“Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa tra le tracce della prima prova Maturità 2025. Analisi e contesto storico sul declino dell’aristocrazia e lo stile malinconico dell’autore.
Anche “Il Gattopardo”, celebre opera di Giuseppe Tomasi da Lampedusa, tra le tracce della prima prova della Maturità 2025. Una scelta che ha spiazzato tutti, dato che l’autore non era stato mai proposto negli ultimi 25 anni.
Il testo sottoposto agli studenti non è ancora stato reso noto, ma offriamo un’analisi dell’impatto del lavoro dello scritturo sulla società e riflessioni gli insegnamenti che possono guidarci ancora oggi.
“Il Gattopardo” in una traccia della prima prova (Maturità 2025)
Tra i grandi romanzi del Novecento italiano, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa occupa un posto unico: è allo stesso tempo una cronaca storica, un affresco sociale e una profonda riflessione sulla decadenza.
Ambientato in Sicilia durante il periodo dell’unificazione italiana, il romanzo racconta la trasformazione — o meglio la lenta e malinconica fine — della nobiltà tradizionale, vista attraverso gli occhi del principe Fabrizio di Salina.
Il brano proposto nella prima prova d’esame si inserisce con ogni probabilità in questo scenario di grande cambiamento, che l’autore osserva con uno sguardo lucido, distaccato e al tempo stesso nostalgico.
Contesto storico e sociale “Il Gattopardo”
Il romanzo si svolge negli anni del Risorgimento, in particolare intorno al 1860, quando Garibaldi sbarca in Sicilia con i Mille, aprendo la strada all’unificazione d’Italia. Tuttavia, Il Gattopardo non celebra gli ideali patriottici tipici della letteratura risorgimentale. Al contrario, mette in luce le contraddizioni, le ambiguità e gli effetti sociali di quel processo storico. L’unificazione, nel romanzo, non porta un vero rinnovamento, ma si traduce in un passaggio di potere da una classe dominante — l’aristocrazia — a una nuova borghesia emergente, rappresentata da personaggi come Calogero Sedara.
Il principe di Salina è testimone e vittima di questa trasformazione: egli assiste, impotente, al declino della sua classe e alla perdita di prestigio e potere della nobiltà. Il celebre paradosso contenuto nel romanzo — “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” — esprime con amara ironia la strategia di adattamento delle élite per sopravvivere al cambiamento, senza che nulla cambi veramente nel profondo della società siciliana.
È una critica severa a un Risorgimento che, almeno nel Sud, non riuscì davvero a modernizzare il Paese, ma si limitò a cambiare le facce al potere.
Analisi dello stile e della scrittura di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Lo stile di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è estremamente raffinato, ricco di dettagli e spesso pervaso da un tono malinconico, quasi crepuscolare. La scrittura è lenta, densa, capace di descrivere con straordinaria sensibilità gli ambienti, i volti, i paesaggi, ma anche i moti interiori dei personaggi. L’autore fa uso di una lingua ricercata, elegante, che mescola registri alti e popolari, con frequenti incursioni nel dialetto siciliano, segno della volontà di radicare la narrazione nella realtà concreta della sua terra.
In molti passaggi, l’uso di metafore, immagini simboliche e riflessioni filosofiche arricchisce il testo di profondità e significato. Il tempo, la morte, la decadenza e l’immobilità sociale sono temi ricorrenti, espressi con uno stile che sembra sospeso, come se il romanzo fosse già consapevole della fine imminente del mondo che racconta.
La narrazione procede spesso attraverso i pensieri del protagonista, il principe di Salina, uomo colto, razionale, ma anche fatalista e disilluso. Il suo sguardo sul presente e sul futuro è critico e spesso disincantato, il che rende il romanzo molto più di una semplice cronaca storica: Il Gattopardo è una riflessione sulla fine di un’epoca e sul significato del cambiamento.
Riflessioni su “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Leggere Il Gattopardo oggi, a distanza di più di sessant’anni dalla sua pubblicazione, è un’esperienza ancora attuale. In un tempo come il nostro, dove il cambiamento è costante e spesso superficiale, la lezione del principe di Salina risuona con forza: non sempre ciò che cambia in apparenza cambia davvero nella sostanza. Le strutture sociali, le logiche di potere, le gerarchie culturali sono spesso più resistenti di quanto crediamo.
Ciò che colpisce maggiormente del romanzo è la sua capacità di andare oltre il contesto storico per toccare temi universali: il senso del tempo che passa, la difficoltà di accettare la fine di ciò che si è conosciuto, il bisogno di adattarsi senza rinunciare a se stessi. In fondo, Il Gattopardo è anche un romanzo sull’identità, sulla memoria, sulla dignità con cui affrontare la decadenza. E proprio per questo, riesce a parlare ancora a noi giovani, che spesso ci sentiamo spaesati in un mondo che cambia troppo in fretta.
Il Gattopardo è molto più di un romanzo storico. È un capolavoro di introspezione e analisi sociale, un’opera che racconta la fine di un mondo senza retorica né rabbia, ma con una lucidità quasi dolorosa. Lo stile elegante e il tono malinconico di Tomasi di Lampedusa riescono a rendere immortale una storia di decadenza, trasformandola in una lezione di verità. Una lezione che, anche oggi, nel pieno delle nostre incertezze, merita di essere ascoltata.
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