Sri Lanka, perché il governo ha bloccato i social network

Marco Ciotola

24 Aprile 2019 - 17:09

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L’esecutivo di Colombo ha motivato il ban sottolineando la necessità di evitare fake news e campagne d’odio dopo gli attentati di Pasqua, che hanno sconvolto il Paese. Ma la mossa fa discutere. I dettagli

Sri Lanka, perché il governo ha bloccato i social network

Il governo dello Sri Lanka ha bloccato l’accesso a Facebook e Twitter. Il motivo? Evitare una “guerra d’odio”, la circolazione di fake news e materiali propagandistici che possano “infiammare tensioni di natura etnica”.

Il ban segue di pochi giorni i terribili attentati - solo nella giornata di ieri rivendicati dall’ISIS - che hanno sconvolto il Paese la domenica di Pasqua, quando 8 ordigni fatti esplodere in chiese e hotel di lusso hanno ucciso 359 persone e ne hanno ferite più di 500. La circostanza ha portato finora a 58 arresti, alcuni dei quali legati al gruppo radicale islamico National Thowheeth Jama’ath.

Ma la mossa dell’esecutivo di Colombo ha lasciato perplessi in molti, a partire dall’Internet Association, gruppo che rappresenta Facebook, Twitter e Google, che ha sottolineato il ruolo essenziale dei social network nella comunicazione e - a maggior ragione in un momento d’emergenza simile - nel facilitare il coordinamento dei soccorsi:

“Il blocco imposto dal governo non è la soluzione giusta e potrebbe causare più danni che benefici”.

Sri Lanka, il governo ha bloccato i social network

La stessa popolazione non ha accolto certo con entusiasmo il ban, con un gran numero di persone pronte a sottolineare quanto siano state le mancanze dell’intelligence del Paese a portare alla situazione attuale, e non certo Facebook o Twitter.

Molti infatti sottolineano il particolare - rivelato solo in un secondo momento - della confessione di un esponente del National Thowheeth Jama’ath, che diverse ore prima delle esplosioni aveva anticipato quello che stava per accadere.

Secondo Yudhanjaya Wijeratne, studiosa dei social media che lavora a Colombo, il blocco imposto dal governo - che è stato inquadrato da politici e giornalisti più in vista sul territorio come uno sforzo verso la sicurezza e una limitazione di tutte le criticità talvolta diffuse da simili piattaforme - non fa altro che alimentare tensioni:

“Il blocco governativo dei social media è visto come una sorta di risposta positiva per frenare l’impero di Zuckerberg, mentre in realtà si tratta di una reazione antidemocratica che contribuisce a diffondere paura, incertezza e dubbi”.

Eppure non sono mancate le opinioni pronte a etichettare come sana la scelta dell’esecutivo di Colombo. L’esempio principale arriva da una delle testate più prestigiose in ottica internazionale, il New York Times.

Proprio sulle pagine del quotidiano statunitense Kara Swisher, nota esperta sul fronte tech, si è espressa a favore della temporanea sospensione dei social network in Sri Lanka.

La decisione, originata dai numerosi post estremisti e dalle fake news riguardanti le stragi subito in circolazione, specie su Facebook e YouTube, ha portato Swisher a un vero e proprio bilancio globale sui social network, che ha definito “il più grande esperimento di interazione umana nella storia del mondo”. Esperimento che, tuttavia, “continua ad accumulare fallimenti, e in modi sempre più pericolosi”:

“Il mio pensiero è: bene, perché potrebbe salvare delle vite. Bene, perché chi gestisce queste piattaforme sembra essere incapace di controllare gli stessi potenti strumenti che ha contribuito a costruire. Bene, perché la disinformazione tossica che dilaga ha oscurato tutto il buono che c’era nei social”.

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