Per le cause troppo lunghe il cittadino può avere diritto all’indennizzo di equa riparazione grazie alla Legge Pinto. Il decreto Giustizia cambia le regole.
Cambiano le regole della Legge Pinto per gli indennizzi che si possono richiedere per le cause lunghe. A intervenire con una modifica significativa è il decreto legge 117/2025 (decreto Giustizia) convertito in legge il 1° ottobre 2025. L’obiettivo del dl è quello di ridurre i tempi dei processi civili e smaltire quelli arretrati.
Quando un cittadino deve affrontare una causa mette in conto fin da subito che potrebbe essere un percorso lunghissimo. L’ordinamento, per dare ristoro a chi attende una sentenza, ha previsto uno strumento nella Legge Pinto che offre un indennizzo, a richiesta, a chi subisce una causa lunga. Con il decreto Giustizia lo strumento ha subito importanti modifiche e chiunque sia coinvolto in un contenzioso può chiedersi come ottenere l’indennizzo previsto dalla Legge Pinto. Conoscere le nuove tempistiche e i nuovi obblighi potrebbe rappresentare un’arma in più per non vedersi rifiutare l’equa riparazione.
Legge Pinto, com’era?
In passato la Legge Pinto era molto restrittiva, al punto che davvero pochissimi potevano arrivare a presentare la domanda di equa riparazione. Il cittadino coinvolto in una causa lunga, infatti, poteva chiedere l’indennizzo solo alla conclusione del procedimento principale e aveva soltanto sei mesi di tempo per farlo.
La Corte Costituzionale e la Corte europea dei diritti dell’uomo erano intervenute, però, per sottolineare che le limitazioni finivano per aumentare il danno di chi subiva i ritardi.
Come cambia la legge Pinto
Il decreto 117/2025 supera, però, i limiti in questione e fissa nuovi termini. La domanda di indennizzo, ora, può essere presentata anche se il procedimento non è concluso a patto che si superi il limite di “durata ragionevole” dello stesso che è fissata dalla legge.
Le durate ragionevoli per le diverse cause sono di:
- 3 anni per i processi di primo grado;
- 2 anni per i processi di secondo grado (appello);
- un anno per i processi in Cassazione;
- 3 anni per procedimenti di esecuzione;
- 6 anni per procedure concorsuali.
Cambiano i termini e diventano più severi
Ottenere un decreto con diritto all’indennizzo è solo il primo passo perché poi è necessario presentare la dichiarazione del creditore all’amministrazione competente. Per farlo è necessario rispettare il termine di un anno dalla pubblicazione del decreto che riconosce il diritto.
In passato il mancato rispetto del termine comportava la perdita degli interessi maturati, con le modifiche, invece, il mancato rispetto del termine di un anno comporta la decadenza del diritto a riscuotere l’indennizzo.
In precedenza la dichiarazione del debitore aveva validità di due anni e poi andava rinnovata per continuare ad avere diritto al pagamento. Con il decreto Giustizia viene meno l’obbligo di rinnovare la dichiarazione, purché sia stata già presentata. Solo se, trascorsi i due anni, è la stessa amministrazione a chiedere un rinnovo, il cittadino è tenuto a presentarlo.
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