Shein usa come modello un italiano 27enne accusato di omicidio. La camicia va sold out

Giorgia Paccione

27 Settembre 2025 - 16:51

Una foto che ritrae Luigi Mangione, in carcere con l’accusa di omicidio, è comparsa sul sito di Shein. Il caso ha scatenato polemiche e sollevato interrogativi sull’uso delle immagini AI.

Shein usa come modello un italiano 27enne accusato di omicidio. La camicia va sold out

Il colosso del fast fashion Shein è nuovamente al centro di una bufera mediatica. Questa volta a far discutere non sono le condizioni di lavoro nelle fabbriche o l’impatto ambientale della produzione, ma l’uso di un’immagine controversa nel proprio catalogo online. A promuovere una camicia bianca a maniche corte, venduta a poco più di dieci dollari e rapidamente esaurita, compariva infatti la figura di Luigi Mangione, 27enne di origini italiane attualmente detenuto negli Stati Uniti. Mangione è accusato dell’omicidio di Brian Thompson, amministratore delegato di UnitedHealthCare, e in attesa di processo.

Il dettaglio sconcertante è che Mangione non ha mai posato per Shein: la foto sarebbe stata generata o manipolata con strumenti di intelligenza artificiale, riproducendo in maniera quasi perfetta i tratti del giovane incriminato. Lo scatto, divenuto virale sui social, è stato rimosso poco dopo la diffusione, ma non prima di aver attirato migliaia di visualizzazioni e aver contribuito a far registrare il “sold out” del capo in questione.

La copia AI di Luigi Mangione posa per Shein

A confermare la natura sospetta dell’immagine non sono stati soltanto gli utenti di X e TikTok, che hanno immediatamente riconosciuto il volto del 27enne. Secondo la BBC, un software di riconoscimento facciale avrebbe rilevato un livello di somiglianza del 99,9% tra lo scatto del catalogo Shein e una fotografia di Mangione in tribunale. L’esperto di intelligenza artificiale generativa Henry Ajder ha spiegato che l’immagine presenta vari segnali tipici di manipolazione: “L’illuminazione e la texture della pelle non sono naturali, si nota una macchia anomala sull’avambraccio e la mano destra non mostra la consueta definizione delle dita”.

Questi indizi rafforzano l’ipotesi che l’immagine sia stata creata con sistemi AI, senza alcun consenso da parte della persona rappresentata. La vicenda mette quindi nuovamente in luce i rischi legati all’uso disinvolto di tecnologie generative nel mondo della moda e della pubblicità, dove velocità e costo ridotto spesso prevalgono su controlli e verifiche di autenticità.

La replica di Shein e le polemiche online

Di fronte all’ondata di critiche, Shein ha preso le distanze dall’episodio dichiarando che l’immagine “è stata fornita da un venditore terzo ed è stata rimossa immediatamente dopo la scoperta”. Un portavoce della società ha aggiunto: “Abbiamo standard rigorosi per tutti i prodotti in vendita sulla nostra piattaforma. Stiamo conducendo un’indagine approfondita, rafforzando i processi di monitoraggio e prenderemo provvedimenti nei confronti del venditore coinvolto, in linea con le nostre politiche”.

Nonostante le rassicurazioni, l’indignazione non si è placata. Sui social molti utenti hanno definito l’accaduto “diabolicamente assurdo” e “il segno che la moda è ormai fuori controllo”. La scelta di utilizzare l’immagine di un uomo accusato di un crimine così grave ha suscitato perplessità non solo etiche, ma anche legali, sollevando dubbi su eventuali conseguenze per la piattaforma e per i venditori coinvolti.

Le ombre sul mercato del fast fashion

Il clamore non riguarda soltanto Shein, ma si inserisce in una discussione più ampia sull’uso delle tecnologie di generazione di immagini. Negli ultimi anni diversi brand hanno sperimentato con modelle create digitalmente, spesso attirando polemiche per la mancanza di trasparenza e per il rischio di ingannare i consumatori. Persino testate prestigiose come Vogue sono state accusate di eccessivo affidamento all’AI, mentre celebrità come la principessa Kate Middleton hanno dovuto ammettere di aver ritoccato in modo pesante fotografie ufficiali.

Il caso Mangione alza ulteriormente il livello di gravità: non si tratta di una modella inesistente o di un volto generico, ma della riproduzione di una persona reale, detenuta e coinvolta in un processo mediatico di enorme portata.

La domanda ora è se questo scandalo porterà a una regolamentazione più stringente sull’uso di immagini AI nelle piattaforme di e-commerce o se aumenterà il rischio di sfociare sempre più spesso in casi controversi come questo, con conseguenze difficili da prevedere sia sul piano legale che su quello commerciale.

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