Stipendi più alti: in Germania è realtà, e in Italia?

Violetta Silvestri

23 Novembre 2022 - 11:53

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In Germania gli stipendi più alti sono una realtà, confermata dall’ultimo accordo sindacale. E in Italia? Dopo la manovra cosa dobbiamo aspettarci? Attenzione a brutte sorprese per le buste paga.

Stipendi più alti: in Germania è realtà, e in Italia?

La lotta tra stipendi e inflazione continua in Europa e la Germania incassa il colpo di un importante aumento delle buste paga. E in Italia?

Mentre si digeriscono le novità della Legge di Bilancio 2023, con il taglio al cuneo fiscale e l’effettivo impatto sulle retribuzioni dei lavoratori, la nazione tedesca si afferma decisamente in controtendenza sul tema.

Dopo l’innalzamento del salario minimo a 12 euro in estate, ora importanti aziende e associazioni sindacali hanno siglato accordi per aumentare le paghe di lavoratori assediati da prezzi record. Di quanto aumentano gli stipendi in Germania e cosa sta per accadere, di contro, ai salari dei lavoratori in Italia?

In Germania gli stipendi aumentano: di quanto?

Volkswagen ha concordato un accordo salariale di due anni per i lavoratori delle sue fabbriche della Germania occidentale, offrendo circa l’8,5% in più di stipendio. Una percentuale inferiore all’inflazione, ma superiore a quello che gli altri datori di lavoro hanno offerto nelle ultime settimane.

L’intesa, che interessa circa 125.000 dipendenti della casa automobilistica, sarebbe stata considerata eccezionalmente generosa fino a poco tempo fa, ma ora è al di sotto del tasso inflazionistico, che il mese scorso era dell’11,6% in Germania.

I lavoratori riceveranno un aumento salariale del 5,2% da giugno 2023 e un altro 3,3% da maggio 2024, oltre a un pagamento forfettario del valore di 3.000 euro al netto delle tasse per aiutare a compensare l’impennata dei prezzi.

La notizia ha suscitato interesse più che in altri momenti storici, considerando che l’Europa tutta sta lottando contro il caro-bollette e la pressione del mondo dei lavoratori per avere paghe adeguate si sta scaldando.

Come ha fatto notare un’analisi su Reuters, infatti, i sindacati in tutta la Germania e nel vecchio continente chiedono una retribuzione più alta per dare sollievo ai lavoratori dall’inflazione record, ma i datori di lavoro stanno cercando di resistere, poiché essi stessi soffocati dall’aumento dei costi dei materiali e dell’energia.

In Italia, i sindacati che rappresentano i lavoratori delle case automobilistiche tra cui Stellantis e Iveco hanno chiesto un aumento dello stipendio dell’8,4%, che le aziende hanno definito “pesante”.

Holger Schmieding, capo economista della Berenberg Bank, ha valutato l’accordo Volkswagen “nel complesso un po’ alto”, ma non ha visto il rischio di “una spirale dei prezzi salariali - è più una gobba”, ha detto.

L’accordo concordato dalla casa automobilistica e dal sindacato metalmeccanico IG Metall è simile a quello raggiunto la scorsa settimana per la più ampia industria metalmeccanica, che ha fissato il punto di riferimento per 3,9 milioni di lavoratori del settore a livello nazionale.

Cosa può accadere agli stipendi in Italia

Senza addentrarsi nel già affrontato discorso dei salari bassi in Italia e nel confronto con le altre economie in Europa, per capire dove andrà il nostro Paese sul fronte del lavoro basterà citare una riflessione di Giampaolo Galli sull’Osservatorio dei conti pubblici.

L’economista fa notare che la manovra ha usufruito di un deficit/Pil più alto, al 4,5% e quindi ha messo in campo risorse aggiuntive per 22 miliardi di euro, con una Legge di Bilancio espansiva.

In realtà, questo target del 4,5% per il 2023 va confrontato con quello preconsuntivo del 2022 (5,6%) per scoprire che in “un solo anno il deficit scende di oltre un punto di Pil”. Tradotto: all’economia italiana vengono sottratti circa 26 miliardi di euro.

E qui entrano in gioco gli stipendi. Secondo Galli, infatti, per giustificare queste minori risorse occorre leggere attentamente una tabella della Nadef, con questa osservazione:

“i redditi da lavoro dipendente e gli acquisti della PA diminuiscono di 0,6 e 0,8% rispettivamente, in valore assoluto, non rispetto al Pil (!). Al netto dell’inflazione che ormai ha raggiunto il 12%, si tratta di tagli davvero importanti. Come si possano ottenere questi risultati non è chiaro. Per i redditi sembra difficile che i sindacati non alzino un dito per recuperare il potere d’acquisto perso con l’inflazione.”

Ulteriori indicazioni, quindi, che i salari in Italia non troveranno una strada facile per aumenti significativi.

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