Si può obbligare una persona a curarsi?

Ilena D’Errico

6 Maggio 2023 - 19:04

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Obbligare una persona a curarsi di norma non è possibile, seppur con oggettive motivazioni di salute. Ecco quali eccezioni ci sono.

Si può obbligare una persona a curarsi?

Non sempre chi è malato acconsente a ricevere le cure che gli vengono proposte dai medici. La paura delle controindicazioni o degli effetti e il desiderio di ribadire la propria autonomia sono solo alcune delle motivazioni che possono portare a rifiutare i trattamenti medici, che senza il consenso del paziente non possono essere eseguiti. Lo sa bene chi ha un genitore anziano con patologie, che non vuole accettare le cure e si rifiuta di prendere le medicine. Non che lo stesso non succeda anche fra persone più giovani, sempre per le ragioni più svariate. Chi è vicino a queste persone, comprensibilmente, vorrebbe il contrario, che si facesse tutto il possibile per farle star meglio. Così ci si chiede se sia possibile obbligare qualcuno a curarsi, magari proprio in virtù dell’opinione medica sulla necessità di ricevere le cure.

Si può obbligare una persona a curarsi?

Con sommo dispiacere di chi vorrebbe aiutare un proprio caro, non è possibile obbligare una persona a curarsi. A prescindere dalle ottime ragioni e dalle motivazioni, anzi, utilizzare metodi coercitivi rappresenta un vero e proprio reato. Questo perché la nostra Costituzione tutela sì il diritto alla vita, ma anche quello all’autodeterminazione.

Il principio generale, che ammette poche deroghe, è quindi quello dell’incoercibilità dei trattamenti sanitari di qualsiasi genere, con eccezione dei casi previsti dalla legge. Quest’ultima, nel pieno rispetto degli interessi tutelati costituzionalmente, ammette poche deroghe a questo principio, tutte riconducibili a un interesse considerato preminente rispetto all’autodeterminazione: quello della collettività.

In altre parole, la legge ammette alcuni casi di obbligatorietà dei trattamenti sanitari ma soltanto per tutela della salute collettiva. Essenzialmente, si tratta delle vaccinazioni obbligatorie e del Trattamento sanitario obbligatorio. Quest’ultimo, in particolare, può essere d’aiuto a chi si prende cura di un malato che non vuole ricevere le cure, ma soltanto a determinate condizioni. A prescindere di ciò, nessuno può essere obbligato a curarsi, sia che si tratti di assumere un medicinale quotidiano che di sottoporsi a un intervento salvavita.

Obbligo di cure per minori e incapaci

La prima obiezione che sorge riguardo al principio di incoercibilità dei trattamenti sanitari riguarda di solito i minorenni e i soggetti dichiarati incapaci da sentenza costitutiva. Effettivamente, in questi casi il consenso viene dato tramite i genitori, i tutori o l’amministratore di sostegno. Ciò non si traduce, comunque, in una vera e propria forma di imposizione.

I precedenti giurisprudenziali parlano chiaramente, stabilendo che anche in queste situazioni l’opinione del soggetto interessato sia prioritaria. Naturalmente, un certo livello di imposizione c’è anche in questo caso in quanto la possibilità di scelta del paziente può essere limitata anche del tutto. Quando ciò accade, tuttavia, è dovuto all’impossibilità per il soggetto interessato di scegliere in modo consapevole.

Ciò può essere dovuto all’età, così come ad alcune patologie, per cui il soggetto necessita di qualcuno che scelga per lui in quanto non è delle condizioni di farlo. Banalmente, basti pensare a un bambino di pochi mesi che deve assumere una medicina: sarebbe assurdo pensare che non si possa dargliela perché piange.

Trattamento sanitario obbligatorio, quando è possibile

In ultimo, è importante considerare anche il Trattamento sanitario obbligatorio con cui una persona viene a tutti gli effetti obbligata a ricevere delle cure anche se non vuole. Questa soluzione è dedicata alle situazioni di natura psichiatrica (o comunque per persone in stato di alterazione) quando la persona è potenzialmente pericolosa per sé stessa o per gli altri.

È il Sindaco ad emanare il Tso quando sussistono almeno certificazioni mediche (non necessariamente psichiatriche), rispettivamente una del medico di famiglia e una di un medico appartenente alla struttura pubblica, che attestino:

  • L’alterazione;
  • l’urgenza degli interventi terapeutici;
  • il rifiuto dei trattamenti proposti;
  • l’impossibilità di adottare misure extraospedaliere.

Con il Tso il malato può essere ricoverato coattivamente fino a 7 giorni, salvo la proroga richiesta da uno psichiatra e la convalida del giudice tutelare. In ogni caso, entro le prime 48 ore il Sindaco deve inviare l’ordinanza al giudice, che poi può convalidarla entro le successive 48 ore. Oltre ai requisiti medici e psichici per ricorrere a questo metodo, bisogna anche considerare che è dedicato a misure urgenti, impossibili da adottare per cure ordinarie o importanti interventi sanitari.

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