Stop Superbonus e stipendi bassi: perché l’Italia crescerà meno secondo l’Ue

Alessandro Cipolla

12 Settembre 2023 - 08:41

Per l’Ue l’Italia sia nel 2023 sia nel 2024 crescerà meno del previsto: la colpa sarebbe della fine del Superbonus e degli stipendi bassi, senza Pnrr il quadro sarebbe peggiore.

Stop Superbonus e stipendi bassi: perché l’Italia crescerà meno secondo l’Ue

Per l’Italia quello di ieri è stato un autentico lunedì nero. Prima è arrivato l’aggiornamento delle stime di crescita da parte dell’Unione europea, con un -0,3% sia per il 2023 sia per il 2024 rispetto alla precedente stima fatta in primavera da Palazzo Berlaymont, poi è stata la volta dell’Istat che ha certificato a luglio un calo della produzione industriale dello 0,7% rispetto a giugno.

Stando alle cifre snocciolate da Bruxelles, il nostro Pil nel 2023 crescerà dello 0,9% contro l’1,2% della precedente stima, mentre nel 2024 il segno positivo sarà dello 0,8% invece che dell’1,1%. In questa revisione al ribasso l’Italia è in compagnia della buona parte degli altri Paesi comunitari, con Spagna e Francia che però andranno in controtendenza: entrambe +0,3% rispetto alle previsioni primaverili.

Di certo non è una buona notizia per il nostro governo che, da inizio mese, sta lavorando alla preparazione di un legge di Bilancio che, per ammissione di Meloni e Giorgetti, avrà di disposizione “pochi soldi” per cercare di realizzare le tante - ed esose - promesse elettorali.

In più c’è lo spettro del Patto di Stabilità che aleggia sopra i cieli di Palazzo Tesoro: se dal primo gennaio i vincoli comunitari dovessero tornare a essere in vigore senza che prima venga approvata la riforma del meccanismo, per l’Italia il 2024 potrebbe diventare l’annus horribilis per i conti pubblici.

Sempre il duo Meloni-Giorgetti di recente ha giustificato le difficoltà di cassa puntando il dito contro il Superbonus: il paradosso è che per Bruxelles i minori sussidi all’edilizia sarebbero il principale motivo della minor crescita del Pil nostrano.

Italia, stipendi e Superbonus: perché il Pil cresce meno

Nel lavoro svolto la Commissione europea non si è limitata ad aggiornare le percentuali, ma ha provato anche a motivare le variazioni rispetto alle stime fatte la scorsa primavera. Le parole spese per l’Italia sono molto chiare.

La crescita economica dell’Italia ha iniziato a rallentare lo scorso anno, arrestando la ripresa post-pandemia che aveva portato la crescita al 7,0% nel 2021 e al 3,7% nel 2022 - si legge -. Dopo una ripresa nel primo trimestre del 2023, il Pil è diminuito dello 0,4% su base trimestrale nel secondo trimestre, trainato dal calo della domanda interna, in particolare degli investimenti nell’edilizia”.

Il calo così sarebbe dovuto per buona parte alla fine del Superbonus: “A questo sviluppo ha contribuito la graduale eliminazione degli incentivi straordinari e temporanei per le ristrutturazioni edilizie decisi durante la pandemia, che hanno spinto fortemente l’attività edilizia negli ultimi due anni”.

Viene da pesare che la recente crescita del nostro Pil sarebbe stata merito dei tanti sussidi elargiti causa Covid - Superbonus compreso -, mentre nel 2024 “il calo nel settore dell’edilizia dovrebbe essere compensato dagli aumenti degli investimenti in infrastrutture e attrezzature sostenuti dal Pnrr”.

Senza misure straordinarie - che prima o poi dovremmo per buona ripagare - in sostanza il nostro Pil sarebbe fermo al palo, una incapacità di crescita autonoma a cui si dovrebbe chiedere conto all’attuale e al precedente governo.

Infine Bruxelles ha voluto anche sottolineare la questione degli stipendi in Italia: “Si prevede che un aumento molto graduale dei salari, insieme a condizioni occupazionali ancora favorevoli, sosterranno un modesto incremento dei consumi privati ​​per tutto il 2024”.

Il problema degli stipendi è la “lunga durata degli accordi e delle negoziazioni salariali", inoltre come riporta Europatoday secondo l’Ue “l’indicizzazione dei salari nel nostro Paese fa riferimento a un tasso di inflazione più basso rispetto a quello reale, perché non tiene conto dell’effetto degli aumenti di prezzo dell’energia importata”.

Per l’Italia il 2024 di conseguenza appare essere plumbeo, con Meloni e Salvini che hanno iniziato a puntare il dito contro l’Europa già proiettati nella campagna elettorale delle elezioni europee: a breve delle nuove tensioni con Bruxelles appaiono scontate, un leitmotiv che ciclicamente accompagna il nostro dibattito politico.

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