo non rispettate dal dipendente - o comunque aveva rimarcato quelle indicate dalle norme di legge.

In ipotesi di utilizzo illecito dei buoni pasto, gli stessi sono assoggettati a tassazione quando, invece, per legge, non lo sarebbero. Ecco perché in caso di comportamento illecito in tema di ticket di pagamento, il lavoratore rischia di vedersi inflitta una sanzione disciplinare, da parte dal datore di lavoro. Di riferimento sono le sanzioni disposte dalla contrattazione collettiva di riferimento: in concreto la gravità della sanzione sarà proporzionale alla gravità della violazione. Sarà così instaurato un procedimento disciplinare in cui però il lavoratore avrà diritto di difendersi onde evitare le conseguenze sanzionatorie.

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