In caso di sospensione del mutuo negata la Camera ha istituito una casella di posta elettronica ad hoc per le segnalazioni da parte dei cittadini.
Sospensione mutuo negata? Qualora si fosse verificata questa situazione, è possibile effettuare una segnalazione nei confronti della banca.
A tale scopo l’Onorevole Carla Ruocco, Presidente della Commissione di inchiesta sulle banche della Camera dei deputati, ha predisposto un apposito indirizzo email a cui inoltrare le segnalazioni.
Sono molti gli utenti che durante il periodo Covid-19 hanno segnalato l’inaccessibilità delle banche: sportelli chiusi, nessuna risposta né alle chiamate né alle mail, inviti a rivolgersi a filiali più lontane nonostante il divieto di circolazione.
Secondo altre segnalazioni, le banche avrebbero risposto ai contribuenti che ancora non ci sono procedure chiare e stabilite.
Vediamo dunque cosa si può fare in caso di richiesta di sospensione del mutuo negata dalle banche.
Sospensione mutuo negata? Si può segnalare la banca
Cosa fare in caso di negata sospensione del mutuo? L’agevolazione è tra quelle introdotte dal decreto Cura Italia, ed è un diritto dei contribuenti con le carte in regola per poterlo richiedere.
Qualora la banca a cui vi siete rivolti dovesse negarvi la sospensione del mutuo, potete procedere con una segnalazione all’indirizzo email com.banche@camera.it.
Si tratta della casella di posta attivata dalla Presidente della Commissione di inchiesta sulle banche della Camera dei deputati, l’On. Carla Ruocco del Movimento 5 Stelle, proprio per monitorare l’attività delle banche.
Sono tante infatti le segnalazioni di utenti che per svariati motivi non sono riuscite a ottenere la sospensione del mutuo prima casa: sportelli delle banche chiusi, o impossibilità di comunicare con gli impiegati via email o per telefono.
In molti addirittura segnalano che le banche continuano a trattenere le rate dei mutui, soprattutto quando i pagamenti avvengono tramite addebito sul conto corrente.
Altre segnalazioni, come anticipato, riguardano banche che non hanno accettato le richieste di stop dei mutui prima casa in mancanza di una procedura chiara e stabilita.
Ricordiamo ai nostri lettori che invece il MEF il 30 marzo ha pubblicato il nuovo modulo per fare domanda: più semplice rispetto al precedente, può essere compilato anche online.
Il modello è reperibile, oltre che sul sito del MEF, anche sui siti di Consap e dell’Abi, e per comodità lo lasciamo anche qui in allegato.
La casella di posta attivata dall’On. Ruocco è quindi stata attivata per far convergere le segnalazioni per poi interfacciarsi con Abi, Banca d’Italia, banche e dirigenze delle banche per fare in modo che si sblocchino rapidamente le situazioni segnalate.
Coloro che hanno ottenuto la sospensione richiesta possono rivolgersi a questo indirizzo mail, da cui partiranno le segnalazioni all’autorità di vigilanza sugli istituti bancari.
Sospensione mutui prima casa: i requisiti
La sospensione del pagamento delle rate dei mutui può essere richiesta solo se in possesso di determinati requisiti.
L’agevolazione, ricordiamo, può essere richiesta anche da chi è in cassa integrazione.
Per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del decreto Cura Italia, cioè il 17 marzo, l’accesso al Fondo Gasparrini è possibile coi seguenti requisiti:
- la sospensione dell’attività lavorativa o riduzione dell’orario di lavoro per almeno 30 giorni;
- la prima casa per cui si è stipulato il mutuo non deve essere destinato a un’abitazione di lusso;
- il finanziamento deve essere stato stipulato da almeno un anno;
- il capitale residuo del mutuo non può essere superiore a 250.000 euro;
- il pagamento delle rate non può avvenire con più di 90 giorni di ritardo.
Il requisito ISEE per poter richiedere la sospensione delle rate del mutuo prima casa è stato eliminato rendendo quindi l’agevolazione accessibile a molti più contribuenti: non c’è un limite di reddito per poter accedere al Fondo di Solidarietà.
Inoltre, l’accesso al Fondo Gasparrini è stato esteso anche ai lavoratori autonomi dall’articolo 54 del Cura Italia.
Così come i lavoratori dipendenti hanno l’obbligo di certificare la sospensione dell’attività lavorativa o riduzione dell’orario di lavoro per almeno 30 giorni, c’è una condizione specifica anche per i lavoratori autonomi.
In particolare, le partite IVA dovranno autocertificare di aver registrato, “in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra la data della domanda e la predetta data”, una riduzione del proprio fatturato.
Il calo del fatturato registrato deve essere superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, quindi deve essere una conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività dovuta alle misure di contenimento del contagio: le regole per professionisti e autonomi si applicano fino al 17 dicembre.
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