Tfs dipendenti pubblici, pagamento ritardato incostituzionale: che succede adesso?

Simone Micocci

23 Giugno 2023 - 17:14

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Tfs dipendenti pubblici, nuove regole dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Il pagamento differito non sarà più ammesso, si riducono i tempi per la liquidazione.

Tfs dipendenti pubblici, pagamento ritardato incostituzionale: che succede adesso?

È arrivata la sentenza tanto attesa in merito alle tempistiche di pagamento dei trattamenti di fine servizio (Tfs) per i dipendenti pubblici: la Corte Costituzionale - su richiesta del sindacato Confsal-Unsa - ha riconosciuto come incostituzionale l’accredito differito, obbligando così il governo ad adottare nuove regole.

I dipendenti pubblici possono quindi esultare perché presto cambieranno le regole - tanto contestate - per il pagamento del Tfs: ricordiamo, infatti, che secondo il calendario attuale la liquidazione può arrivare anche dopo 2 anni, oltre a essere dilazionato in tranche annuali di 50 mila euro.

Una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti del settore privato che è finita dinanzi alla Corte Costituzionale che, come anticipato, ha accertato che tale ritardo nei pagamenti contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione e come tale va - gradualmente - rimosso.

Come viene pagato oggi il Tfs dei dipendenti pubblici

Il calendario adottato dall’Inps oggi per la liquidazione dei dipendenti pubblici segue delle tempistiche molto più lunghe rispetto a quelle previste nel settore privato (dove i lavoratori lo ricevono entro poche settimane dalla cessazione del contratto), in quanto:

  • viene pagato entro 105 giorni dal termine del rapporto di lavoro esclusivamente nei casi di cessazione motivata da inabilità o decesso;
  • per le cessazioni per raggiungimento del limite di età, ossia per chi accede alla pensione di vecchiaia, o anche per scadenza del contratto a tempo determinato, il pagamento è in programma non prima di 12 mesi, con l’Inps che dispone di altri 3 mesi di tolleranza;
  • infine, per i rapporti cessati a seguito di dimissioni o pensionamento anticipato le tempistiche di pagamento vanno dai 24 ai 27 mesi.

E come anticipato, solamente la prima tranche di pagamento avviene entro le suddette scadenze, ossia i primi 50 mila euro. Il valore restante, infatti, verrà saldato in rate annuali il cui valore non può mai superare i 50 mila euro. Ad esempio, chi deve prendere 120 mila euro di Tfs riceverà il saldo solo dopo 3 anni dal primo pagamento (con rate rispettivamente di 50 mila, 50 mila e 20 mila euro).

Cosa ha detto la Corte Costituzionale

Secondo la Corte Costituzionale questa modalità di pagamento non ha più ragione d’esistere: se inizialmente era stata introdotta per salvaguardare i conti dell’Istituto - ricordiamo che fu il governo Monti, dopo la crisi del 2011, ad autorizzare il pagamento differito del Tfs - oggi non se ne rilevano più le ragioni come tra l’altro confermato poche settimane fa dal presidente dell’Inps uscente, Pasquale Tridico.

Secondo la Consulta si tratta di una palese violazione del principio della giusta retribuzione - di cui il Tfs ne è a tutti gli effetti una componente - tutelato dall’articolo 36 della Costituzione. La Corte ha infatti specificato che per soddisfare tale principio non si deve tener conto solamente dell’ammontare della retribuzione ma anche della tempestività dell’erogazione, aspetto che oggi penalizza fortemente - e immotivatamente - i dipendenti pubblici ai quali al più presto bisognerà garantire un ritorno alla normalità.

Cosa succede adesso?

Sarà compito del Parlamento, su indirizzo del governo Meloni, rimuovere il suddetto differimento. Ma il processo può, per stessa concessione della Corte costituzionale, avvenire gradualmente.

Per la Consulta, infatti, va sì assicurato il principio alla giusta retribuzione ma allo stesso tempo bisogna prestare attenzione all’impatto finanziario che una tale concessione avrà. Di conseguenza la Consulta invita il legislatore a individuare interventi, nonché modalità di attuazione, che tengano conto anche degli impegni assunti nell’ambito della programmazione economico-finanziaria.

Sarà compito del governo fare i conti e valutare quanto si è disposti a concedere già nel 2024, quando secondo le stime ad andare in pensione saranno circa 150 mila dipendenti pubblici, con un Tfs medio di 70 mila euro (e quindi sarà richiesta una spesa di oltre 10 miliardi di euro).

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