Troppo caldo in Cina, a rischio le esportazioni: auto e non solo, i settori a rischio

Chiara Esposito

20 Agosto 2022 - 17:22

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La siccità blocca la filiera di Apple e Tesla con stabilimenti chiusi e tempi di export dilatati. In crisi anche il settore alimentare.

Troppo caldo in Cina, a rischio le esportazioni: auto e non solo, i settori a rischio

Dopo i rallentamenti dovuti alla crisi sanitaria, l’export cinese fa i conti con alcuni dei disastrosi effetti della emergenza climatica in corso. Quello che troppo spesso chiamiamo «caldo record», è in realtà un fenomeno di siccità talmente impellente da mettere a rischio il sistema di transito merci a livello globale.

Da settimane le temperature sono tanto elevate da ridurre la capacità idroelettrica di vaste aree del Paese e, di conseguenza, impedire il normale svolgimento delle attività industriali. Le aziende si trovano senza corrente, costrette a chiudere per alcuni giorni e ciò non è che la prima tessera di un severo effetto domino sui tempi delle consegne di beni quali auto elettriche e prodotti derivati dalla lavorazione del litio. I microprocessori in particolare sono al centro delle preoccupazioni mondiali data l’alta richiesta e la scarsità produttiva.

Il clima avverso mette a dura prova gli stabilimenti di colossi quali Apple e Tesla, i cui fornitori, localizzati proprio nelle zone più colpite dalla siccità, non riescono a garantire i consueti ritmi e rischiano di far inceppare del tutto le catene di approvvigionamento internazionali.

Sichuan, l’area più colpita

Siccità e alte temperature imperversano nella zona sud-ovest della Cina, Sichuan, ben nota per la sua centralità nell’apparato produttivo-tecnologico del Paese.

Si parla di un caldo tanto torrido da non avere uguali negli ultimi 60 anni di storia. Le temperature sfiorano i 45 gradi e portano alla secca del fiume Azzurro, il terzo fiume più lungo del mondo, oggi è ridotto a meno della metà della sua portata. Attorno all’attività del corso d’acqua tuttavia ruota la produzione dell’80% della sua energetica dell’intera provincia di Sichuan.

I funzionari locali si sono così trovati a limitare l’uso dell’elettricità nelle aziende e nelle case ordinando agli uffici di diverse città di spegnere l’aria condizionata per evitare un sovraccarico. Restano spente così le luci delle stazioni della metropolitana, dei treni del capoluogo e le insegne al neon della cartellonistica pubblicitaria.

La crisi, estendendosi anche negli spazi della metropoli di Chongqing, municipalità autonoma che conta oltre 30 milioni di abitanti, genera difficoltà nell’approvvigionamento idrico tali da lasciare molte famiglie senza acqua corrente.

Rallentamenti export: settori a rischio e conseguenze

Compromessa non è soltanto la vita dei semplici cittadini e delle abitazioni private, ma anche dei lavoratori delle industrie che, come dicevamo, spesso non hanno accesso all’elettricità.

Su 21 impianti della provincia 19 sono stati invitati a sospendere la produzione fino a sabato 20 agosto. Alcune di queste aziende sono implicate direttamente nella produzione di microchip per processori destinati a pannelli solari e componenti per auto. In particolare la Xuguang Electronics di Chengdu ha fatto sapere che lo stop di sei giorni decurtato la produzione di 48 mila circuiti.

I settori più colpiti sono quelli dei prodotti chimici, dell’industria militare, del carbone e dei metalli non ferrosi con forti rimostranze da parte di grandi nome come quelli di General Motors e Toyota. Molti occhi però sono puntati su Foxconn, fornitore di Apple, e su Catl, produttore di batterie per veicoli elettrici e fornitore di Tesla.

Quest’ultima in particolare dipende molto dagli investimenti cinesi con il 26% delle vendite registrate proprio sul territorio.

Non si parla però solo di auto e prodotti elettronici visto che l’acqua è fondamentale anche nel settore dell’agricoltura e dell’allevamento. La raccolto del riso è ostacolata dal completo prosciugamento dei campi mentre la produzione di uova è compromessa dal fatto che polli e galline rifiutano il cibo a causa dello stress termico.

Le traballanti risposte del governo

L’economia cinese sta, da diverso tempo, attraversando un’inaspettata fase di rallentamento, un dato nefasto per il Partito comunista oggi aggravato ulteriormente dal fattore climatico. Il primo nemico del regime era, e in parte è, senza ombra di dubbio il virus ma in quel caso c’era perlomeno possibilità di attuare azioni di contenimento e prevenzione come l’ormai nota strategia «zero Covid».

A seguito del raduno annuale di Beidaihe, il premier uscente Li Keqiang ha dichiarato pubblicamente di assumersi la responsabilità della ripresa economica del paese in un momento «critico» come questo, ma le interruzioni della produzione potrebbero prolungarsi a tal punto da non offrire margine di ripresa tanto agevoli.

Stando alle previsioni di Everstream Analyticse, le alte temperature non dovrebbero diminuire fino alla fine di agosto. Questo stato delle cose porterà alla chiusura prolungata degli stabilimenti e alla chiusura di nuove fabbriche in altre province. Ufficialmente a rischio ad esempio le zone di Zhejiang e Jiangsu che dipendono dall’acquisto di elettricità dal Sichuan.

La catena di approvvigionamento, in ultima analisi, sembra inesorabilmente destinata a subire un duro contraccolpo climatico.

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