Uncle Nearest, il marchio che celebra lo schiavo che insegnò a Jack Daniel a distillare, affronta una crisi che mette a rischio la sua eredità storica.
Un marchio di whiskey di 159 anni rischia la bancarotta. La storia di Uncle Nearest è una delle più affascinanti e significative nel mondo dei distillati americani: un brand nato per rendere giustizia a un uomo dimenticato dalla storia, Nathan “Nearest” Green, ex schiavo e primo mastro distillatore della Jack Daniel’s.
Ma oggi, la stessa azienda che ha costruito la propria identità sull’onore e sulla memoria si trova in una posizione fragile, costretta ad affrontare difficoltà economiche tali da mettere a repentaglio la propria sopravvivenza. Secondo quanto riportato dal Moore County Observer, il marchio si trova sotto amministrazione controllata per ordine del tribunale, e il curatore fallimentare, Phillip G. Young Jr., sta valutando la possibilità di una ristrutturazione.
Ciò consentirebbe all’azienda di riorganizzare i debiti e salvaguardare il marchio, evitando la liquidazione totale. Mentre la crisi finanziaria mette a dura prova la struttura aziendale, il valore storico e simbolico di Uncle Nearest resta intatto. Scopriamo come potrebbe essere salvata questa distilleria ultra centenaria.
Uncle Nearest rischia la bancarotta: ecco perché
Le difficoltà economiche che minacciano Uncle Nearest non derivano da un crollo del brand o da un calo di popolarità, bensì da una serie di problemi di liquidità e scelte strategiche complesse. L’azienda, con sede a Shelbyville, Tennessee, ha infatti ampliato negli ultimi anni le proprie attività, investendo anche nel mercato del Cognac e dei vini francesi. Tuttavia, questi progetti si sono rivelati più onerosi del previsto, drenando risorse vitali per il business del whiskey .
A seguito delle tensioni finanziarie con il principale creditore, Farm Credit Mid-America, è stata avviata una procedura fallimentare con la nomina del curatore Phillip G. Young Jr. Quest’ultimo ha lavorato per ristabilire i rapporti con i finanziatori e assicurare un finanziamento ponte di 2,5 milioni di dollari, utile a coprire le spese immediate e a garantire la continuità aziendale.
Nel frattempo, sono stati venduti o messi in vendita asset non strategici, come i vigneti e uno château in Francia, per alleggerire i costi e mantenere in vita la parte più preziosa del marchio. Nonostante la riduzione del personale e la contrazione delle attività, il curatore ha dichiarato che il brand principale resta solido e riorganizzabile, segno che la speranza di salvezza non è ancora svanita.
Uncle Nearest rischia la bancarotta: ecco cosa accadrà
Nonostante la crisi, il destino di Uncle Nearest non sembra segnato. Il marchio conserva un enorme valore culturale e simbolico, che va oltre la semplice produzione di whiskey .
Nathan “Nearest” Green era un ex schiavo che divenne un mastro distillatore e a cui è attribuito il merito di aver insegnato al giovane Jasper Newton “Jack” Daniel come distillare il whiskey. Dopo l’emancipazione, Nearest divenne il primo mastro distillatore della Jack Daniel. Successivamente è stato creato il marchio Uncle Nearest, lanciato nel luglio 2017 dall’imprenditrice Fawn Weaver, in onore di Nearest Green, celebrando la sua eredità.
Negli ultimi anni, il brand ha raggiunto grande visibilità, grazie anche alla partnership con Jack Daniel’s nella Nearest & Jack Advancement Initiative, un progetto congiunto per promuovere la diversità e l’inclusione nell’industria dei liquori. Questa dimensione valoriale rappresenta oggi un punto di forza per la sopravvivenza del marchio: investitori e sostenitori potrebbero vedere in Uncle Nearest non solo un’impresa commerciale, ma un simbolo di giustizia storica e di eredità afroamericana.
Il curatore Young ha affermato che le spedizioni stanno riprendendo e che l’interesse da parte di potenziali acquirenti e investitori è in crescita. Se la riorganizzazione avrà successo, Uncle Nearest non solo potrà salvarsi, ma potrà continuare a raccontare la propria storia unica nel panorama del whiskey mondiale: una storia che, come quella di Nathan Green, parla di resilienza, ingegno e riscatto.
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