Un pensionato friulano smaschera una rete criminale internazionale. Ma il conto finale è salatissimo, con quasi 3 milioni di euro spariti nel nulla.
Una truffa da 3 milioni di euro e oltre 200 persone coinvolte in tutta Europa. Investivano pensando di far crescere i propri risparmi. In realtà alimentavano una frode organizzata e ramificata orchestrata da 15 falsi broker con base in Sicilia. L’indagine, partita da una denuncia a Pordenone, ha portato alla luce uno schema criminale tanto sofisticato quanto inquietante.
Società fittizie, broker fasulli e conti irrintracciabili
Tutto è partito dalla denuncia di un pensionato friulano che ha investito oltre 75.000 euro convinto di aver trovato la soluzione ideale per far fruttare i risparmi di una vita. Si è fidato di quello che sembrava un consulente finanziario preparato e convincente, ignaro che dietro quel volto rassicurante si nascondesse uno dei 15 truffatori finiti ora sotto inchiesta.
L’indagine, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Pordenone e ribattezzata “Panormus”, ha svelato una rete criminale radicata in Sicilia ma con ramificazioni ben oltre i confini italiani. I finti broker operavano attraverso una fitta rete di 36 società fittizie, registrate tra Regno Unito, Romania, Polonia e Ungheria. Tutto sembrava vero: siti professionali, numeri di telefono con prefissi internazionali, piattaforme di investimento online con grafici e rendimenti simulati. Peccato che fosse tutta una messa in scena.
Il trucco era semplice. Alle vittime venivano mostrati guadagni virtuali per spingerle a investire sempre di più. I soldi, invece, venivano subito trasferiti su conti esteri, soprattutto in Asia, per renderne impossibile il recupero. Il danno totale ammonta a circa 3 milioni di euro sottratti nel giro di due anni a centinaia di persone in buona fede.
A rendere possibile il lavoro degli investigatori è stato l’incrocio tra bonifici bancari, perquisizioni in Sicilia e 78 segnalazioni di operazioni sospette. Tutti tasselli che hanno permesso di ricostruire il puzzle e individuare i quattro principali promotori della truffa, ora rinviati a giudizio dalla Procura di Palermo, competente per territorio.
Il caso è l’ennesima dimostrazione di quanto sia facile oggi cadere in trappole digitali ben orchestrate, soprattutto quando chi le pianifica sa esattamente come sfruttare le paure, le ambizioni e la fiducia degli investitori. Il consiglio, in questi casi, è sempre lo stesso: mai fidarsi di chi promette guadagni rapidi e sicuri e soprattutto verificare che chi ci propone un investimento sia davvero autorizzato a farlo.
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